Il diritto alla risoluzione è rimedio attribuito alle parti in materia contrattuale nei casi in cui il sinallagma non si possa realizzare per vicende estranee alla loro volontà o per l'inadempimento di una di esse. La risoluzione per inadempimento ha assunto caratteristiche peculiari nell'ambito dei rapporti agrari, trovando apposita regolamentazione nell'art. 5 della legge speciale n. 203/1982. Tale disposizione prevede la risoluzione del rapporto in presenza di un grave inadempimento, in deroga al criterio generale adottato dall'art. 1455 c.c., secondo cui l'inadempimento deve essere di “non scarsa importanza” avuto riguardo all'interesse dell'altra parte. Mentre nei rapporti civilistici, accertato l'inadempimento, segue la risoluzione; invece, nel settore agrario, l'inadempimento -pur grave- non rappresenta più “un punto di non ritorno”, ma costituisce l'inizio di un procedimento che non necessariamente conduce alla risoluzione del contratto. Da qui la tendenza a consentire forme di sanatoria o possibilità di recupero per la parte inadempiente, in una logica che vuole garantire la conservazione del rapporto. La contestazione dell'inadempimento e l'illustrazione delle proprie motivate richieste con la concessione di un periodo di tre mesi per adempiere, l'esperimento obbligatorio del tentativo di conciliazione, il termine di grazia per il pagamento dei canoni scaduti sono tutte esemplificazioni che confermano la volontà del legislatore di limitare l'autonomia dei contraenti, imponendo una propria composizione di interessi e regolamentando ogni profilo sostanziale e procedurale della materia per raggiungere le specifiche finalità del settore agrario.

Aspetti peculiari della risoluzione per inadempimento nei rapporti agrari

TOMMASINI, Alessandra
2000-01-01

Abstract

Il diritto alla risoluzione è rimedio attribuito alle parti in materia contrattuale nei casi in cui il sinallagma non si possa realizzare per vicende estranee alla loro volontà o per l'inadempimento di una di esse. La risoluzione per inadempimento ha assunto caratteristiche peculiari nell'ambito dei rapporti agrari, trovando apposita regolamentazione nell'art. 5 della legge speciale n. 203/1982. Tale disposizione prevede la risoluzione del rapporto in presenza di un grave inadempimento, in deroga al criterio generale adottato dall'art. 1455 c.c., secondo cui l'inadempimento deve essere di “non scarsa importanza” avuto riguardo all'interesse dell'altra parte. Mentre nei rapporti civilistici, accertato l'inadempimento, segue la risoluzione; invece, nel settore agrario, l'inadempimento -pur grave- non rappresenta più “un punto di non ritorno”, ma costituisce l'inizio di un procedimento che non necessariamente conduce alla risoluzione del contratto. Da qui la tendenza a consentire forme di sanatoria o possibilità di recupero per la parte inadempiente, in una logica che vuole garantire la conservazione del rapporto. La contestazione dell'inadempimento e l'illustrazione delle proprie motivate richieste con la concessione di un periodo di tre mesi per adempiere, l'esperimento obbligatorio del tentativo di conciliazione, il termine di grazia per il pagamento dei canoni scaduti sono tutte esemplificazioni che confermano la volontà del legislatore di limitare l'autonomia dei contraenti, imponendo una propria composizione di interessi e regolamentando ogni profilo sostanziale e procedurale della materia per raggiungere le specifiche finalità del settore agrario.
2000
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