Commento interdisciplinare a due voci (impostato, cioè, sia dalla prospettiva tipica del diritto ecclesiastico che da quella propria del diritto costituzionale) degli esiti di una ricerca esposti nel volume di L. Zannotti, «La sana democrazia. Verità della Chiesa e principi dello Stato», Torino, 2005. La parte di S. Domianello occupa i §§ da I.1 a I.4 ed evidenzia, in particolare, come la proposta dottrinale di inversione di rotta, rivolta tanto all’istituzione religiosa, restìa ad accettare l’evoluzione in senso pluralistico imposta dalle regole procedurali del sistema democratico alla concezione strettamente dualistica del potere di governo sulle azioni del genere umano, quanto all’istituzione civile, restìa ad accettare dal canto suo l’evoluzione verso una laicità attiva (del fare) imposta dalle medesime regole democratiche alla concezione di una laicità meramente passiva (del non fare),si traduca nell’invito a promuovere interpretazioni che finalmente guardino all’autonomia delle confessioni ed alla laicità dello stato (anziché dalla prospettiva separatista dell’indifferenza reciproca) dalla prospettiva unitaria del mutuo rispetto tra istituzione politica ed istituzioni confessionali. Tanto più l’appello merita d’essere raccolto quanto più si registra la tendenza a cancellare dall’agenda politica i dibattiti sui contenuti normativi dei principi di laicità civile e autonomia confessionale e quanto più si verifica che tale tendenza trova sostenitori sia ex parte ecclesiae sia ex parte reipublicae, alimentando comune sfiducia nell’idoneità del metodo democratico di adozione delle decisioni politiche generali a garantire l’attuazione infracostituzionale di libertà religiosa e laicità. S. Domianello condivide la tesi secondo cui lo screditamento del legislatore democratico quale migliore autorità alla quale affidare il compito di materializzare i diritti di laicità civile e libertà religiosa sarebbe, non già fine a sé stessa, bensì funzionale all’accreditamento delle versioni “potenti” di proceduralismo democratico che, per un verso, appaiono ingannevoli ed imperialiste, e, per altro verso, non garantiscano affatto il rispetto dei diritti in nome della cui difesa vorrebbero giustificarsi, in quanto, alla resa dei conti, si limitano a trasferire le decisioni sui contenuti dei diritti formalmente proclamati dall’autorità del legislatore popolare, presunto come naturalmente incline ad “errare”, all’autorità della casta dei giurisperiti, presunta invece come naturalmente incline a “indovinare”. Il commento propone pertanto di leggere il libro di L. Zannotti come un’espansione applicativa del ragionamento svolto più in generale da A. Pintore nel suo «I diritti della democrazia»: proprio il rispetto della democrazia senza qualità – e cioè, dei contenuti sostanziali del metodo nei quali si condensa la nozione minima (procedurale) di democrazia - dovrebbe infatti, secondo Zannotti, spingere le istituzioni sia politiche sia religiose a sforzarsi di concepire il cammino terreno dell’uomo come l’esperienza di un avventuroso trekking quotidiano, piuttosto che di una vacanza organizzata al sicuro da qualsiasi imprevisto, ed a tentare di sostituire con il concetto di ambiente (fisico/territoriale e psichico/culturale) col quale l’uomo interagisce, quell’idea astratta di “natura” che, ipostatizzata invece in una condizione di originaria separatezza e contrapposizione all’uomo, rischia di rivelarsi ogni giorno di più predestinata dal suo vizio di fondo ad inchiodare il singolo e l’intera umanità davanti all’alternativa secca di dominare o essere dominato.

Alle radici della laicità civile e della libertà confessionale

DOMIANELLO, Rosaria Maria
2007-01-01

Abstract

Commento interdisciplinare a due voci (impostato, cioè, sia dalla prospettiva tipica del diritto ecclesiastico che da quella propria del diritto costituzionale) degli esiti di una ricerca esposti nel volume di L. Zannotti, «La sana democrazia. Verità della Chiesa e principi dello Stato», Torino, 2005. La parte di S. Domianello occupa i §§ da I.1 a I.4 ed evidenzia, in particolare, come la proposta dottrinale di inversione di rotta, rivolta tanto all’istituzione religiosa, restìa ad accettare l’evoluzione in senso pluralistico imposta dalle regole procedurali del sistema democratico alla concezione strettamente dualistica del potere di governo sulle azioni del genere umano, quanto all’istituzione civile, restìa ad accettare dal canto suo l’evoluzione verso una laicità attiva (del fare) imposta dalle medesime regole democratiche alla concezione di una laicità meramente passiva (del non fare),si traduca nell’invito a promuovere interpretazioni che finalmente guardino all’autonomia delle confessioni ed alla laicità dello stato (anziché dalla prospettiva separatista dell’indifferenza reciproca) dalla prospettiva unitaria del mutuo rispetto tra istituzione politica ed istituzioni confessionali. Tanto più l’appello merita d’essere raccolto quanto più si registra la tendenza a cancellare dall’agenda politica i dibattiti sui contenuti normativi dei principi di laicità civile e autonomia confessionale e quanto più si verifica che tale tendenza trova sostenitori sia ex parte ecclesiae sia ex parte reipublicae, alimentando comune sfiducia nell’idoneità del metodo democratico di adozione delle decisioni politiche generali a garantire l’attuazione infracostituzionale di libertà religiosa e laicità. S. Domianello condivide la tesi secondo cui lo screditamento del legislatore democratico quale migliore autorità alla quale affidare il compito di materializzare i diritti di laicità civile e libertà religiosa sarebbe, non già fine a sé stessa, bensì funzionale all’accreditamento delle versioni “potenti” di proceduralismo democratico che, per un verso, appaiono ingannevoli ed imperialiste, e, per altro verso, non garantiscano affatto il rispetto dei diritti in nome della cui difesa vorrebbero giustificarsi, in quanto, alla resa dei conti, si limitano a trasferire le decisioni sui contenuti dei diritti formalmente proclamati dall’autorità del legislatore popolare, presunto come naturalmente incline ad “errare”, all’autorità della casta dei giurisperiti, presunta invece come naturalmente incline a “indovinare”. Il commento propone pertanto di leggere il libro di L. Zannotti come un’espansione applicativa del ragionamento svolto più in generale da A. Pintore nel suo «I diritti della democrazia»: proprio il rispetto della democrazia senza qualità – e cioè, dei contenuti sostanziali del metodo nei quali si condensa la nozione minima (procedurale) di democrazia - dovrebbe infatti, secondo Zannotti, spingere le istituzioni sia politiche sia religiose a sforzarsi di concepire il cammino terreno dell’uomo come l’esperienza di un avventuroso trekking quotidiano, piuttosto che di una vacanza organizzata al sicuro da qualsiasi imprevisto, ed a tentare di sostituire con il concetto di ambiente (fisico/territoriale e psichico/culturale) col quale l’uomo interagisce, quell’idea astratta di “natura” che, ipostatizzata invece in una condizione di originaria separatezza e contrapposizione all’uomo, rischia di rivelarsi ogni giorno di più predestinata dal suo vizio di fondo ad inchiodare il singolo e l’intera umanità davanti all’alternativa secca di dominare o essere dominato.
2007
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/1706466
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