Nel saggio Messina nei mille anni del Medioevo le vicende del centro dello Stretto si snodano lungo i secoli che la tradizionale periodizzazione assegna all’arco medievale, dalla caduta dell’impero romano d’Occidente alla fine del Quattrocento. Una prospettiva di lunga durata, pertanto, che nelle intenzioni è scevra da preconcette cesure o sintesi improprie, ma che inevitabilmente tiene conto di tratti peculiari, che i diversi dominatori dell’isola hanno impresso tanto nelle logiche politiche quanto nel sostrato sociale e negli schemi mentali. Quell’humus culturale di antica sedimentazione, fortemente permeato di forme classiche e sperimentazioni religiose, venne nei secoli rivitalizzato ed arricchito da innesti di culture diverse, che la fluidità demica del territorio peloritano consentì di registrare con particolare continuità, sebbene di rado appaiano sufficientemente documentate. Per l’età barbarica (476-535) si può ipotizzare un periodo di stasi, con il ristagno delle attività economiche ed una forte recessione demica, una fase oscura che la rarefazione delle testimonianze non aiuta a chiarire. Ma non meno occasionali e frammentarie sono pure le fonti documentarie e gli avanzi che si possono registrare in riferimento al periodo bizantino (535-843) ed all’età degli emiri (843-1060), se si escludono alcuni resoconti d’Oltremare e vari passi di cronache musulmane, perlopiù trasposti dalla nostra appassionata letteratura storica di fine Ottocento. La vicenda propriamente medievale di Messina, in un certo senso, ha inizio con l’arrivo degli Altavilla (1061), giacché solo con il progressivo inquadramento entro gli schemi della società feudale e della Chiesa romana la Sicilia sarebbe rientrata nell’alveo politico e culturale dell’Europa cattolica. Le vicende si articolano nella successiva età sveva (1194-1266) e durante la breve parentesi angioina (1266-1282), dove complesse dinamiche sociali produssero a Messina il consolidamento del ceto mediano e generarono particolari fenomeni di osmosi culturale. E infine lungo i due secoli del dominio aragonese (1282-1479), quando all’immagine di una città florida sotto il profilo urbanistico e demico corrispose, ai vertici amministrativi ed economici, il progressivo consolidamento del cosiddetto patriziato urbano ed un complessivo processo di rafforzamento strutturale della società messinese. Tratti distintivi -ovvero costanti “non logorate dal tempo”- dell’articolata vicenda medievale di Messina appaiono quindi alcune strutture di lunga durata, riconducibili ad esempio alla posizione geografica della città ed alla particolare conformazione fisica del suo porto. Ma anche lo stretto nesso commerciale e demico con le prospicienti terre calabresi, che avrebbe favorito nell’area dello Stretto la crescita di un’economia integrata e la lenta evoluzione di ceti sociali e compagini urbane, si mostra una chiave di lettura feconda per meglio comprendere la civitas medievale.

Il Medioevo: economia, politica e società

CATALIOTO, Luciano
2007-01-01

Abstract

Nel saggio Messina nei mille anni del Medioevo le vicende del centro dello Stretto si snodano lungo i secoli che la tradizionale periodizzazione assegna all’arco medievale, dalla caduta dell’impero romano d’Occidente alla fine del Quattrocento. Una prospettiva di lunga durata, pertanto, che nelle intenzioni è scevra da preconcette cesure o sintesi improprie, ma che inevitabilmente tiene conto di tratti peculiari, che i diversi dominatori dell’isola hanno impresso tanto nelle logiche politiche quanto nel sostrato sociale e negli schemi mentali. Quell’humus culturale di antica sedimentazione, fortemente permeato di forme classiche e sperimentazioni religiose, venne nei secoli rivitalizzato ed arricchito da innesti di culture diverse, che la fluidità demica del territorio peloritano consentì di registrare con particolare continuità, sebbene di rado appaiano sufficientemente documentate. Per l’età barbarica (476-535) si può ipotizzare un periodo di stasi, con il ristagno delle attività economiche ed una forte recessione demica, una fase oscura che la rarefazione delle testimonianze non aiuta a chiarire. Ma non meno occasionali e frammentarie sono pure le fonti documentarie e gli avanzi che si possono registrare in riferimento al periodo bizantino (535-843) ed all’età degli emiri (843-1060), se si escludono alcuni resoconti d’Oltremare e vari passi di cronache musulmane, perlopiù trasposti dalla nostra appassionata letteratura storica di fine Ottocento. La vicenda propriamente medievale di Messina, in un certo senso, ha inizio con l’arrivo degli Altavilla (1061), giacché solo con il progressivo inquadramento entro gli schemi della società feudale e della Chiesa romana la Sicilia sarebbe rientrata nell’alveo politico e culturale dell’Europa cattolica. Le vicende si articolano nella successiva età sveva (1194-1266) e durante la breve parentesi angioina (1266-1282), dove complesse dinamiche sociali produssero a Messina il consolidamento del ceto mediano e generarono particolari fenomeni di osmosi culturale. E infine lungo i due secoli del dominio aragonese (1282-1479), quando all’immagine di una città florida sotto il profilo urbanistico e demico corrispose, ai vertici amministrativi ed economici, il progressivo consolidamento del cosiddetto patriziato urbano ed un complessivo processo di rafforzamento strutturale della società messinese. Tratti distintivi -ovvero costanti “non logorate dal tempo”- dell’articolata vicenda medievale di Messina appaiono quindi alcune strutture di lunga durata, riconducibili ad esempio alla posizione geografica della città ed alla particolare conformazione fisica del suo porto. Ma anche lo stretto nesso commerciale e demico con le prospicienti terre calabresi, che avrebbe favorito nell’area dello Stretto la crescita di un’economia integrata e la lenta evoluzione di ceti sociali e compagini urbane, si mostra una chiave di lettura feconda per meglio comprendere la civitas medievale.
2007
9788849819533
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