Da tempo si assiste ad una sempre maggiore attenzione da parte del legislatore, comunitario e nazionale, alla fase di formazione del contratto con conseguente interesse della dottrina e della giurisprudenza. Lo studio della materia in un'ottica di protezione del contraente “debole” ha comportato significativi approfondimenti in tema di responsabilità contrattuale, di vizi del consenso, di rapporto tra regole di comportamento e regole di validità e di giustizia contrattuale. La normativa sul franchising rappresenta uno degli esempi più lampanti di questa crescente attenzione del legislatore, anche se, occorre precisare che se, per un verso, si assiste alla formalizzazione delle regole d'informazione, per altro verso non sono stati apprestati adeguati rimedi o sanzioni applicabili nel caso di violazione dei doveri precontrattuali di comportamento e di informazione. Si rivela quindi indispensabile operare una disamina della normativa anche al fine di valutare se ed in che termini le disposizioni in tema di formazione del contratto di franchising impongano, tra l'altro, un nuovo approccio alla disciplina della conclusione del contratto e dello svolgimento del regolamento, sia nell'ottica del codice che in quella propria del contratto di franchising. È ormai dato acquisito che la trasparenza e l'informazione precontrattuale assumono un particolare rilievo anche nel rapporto tra imprenditori e nell'ambito dell'esplicazione della stessa attività d'impresa ove ricorra una situazione di possibile asimmetria informativa a danno di taluno, pur tuttavia non si può trascurare di sottolineare che la pienezza ed effettività della tutela del soggetto più debole del rapporto non sia riducibile solo al profilo dell'informazione: Il problema più evidente è rappresentato dalla disparità di potere negoziale tra affiliante ed affiliato e l'eliminazione delle asimmetrie informative costituisce il primo passo per il superamento di situazioni di squilibrio di potere contrattuale tra contraenti. Una conoscenza adeguata di determinate notizie in ordine ai requisiti soggettivi dall'affiliante, alle modalità di svolgimento della sua attività, alla consistenza ed efficienza delle rete dallo stesso predisposta possano consentire all'affiliato una valutazione ponderata e consapevole dei vantaggi e degli svantaggi della sua intrapresa. Ruolo centrale in questo contesto svolge la consegna trenta giorni prima della sottoscrizione del contratto di affiliazione commerciale all'affiliato di una copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato da una serie di allegati parimenti significativi sotto il profilo dell'informazione precontrattuale. La previsione ha da subito suscitato polemica e contrasti in dottrina, atteso il rigore della medesima per come traspare ad un approccio anche meramente letterale. Diversi autori hanno suggerito quindi un'interpretazione riduttiva e, sotto certi aspetti, fortemente correttiva cercando di attenuarne il forte impatto nei confronti dell'affiliante. Altri, in parziale anche se non significativa attenuazione del suddetto orientamento pro affiliante, hanno sostenuto che l'obbligo della consegna riguarderebbe il contratto-tipo contenente non solo le condizioni generali di contratto, ma pure l'indicazione anche se non la completa determinazione di quelle clausole affidate al futuro negoziato delle parti. Si pone in realtà il dubbio che la normativa sembra presupporre la stipulazione di un contratto per adesione, tenuto conto del fatto che insuperabile appare lo squilibrio "a monte" tra chi ha da tempo organizzato la sua attività imprenditoriale e predisposto una rete di distribuzione di un prodotto, la cui formula commerciale è allo stesso ben nota per averla concepita, e chi, invece, aspira ad accedere a tale rete di distribuzione, alla cui ideazione e realizzazione non ha in alcun modo contribuito e di cui ignora essenza e consistenza. Un problema ulteriore di significativa rilevanza risulta non specificamente affrontato dal legislatore, che si limita a prevedere l'obbligo di consegna solo in relazione al contratto di franchising, lasciando fuori da espressa previsione i casi non infrequenti in cui tra le parti intercorrano intese preliminari, come per la c.d. lettera di intenti e per il contratto preliminare. In tali casi un'interpretazione letterale della norma potrebbe indurre ad escludere l'estensibilità della previsione ad accordi diversi dal contratto definitivo. Il testo normativo sancisce espressamente obblighi precontrattuali di comportamento previsti singolarmente ed in due distinti commi per l'affiliante e per l'affiliato il cui tenore, pur se simile, non è assolutamente identico. La distinzione si appalesa sorprendentemente a danno dell'affiliato, malgrado il deficit di potere contrattuale e di conoscenze, a cui il legislatore intendeva sopperire. Invero, pur essendo entrambi i contraenti obbligati a tenere, in qualsiasi momento, nei confronti dell'altro un comportamento ispirato a lealtà, correttezza e buona fede, l'affiliante è tenuto solo a fornire, all'aspirante affiliato, ogni dato e informazione che lo stesso ritenga necessari o utili ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale e può essere esonerato dall'obbligo, allegando che trattasi di informazioni oggettivamente riservate o la cui divulgazione costituirebbe violazione di diritti di terzi. Per converso l'affiliato, fermo il medesimo obbligo di comportamento, deve fornire, tempestivamente ed in modo esatto e completo, all'affiliante ogni informazione e dato la cui conoscenza risulti necessaria o opportuna ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale, anche se non espressamente richiesti dall'affiliante. A ciò aggiungasi che con riguardo agli obblighi precontrattuali di comportamento dell'affiliante la franchigia della riservatezza sembra costituire nel caso concreto uno strumento per il franchisor che non intenda fornire determinate informazioni, in particolare sulla formula commerciale e, più in generale, sulle condizioni oggettive e soggettive della rete, così costringendo l'aspirante affiliato, assolutamente non in grado di reperirle altrove, ad una scelta poco consapevole quanto aleatoria. La consistenza di tale limite in via interpretativa dovrebbe essere intesa riduttivamente, nel senso di renderlo operativo solo nell'ipotesi in cui la divulgazione ad un soggetto non ancora affiliato potrebbe comportare un danno oggettivamente determinato per il franchisor e per la stessa rete dei soggetti già affiliati. Nei restanti casi rimarrebbe l'obbligo di fornire a semplice richiesta dell'aspirante affiliato le informazioni ed in particolare quelle, più che significative, in ordine alla futura redditività dell'investimento, Siffatto obbligo, sia pur solo a seguito di apposita richiesta da parte dell'affiliato, fa sì che l'affiliante sia tenuto a fornire informazioni attendibili e documentate sul punto, frutto della precedente sperimentazione sul mercato, della propria formula commerciale A fronte di tale richiesta nessuna eccezione di riservatezza potrebbe essere opposta, altrimenti si riconoscerebbe al franchisor, cui pur incombe un dovere di informazione, un diritto al riserbo proprio sulla convenienza dell'affare e sull'economia del contratto, non riconosciuto nella normalità della prassi commerciale. Tra le singolari peculiarità della novella sul franchising è da ascrivere una specifica previsione in tema di dolo. La norma ha, suscitato dibattito in dottrina in ordine alla sua valenza ed in particolare al rapporto con la previsione codicistica, ma proprio il rimedio risarcitorio di cui all'art. 1440 c.c. appare espressione del più generale principio di risarcibilità di danni non dovuti a inadempimento, bensì a comportamenti illeciti esterni al contratto, anche se influenti sulla stipulazione dello stesso. La normativa impone di meditare se, a fronte della violazione di regole di comportamento poste a presidio del superamento dell'asimmetria nella fase di formazione del contratto di franchising, l'unica sanzione possibile sia quella dell'annullamento del medesimo come all'apparenza suggerito dalla l. n. 129/2004, ovvero, avuto riguardo al singolo caso concreto, i rimedi suscettibili di adozione da parte dell'interprete possano essere variegati e diversi ed adottabili in funzione di un sostanziale riequilibrio delle posizioni delle parti. Una riflessione in questi termini pare obbligata sol che si consideri che proprio il franchising rappresenta uno dei palpabili esempi delle nuove funzioni del contratto dallo scambio alla organizzazione per creare e agevolare nuova ricchezza e per permettere che essa sia utilizzata al meglio nell'intero ciclo di vita dell'impresa e per consentire il miglior funzionamento del mercato.

Il mercato complesso ed il contratto di franchising

PARRINELLO, Concetta
2007-01-01

Abstract

Da tempo si assiste ad una sempre maggiore attenzione da parte del legislatore, comunitario e nazionale, alla fase di formazione del contratto con conseguente interesse della dottrina e della giurisprudenza. Lo studio della materia in un'ottica di protezione del contraente “debole” ha comportato significativi approfondimenti in tema di responsabilità contrattuale, di vizi del consenso, di rapporto tra regole di comportamento e regole di validità e di giustizia contrattuale. La normativa sul franchising rappresenta uno degli esempi più lampanti di questa crescente attenzione del legislatore, anche se, occorre precisare che se, per un verso, si assiste alla formalizzazione delle regole d'informazione, per altro verso non sono stati apprestati adeguati rimedi o sanzioni applicabili nel caso di violazione dei doveri precontrattuali di comportamento e di informazione. Si rivela quindi indispensabile operare una disamina della normativa anche al fine di valutare se ed in che termini le disposizioni in tema di formazione del contratto di franchising impongano, tra l'altro, un nuovo approccio alla disciplina della conclusione del contratto e dello svolgimento del regolamento, sia nell'ottica del codice che in quella propria del contratto di franchising. È ormai dato acquisito che la trasparenza e l'informazione precontrattuale assumono un particolare rilievo anche nel rapporto tra imprenditori e nell'ambito dell'esplicazione della stessa attività d'impresa ove ricorra una situazione di possibile asimmetria informativa a danno di taluno, pur tuttavia non si può trascurare di sottolineare che la pienezza ed effettività della tutela del soggetto più debole del rapporto non sia riducibile solo al profilo dell'informazione: Il problema più evidente è rappresentato dalla disparità di potere negoziale tra affiliante ed affiliato e l'eliminazione delle asimmetrie informative costituisce il primo passo per il superamento di situazioni di squilibrio di potere contrattuale tra contraenti. Una conoscenza adeguata di determinate notizie in ordine ai requisiti soggettivi dall'affiliante, alle modalità di svolgimento della sua attività, alla consistenza ed efficienza delle rete dallo stesso predisposta possano consentire all'affiliato una valutazione ponderata e consapevole dei vantaggi e degli svantaggi della sua intrapresa. Ruolo centrale in questo contesto svolge la consegna trenta giorni prima della sottoscrizione del contratto di affiliazione commerciale all'affiliato di una copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato da una serie di allegati parimenti significativi sotto il profilo dell'informazione precontrattuale. La previsione ha da subito suscitato polemica e contrasti in dottrina, atteso il rigore della medesima per come traspare ad un approccio anche meramente letterale. Diversi autori hanno suggerito quindi un'interpretazione riduttiva e, sotto certi aspetti, fortemente correttiva cercando di attenuarne il forte impatto nei confronti dell'affiliante. Altri, in parziale anche se non significativa attenuazione del suddetto orientamento pro affiliante, hanno sostenuto che l'obbligo della consegna riguarderebbe il contratto-tipo contenente non solo le condizioni generali di contratto, ma pure l'indicazione anche se non la completa determinazione di quelle clausole affidate al futuro negoziato delle parti. Si pone in realtà il dubbio che la normativa sembra presupporre la stipulazione di un contratto per adesione, tenuto conto del fatto che insuperabile appare lo squilibrio "a monte" tra chi ha da tempo organizzato la sua attività imprenditoriale e predisposto una rete di distribuzione di un prodotto, la cui formula commerciale è allo stesso ben nota per averla concepita, e chi, invece, aspira ad accedere a tale rete di distribuzione, alla cui ideazione e realizzazione non ha in alcun modo contribuito e di cui ignora essenza e consistenza. Un problema ulteriore di significativa rilevanza risulta non specificamente affrontato dal legislatore, che si limita a prevedere l'obbligo di consegna solo in relazione al contratto di franchising, lasciando fuori da espressa previsione i casi non infrequenti in cui tra le parti intercorrano intese preliminari, come per la c.d. lettera di intenti e per il contratto preliminare. In tali casi un'interpretazione letterale della norma potrebbe indurre ad escludere l'estensibilità della previsione ad accordi diversi dal contratto definitivo. Il testo normativo sancisce espressamente obblighi precontrattuali di comportamento previsti singolarmente ed in due distinti commi per l'affiliante e per l'affiliato il cui tenore, pur se simile, non è assolutamente identico. La distinzione si appalesa sorprendentemente a danno dell'affiliato, malgrado il deficit di potere contrattuale e di conoscenze, a cui il legislatore intendeva sopperire. Invero, pur essendo entrambi i contraenti obbligati a tenere, in qualsiasi momento, nei confronti dell'altro un comportamento ispirato a lealtà, correttezza e buona fede, l'affiliante è tenuto solo a fornire, all'aspirante affiliato, ogni dato e informazione che lo stesso ritenga necessari o utili ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale e può essere esonerato dall'obbligo, allegando che trattasi di informazioni oggettivamente riservate o la cui divulgazione costituirebbe violazione di diritti di terzi. Per converso l'affiliato, fermo il medesimo obbligo di comportamento, deve fornire, tempestivamente ed in modo esatto e completo, all'affiliante ogni informazione e dato la cui conoscenza risulti necessaria o opportuna ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale, anche se non espressamente richiesti dall'affiliante. A ciò aggiungasi che con riguardo agli obblighi precontrattuali di comportamento dell'affiliante la franchigia della riservatezza sembra costituire nel caso concreto uno strumento per il franchisor che non intenda fornire determinate informazioni, in particolare sulla formula commerciale e, più in generale, sulle condizioni oggettive e soggettive della rete, così costringendo l'aspirante affiliato, assolutamente non in grado di reperirle altrove, ad una scelta poco consapevole quanto aleatoria. La consistenza di tale limite in via interpretativa dovrebbe essere intesa riduttivamente, nel senso di renderlo operativo solo nell'ipotesi in cui la divulgazione ad un soggetto non ancora affiliato potrebbe comportare un danno oggettivamente determinato per il franchisor e per la stessa rete dei soggetti già affiliati. Nei restanti casi rimarrebbe l'obbligo di fornire a semplice richiesta dell'aspirante affiliato le informazioni ed in particolare quelle, più che significative, in ordine alla futura redditività dell'investimento, Siffatto obbligo, sia pur solo a seguito di apposita richiesta da parte dell'affiliato, fa sì che l'affiliante sia tenuto a fornire informazioni attendibili e documentate sul punto, frutto della precedente sperimentazione sul mercato, della propria formula commerciale A fronte di tale richiesta nessuna eccezione di riservatezza potrebbe essere opposta, altrimenti si riconoscerebbe al franchisor, cui pur incombe un dovere di informazione, un diritto al riserbo proprio sulla convenienza dell'affare e sull'economia del contratto, non riconosciuto nella normalità della prassi commerciale. Tra le singolari peculiarità della novella sul franchising è da ascrivere una specifica previsione in tema di dolo. La norma ha, suscitato dibattito in dottrina in ordine alla sua valenza ed in particolare al rapporto con la previsione codicistica, ma proprio il rimedio risarcitorio di cui all'art. 1440 c.c. appare espressione del più generale principio di risarcibilità di danni non dovuti a inadempimento, bensì a comportamenti illeciti esterni al contratto, anche se influenti sulla stipulazione dello stesso. La normativa impone di meditare se, a fronte della violazione di regole di comportamento poste a presidio del superamento dell'asimmetria nella fase di formazione del contratto di franchising, l'unica sanzione possibile sia quella dell'annullamento del medesimo come all'apparenza suggerito dalla l. n. 129/2004, ovvero, avuto riguardo al singolo caso concreto, i rimedi suscettibili di adozione da parte dell'interprete possano essere variegati e diversi ed adottabili in funzione di un sostanziale riequilibrio delle posizioni delle parti. Una riflessione in questi termini pare obbligata sol che si consideri che proprio il franchising rappresenta uno dei palpabili esempi delle nuove funzioni del contratto dallo scambio alla organizzazione per creare e agevolare nuova ricchezza e per permettere che essa sia utilizzata al meglio nell'intero ciclo di vita dell'impresa e per consentire il miglior funzionamento del mercato.
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