Mutilazioni genitali femminili (MGF) sono definite “tutte le pratiche che comportano la rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni o altri danni agli organi genitali femminili, compiute per motivazioni culturali, o altre motivazioni non terapeutiche”. Si tratta di un fenomeno rimasto a lungo poco conosciuto ed emerso a seguito del verificarsi dei flussi migratori – per lo più dai paesi africani -, per l’elevato numero di bambine sottoposte annualmente a pratiche di questo tipo. Le motivazioni storico-sociali di tali pratiche vanno rintracciate nel ruolo che le stesse hanno nella definizione dell’identità della donna, con riferimento al passaggio dall’infanzia all’età adulta, attraverso un rituale che definisce distintamente la differenza tra i sessi e la figura della donna nel contesto di determinate etnie. Ben note per la loro gravità le complicanze di tali pratiche, sia a carattere precoce che tardivo. Al livello internazionale la risposta legislativa al fenomeno risulta relativamente recente ed anche in Italia solo con la Legge n. 7 del 9 gennaio 2006 sono state introdotte nel codice penale vigente due norme - gli articoli 583 – bis e 583 – ter -, che riguardano il delitto di “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”. Norme nelle quali è ovviamente prevalente l’aspetto repressivo - con finalità deterrenti nei confronti delle MGF -, ma che purtroppo, per quelli che sono i dati disponibili, non pare ad oggi abbiano avuto elevata efficacia. L’autore del fatto, invero, in virtù del contrasto culturale esistente e dei presupposti alla base delle MGF, non riesce a percepire la propria condotta come illecita. Da qui la necessità che, per una adeguata attività di prevenzione e quindi di riduzione del fenomeno, vengano utilizzati ulteriori strumenti quali punitivo le Campagne informative e la Formazione del personale sanitario, previsti dalla suddetta legge. Per la valutazione medico legale del fenomeno pare essenziale stabilire quale sia la posizione che gli operatori sanitari assumono rispetto alle pratiche di mutilazione genitale femminile ed analizzare i profili di responsabilità professionale che possano prospettarsi per gli operatori medesimi. Aspetti deontologici riguardano poi le modalità di esecuzione delle visita ginecologica della donna vittima di MGF; modalità che dovrebbero adottarsi anche nella conduzione dell’indagine peritale, il cui espletamento, anche per le implicazioni del giudizio medico legale in un contesto di sanzioni così pesanti, dovrebbe essere demandato ad un collegio tecnico nel quale la competenza specifica medica legale dovrebbe trovare supporto in altre competenze, in particolare in ambito ostetrico/ginecologico e psicologico.

Mutilazioni Genitali

GUALNIERA, Patrizia
2011-01-01

Abstract

Mutilazioni genitali femminili (MGF) sono definite “tutte le pratiche che comportano la rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni o altri danni agli organi genitali femminili, compiute per motivazioni culturali, o altre motivazioni non terapeutiche”. Si tratta di un fenomeno rimasto a lungo poco conosciuto ed emerso a seguito del verificarsi dei flussi migratori – per lo più dai paesi africani -, per l’elevato numero di bambine sottoposte annualmente a pratiche di questo tipo. Le motivazioni storico-sociali di tali pratiche vanno rintracciate nel ruolo che le stesse hanno nella definizione dell’identità della donna, con riferimento al passaggio dall’infanzia all’età adulta, attraverso un rituale che definisce distintamente la differenza tra i sessi e la figura della donna nel contesto di determinate etnie. Ben note per la loro gravità le complicanze di tali pratiche, sia a carattere precoce che tardivo. Al livello internazionale la risposta legislativa al fenomeno risulta relativamente recente ed anche in Italia solo con la Legge n. 7 del 9 gennaio 2006 sono state introdotte nel codice penale vigente due norme - gli articoli 583 – bis e 583 – ter -, che riguardano il delitto di “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”. Norme nelle quali è ovviamente prevalente l’aspetto repressivo - con finalità deterrenti nei confronti delle MGF -, ma che purtroppo, per quelli che sono i dati disponibili, non pare ad oggi abbiano avuto elevata efficacia. L’autore del fatto, invero, in virtù del contrasto culturale esistente e dei presupposti alla base delle MGF, non riesce a percepire la propria condotta come illecita. Da qui la necessità che, per una adeguata attività di prevenzione e quindi di riduzione del fenomeno, vengano utilizzati ulteriori strumenti quali punitivo le Campagne informative e la Formazione del personale sanitario, previsti dalla suddetta legge. Per la valutazione medico legale del fenomeno pare essenziale stabilire quale sia la posizione che gli operatori sanitari assumono rispetto alle pratiche di mutilazione genitale femminile ed analizzare i profili di responsabilità professionale che possano prospettarsi per gli operatori medesimi. Aspetti deontologici riguardano poi le modalità di esecuzione delle visita ginecologica della donna vittima di MGF; modalità che dovrebbero adottarsi anche nella conduzione dell’indagine peritale, il cui espletamento, anche per le implicazioni del giudizio medico legale in un contesto di sanzioni così pesanti, dovrebbe essere demandato ad un collegio tecnico nel quale la competenza specifica medica legale dovrebbe trovare supporto in altre competenze, in particolare in ambito ostetrico/ginecologico e psicologico.
2011
9788829920709
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