Alla metà degli anni novanta, alcuni autori (Jossa, 1995a, 1995b, 2000; Bodo e Viesti, 1997; Limosani e Centorrino, 1998) hanno esplorato i possibili effetti di una moneta unica europea (UME) nelle aree deboli e nel Mezzogiorno d’Italia. Da un lato, favorevolmente all’UME, si sono schierati tutti coloro che, ispirandosi al modello neoclassico, sostenevano che attraverso la Politica di coesione economica e sociale della Comunità europea si potessero eliminare non solo le cosiddette diseconomie esterne (carenza di infrastrutture, presenza di criminalità, carenza di capitale umano ecc), ma anche tutti quegli attriti istituzionali riguardanti la flessibilità e la mobilità dei fattori, consentendo così alle forze di mercato di poter riequilibrare il reddito procapite tra le diverse regioni. Dall’altro lato, contrari all’UME, si sono posizionati gli studiosi di matrice keynesiana, che, richiamandosi alla teoria della causazione circolare cumulativa, ritenevano che scelte di politica economica di stampo neoclassico avrebbero solo accentuato il dualismo tra regioni deboli e forti. Per gli anni 1999-2008, questo paper rileva un processo di convergenza tra le regioni del Mezzogiorno (ad esclusione dell’Abruzzo) e quelle del Centro-Nord, se pur in modo tenue. Alla luce di questi risultati, considerando la recente letteratura sul tema (Destefanis e Sena, 2009; Prezioso, 2009), le motivazioni che hanno determinato questa fase di convergenza tra il Centro-Nord e Il Mezzogiorno possono essere ascrivibili alla: 1) diversa dinamica della popolazione, più intensa al Centro Nord a causa dei flussi migratori (Cannari et. altri, 2009; D’Ercole, 2009); 2) concentrazione dei vantaggi comparati nei settori caratterizzati da forti economia di scala (Prezioso, 2009).

Un bilancio della convergenza fra Centro-Nord e Mezzogiorno a dieci anni dall’ingresso nell’Unione Monetaria Europea

OFRIA, Ferdinando
2010-01-01

Abstract

Alla metà degli anni novanta, alcuni autori (Jossa, 1995a, 1995b, 2000; Bodo e Viesti, 1997; Limosani e Centorrino, 1998) hanno esplorato i possibili effetti di una moneta unica europea (UME) nelle aree deboli e nel Mezzogiorno d’Italia. Da un lato, favorevolmente all’UME, si sono schierati tutti coloro che, ispirandosi al modello neoclassico, sostenevano che attraverso la Politica di coesione economica e sociale della Comunità europea si potessero eliminare non solo le cosiddette diseconomie esterne (carenza di infrastrutture, presenza di criminalità, carenza di capitale umano ecc), ma anche tutti quegli attriti istituzionali riguardanti la flessibilità e la mobilità dei fattori, consentendo così alle forze di mercato di poter riequilibrare il reddito procapite tra le diverse regioni. Dall’altro lato, contrari all’UME, si sono posizionati gli studiosi di matrice keynesiana, che, richiamandosi alla teoria della causazione circolare cumulativa, ritenevano che scelte di politica economica di stampo neoclassico avrebbero solo accentuato il dualismo tra regioni deboli e forti. Per gli anni 1999-2008, questo paper rileva un processo di convergenza tra le regioni del Mezzogiorno (ad esclusione dell’Abruzzo) e quelle del Centro-Nord, se pur in modo tenue. Alla luce di questi risultati, considerando la recente letteratura sul tema (Destefanis e Sena, 2009; Prezioso, 2009), le motivazioni che hanno determinato questa fase di convergenza tra il Centro-Nord e Il Mezzogiorno possono essere ascrivibili alla: 1) diversa dinamica della popolazione, più intensa al Centro Nord a causa dei flussi migratori (Cannari et. altri, 2009; D’Ercole, 2009); 2) concentrazione dei vantaggi comparati nei settori caratterizzati da forti economia di scala (Prezioso, 2009).
2010
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