L’articolo si propone di rispondere a due interrogativi, che possono essere enunciati nel modo seguente: perché le democrazie rappresentative occidentali danno scarsa prova a di interesse ad adottare politiche di integrazione sociale, culturale e politica dei cittadini residenti non nativi? Le pratiche deliberative nelle politiche di integrazione possono favorire l’apertura delle democrazie postmoderne al dialogo multiculturale e multietnico? La trama argomentativa dell’articola affronta come primo punto il problema teorico del passaggio delle società avanzate sul piano economico-sociale e della qualità democratica dalla modernità industriale alla modernità post-industriale e dalla democrazia alla post-democrazia, in cui la formazione e attuazione delle politiche pubbliche richiedono nuovi criteri di governo. Il termine-concetto comunemente usato nella scienza politica per indicare questo nuovo criterio di formazione e attuazione delle politiche pubbliche è quello di governance, che – al di là dei molteplici significati che caratterizzano questo termine e dei contesti politici in cui viene applicato (per la cui discussione rinvio a Lo Schiavo (2008), pp. 82 e sg) – può essere inteso come un ambiente istituzionale “dove la concertazione si sostituisce all‟onnipotenza della maggioranza, la governance al government, e dove la decisione è un processo frutto della partecipazione dal basso” (Bobbio 2003, p. 1020). In altri termini, la governance rappresenta “il punto di equilibrio tra empowerment e government”, intendendo per empowerment “un processo di attivazione della cittadinanza che produce comitati o movimenti”, o, comunque, pratiche partecipative dal basso, e per government, “la trasmissione del comando da chi è il rappresentante del popolo sovrano (the ruler) verso chi è governato (the ruled)” (Gangemi 2009, p.102). Un ulteriore modo di denominare il setting istituzionale in cui si incontrano il government e l’empowerment è quello di sfera pubblica, intesa come “insieme degli spazi fisici o mediati dalle tecnologie (stampa, radio, tv, internet) in In quest‟ottica mi sembra interessante l‟idea di Scartezzini (2000) di paragonare il concetto di “confine” (come metafora della separazione e divisione tra entità sociali e politiche diverse) ai cleavages di Stein Rokkan, i quali, una volta attivati, assumono la funzione di fattori di strutturazione dei rapporti internazionali in cui i cittadini si confrontano su problemi di interesse generale” (Pellizzoni 2005, p. 21). Il metodo di confronto è di tipo deliberativo/discorsivo mentre il set di confronto può essere costituito o da una sede istituzionale formalmente pubblica; in alternativa a tale set, la pubblicità di un confronto, nella concezione di John Dewey (1971), può istituirsi facendo in modo che si incontrino per discutere e deliberare tutti coloro che “essendo direttamente o indirettamente coinvolti nelle conseguenze di un evento, sono interessati a regolarlo collettivamente e si attivano a tale scopo” (Pellizzoni 2005, p.22). La domanda è: metodo deliberativo nei nuovi scenari di globalizzazione della vita delle nazioni può favorire il dialogo interculturale e la convivenza democratica tra persone di lingue, religioni e culture diverse? Partiamo intanto dal riconoscimento che il fenomeno delle migrazioni internazionali , è inutile negarlo, solleva questioni di governance globale e, contemporaneamente, suscita questioni e conflitti a livello economico, politico, normativo e etnico-culturale sia in ambito statale-nazionale sia in ambito locale. In questa ottica mi sembra interessante l’idea di Scartezzini (2000) di paragonare il concetto di “confine” (come metafora della separazione e divisione tra entità sociali e politiche diverse) ai cleavages di Stein Rokkan, i quali, una volta attivati, assumono la funzione di fattori di strutturazione dei rapporti internazionali. Da ciò deriva il fatto che, a dispetto di quanto pensino ampi settori delle classi dirigenti economiche e politiche dei paesi di immigrazione, le migrazioni internazionali sono “un fenomeno sociale totale”, destinato a influenzare le dinamiche economiche, giuridiche e politiche della regolazione pubblica e del policy making domestici (De Lucas 2004, 16). Sono questi i motivi che ci inducono a ritenere inefficaci e scarsamente legittimanti le cosiddette politiche per l’integrazione e la cittadinanza calate dall’alto o del tutto avulse da logiche che mirino a Aggiungiamo che le esperienze partecipative e deliberative dal basso, presentano, oltre a quelle messe in luce precedentemente, una ulteriore caratteristica che ne raccomanda l’applicazione e la diffusione; ci riferiamo al fatto che per essere cittadini attivi, nelle politiche per il dialogo, lo scambio e la reciprocità in tema di diritti della persona e di vantaggi derivanti dalla pacifica convivenza a livello di comunità locale, non bisogna essere obbligatoriamente, né cittadini-elettori, né cittadini-militanti di un partito. Alla luce delle precedenti considerazioni, nella seconda sezione dell’articoIo viene raccontata l’esperienza di ricerca realizzata a Mazara del Vallo in provincia di Trapani, nella corso della quale abbiamo realiazzato quattro tavoli di discussione con gruppi di cittadini italiani professionalmente e e socialmente impegnati in attività che li mettano a stretto contatto con la numerosissima comunità tunisina residente permanentemente a Mazara. Per iniziare la discussione si è chiesto ai partecipanti ai focus group di dipingere con parole semplici e immediate l’immagine che ciascuno si era costruita sulla presenza degli immigrati magrebini nell’ambito della comunità locale. Dopo questo primo scambio di opinioni che è stato utile per studiarsi reciprocamente e per socializzare, i partecipanti a ciascun tavolo hanno dibattuto approfonditamente per circa un’ora sulle opinioni raccolte nel corso di alcune interviste effettuate da noi stessi nello stessa città. L’esperienza dei tavoli deliberativi e di discussione ha riportato alla nostra attenzione il discorso sull’inclusione dell’altro sviluppato da Jurgen Habermas e le tematiche sulla cittaddinanza, in riferimento ai cittadini stranieri sviluppato anche in Italia da Danilo Zolo, Luigi Ferrajoli, Giovanna Zincone e tanti altri, i quali individuano nel dialogo e nella inclusione alla partecipazione politica e sociale degli stranieri il futuro delle società democratiche.

Pratiche deliberative e questioni di convivenza in contesti sociali multietnici: alcune riflessioni da una ricerca

ANASTASI, Antonino
2010-01-01

Abstract

L’articolo si propone di rispondere a due interrogativi, che possono essere enunciati nel modo seguente: perché le democrazie rappresentative occidentali danno scarsa prova a di interesse ad adottare politiche di integrazione sociale, culturale e politica dei cittadini residenti non nativi? Le pratiche deliberative nelle politiche di integrazione possono favorire l’apertura delle democrazie postmoderne al dialogo multiculturale e multietnico? La trama argomentativa dell’articola affronta come primo punto il problema teorico del passaggio delle società avanzate sul piano economico-sociale e della qualità democratica dalla modernità industriale alla modernità post-industriale e dalla democrazia alla post-democrazia, in cui la formazione e attuazione delle politiche pubbliche richiedono nuovi criteri di governo. Il termine-concetto comunemente usato nella scienza politica per indicare questo nuovo criterio di formazione e attuazione delle politiche pubbliche è quello di governance, che – al di là dei molteplici significati che caratterizzano questo termine e dei contesti politici in cui viene applicato (per la cui discussione rinvio a Lo Schiavo (2008), pp. 82 e sg) – può essere inteso come un ambiente istituzionale “dove la concertazione si sostituisce all‟onnipotenza della maggioranza, la governance al government, e dove la decisione è un processo frutto della partecipazione dal basso” (Bobbio 2003, p. 1020). In altri termini, la governance rappresenta “il punto di equilibrio tra empowerment e government”, intendendo per empowerment “un processo di attivazione della cittadinanza che produce comitati o movimenti”, o, comunque, pratiche partecipative dal basso, e per government, “la trasmissione del comando da chi è il rappresentante del popolo sovrano (the ruler) verso chi è governato (the ruled)” (Gangemi 2009, p.102). Un ulteriore modo di denominare il setting istituzionale in cui si incontrano il government e l’empowerment è quello di sfera pubblica, intesa come “insieme degli spazi fisici o mediati dalle tecnologie (stampa, radio, tv, internet) in In quest‟ottica mi sembra interessante l‟idea di Scartezzini (2000) di paragonare il concetto di “confine” (come metafora della separazione e divisione tra entità sociali e politiche diverse) ai cleavages di Stein Rokkan, i quali, una volta attivati, assumono la funzione di fattori di strutturazione dei rapporti internazionali in cui i cittadini si confrontano su problemi di interesse generale” (Pellizzoni 2005, p. 21). Il metodo di confronto è di tipo deliberativo/discorsivo mentre il set di confronto può essere costituito o da una sede istituzionale formalmente pubblica; in alternativa a tale set, la pubblicità di un confronto, nella concezione di John Dewey (1971), può istituirsi facendo in modo che si incontrino per discutere e deliberare tutti coloro che “essendo direttamente o indirettamente coinvolti nelle conseguenze di un evento, sono interessati a regolarlo collettivamente e si attivano a tale scopo” (Pellizzoni 2005, p.22). La domanda è: metodo deliberativo nei nuovi scenari di globalizzazione della vita delle nazioni può favorire il dialogo interculturale e la convivenza democratica tra persone di lingue, religioni e culture diverse? Partiamo intanto dal riconoscimento che il fenomeno delle migrazioni internazionali , è inutile negarlo, solleva questioni di governance globale e, contemporaneamente, suscita questioni e conflitti a livello economico, politico, normativo e etnico-culturale sia in ambito statale-nazionale sia in ambito locale. In questa ottica mi sembra interessante l’idea di Scartezzini (2000) di paragonare il concetto di “confine” (come metafora della separazione e divisione tra entità sociali e politiche diverse) ai cleavages di Stein Rokkan, i quali, una volta attivati, assumono la funzione di fattori di strutturazione dei rapporti internazionali. Da ciò deriva il fatto che, a dispetto di quanto pensino ampi settori delle classi dirigenti economiche e politiche dei paesi di immigrazione, le migrazioni internazionali sono “un fenomeno sociale totale”, destinato a influenzare le dinamiche economiche, giuridiche e politiche della regolazione pubblica e del policy making domestici (De Lucas 2004, 16). Sono questi i motivi che ci inducono a ritenere inefficaci e scarsamente legittimanti le cosiddette politiche per l’integrazione e la cittadinanza calate dall’alto o del tutto avulse da logiche che mirino a Aggiungiamo che le esperienze partecipative e deliberative dal basso, presentano, oltre a quelle messe in luce precedentemente, una ulteriore caratteristica che ne raccomanda l’applicazione e la diffusione; ci riferiamo al fatto che per essere cittadini attivi, nelle politiche per il dialogo, lo scambio e la reciprocità in tema di diritti della persona e di vantaggi derivanti dalla pacifica convivenza a livello di comunità locale, non bisogna essere obbligatoriamente, né cittadini-elettori, né cittadini-militanti di un partito. Alla luce delle precedenti considerazioni, nella seconda sezione dell’articoIo viene raccontata l’esperienza di ricerca realizzata a Mazara del Vallo in provincia di Trapani, nella corso della quale abbiamo realiazzato quattro tavoli di discussione con gruppi di cittadini italiani professionalmente e e socialmente impegnati in attività che li mettano a stretto contatto con la numerosissima comunità tunisina residente permanentemente a Mazara. Per iniziare la discussione si è chiesto ai partecipanti ai focus group di dipingere con parole semplici e immediate l’immagine che ciascuno si era costruita sulla presenza degli immigrati magrebini nell’ambito della comunità locale. Dopo questo primo scambio di opinioni che è stato utile per studiarsi reciprocamente e per socializzare, i partecipanti a ciascun tavolo hanno dibattuto approfonditamente per circa un’ora sulle opinioni raccolte nel corso di alcune interviste effettuate da noi stessi nello stessa città. L’esperienza dei tavoli deliberativi e di discussione ha riportato alla nostra attenzione il discorso sull’inclusione dell’altro sviluppato da Jurgen Habermas e le tematiche sulla cittaddinanza, in riferimento ai cittadini stranieri sviluppato anche in Italia da Danilo Zolo, Luigi Ferrajoli, Giovanna Zincone e tanti altri, i quali individuano nel dialogo e nella inclusione alla partecipazione politica e sociale degli stranieri il futuro delle società democratiche.
2010
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