L’istituto delle condizioni obiettive di punibilità, disciplinato dall’art. 44 c.p., pone non pochi problemi interpretativi a causa del deficit descrittivo della fattispecie codicistica che se ne occupa. La mancanza di un’esplicita indicazione legislativa degli elementi condizionanti nelle singole fattispecie incriminatrici, tutt’oggi auspicata dalla dottrina ed oggetto dei propositi riformatori del legislatore, mette costantemente alla prova la prassi giurisprudenziale, spesso incline ad inversioni metodologiche nell’individuazione delle condizioni obiettive di punibilità: non di rado, infatti, la natura condizionale o meno di un dato elemento di fattispecie è fatta dipendere non già dalla posizione che questo assume all’interno della norma incriminatrice, bensì dalle conseguenze pratiche che ne potrebbero scaturire. L’assenza di un’espressa definizione legislativa delle condizioni obiettive di punibilità pone non pochi problemi interpretativi essenzialmente connessi alla delineazione dei contorni concettuali della categoria. La questione fondamentale concerne la posizione degli elementi condizionanti nell’ambito della fattispecie incriminatrice; ci si interroga, cioè, se essi appartengano agli essentialia delicti o ne siano estranei. La scelta per l’una o l’altra opzione interpretativa, oltre ad essere cruciale per il rispetto del principio di personalità della responsabilità penale, potrebbe interessare l’operatività di diversi istituti. In proposito, sebbene la casistica giurisprudenziale evidenzi i risvolti di tale questione essenzialmente con riferimento agli istituti connessi all’individuazione del tempus e del locus commissi delicti, la dottrina non ha mancato di rilevare ulteriori ipotesi, quali l’applicabilità delle misure di sicurezza e il risarcimento del danno non patrimoniale. Non meno rilevante è poi la necessità di elaborare criteri ermeneutici idonei ad individuare, nelle ipotesi dubbie, gli elementi condizionanti. Tuttavia, la questione che più impegna la dottrina nello studio dell’istituto de quo riguarda la sua compatibilità con il principio di personalità della responsabilità penale, che sembrerebbe compromesso dagli elementi condizionali c.d. intrinseci, tali cioè da attingere al profilo offensivo della fattispecie incriminatrice cui accedono. Tematica, quest’ultima, che ha trovato di recente nuovo slancio con riferimento alle c.d. soglie di punibilità, rispetto alle quali l’istituto delle condizioni di punibilità, lungi dal mostrarsi come destinato ad un inevitabile tramonto, manifesta tutta la sua attualità. La ricognizione delle pronunce giurisprudenziali in materia di condizioni obiettive di punibilità segnala come spesso i percorsi prasseologici, seppure recentemente influenzati da suggerimenti “costituzionalmente orientati”, restano distanti dalle elaborazioni dottrinali. Le cause di una tale discrasia sono probabilmente da rintracciare non solo nella superficialità degli organi giudiziari nell’impiego delle categorie dogmatiche, sovente distorto ad uso di occorrenze pratiche, ma anche nell’impermeabilità a quest’ultime rintracciabile nei raffinati studi teorici, spesso lontani dalle esigenze avanzate dalla prassi.

Le condizioni obiettive di punibilità

PANEBIANCO, Giuseppina
2010-01-01

Abstract

L’istituto delle condizioni obiettive di punibilità, disciplinato dall’art. 44 c.p., pone non pochi problemi interpretativi a causa del deficit descrittivo della fattispecie codicistica che se ne occupa. La mancanza di un’esplicita indicazione legislativa degli elementi condizionanti nelle singole fattispecie incriminatrici, tutt’oggi auspicata dalla dottrina ed oggetto dei propositi riformatori del legislatore, mette costantemente alla prova la prassi giurisprudenziale, spesso incline ad inversioni metodologiche nell’individuazione delle condizioni obiettive di punibilità: non di rado, infatti, la natura condizionale o meno di un dato elemento di fattispecie è fatta dipendere non già dalla posizione che questo assume all’interno della norma incriminatrice, bensì dalle conseguenze pratiche che ne potrebbero scaturire. L’assenza di un’espressa definizione legislativa delle condizioni obiettive di punibilità pone non pochi problemi interpretativi essenzialmente connessi alla delineazione dei contorni concettuali della categoria. La questione fondamentale concerne la posizione degli elementi condizionanti nell’ambito della fattispecie incriminatrice; ci si interroga, cioè, se essi appartengano agli essentialia delicti o ne siano estranei. La scelta per l’una o l’altra opzione interpretativa, oltre ad essere cruciale per il rispetto del principio di personalità della responsabilità penale, potrebbe interessare l’operatività di diversi istituti. In proposito, sebbene la casistica giurisprudenziale evidenzi i risvolti di tale questione essenzialmente con riferimento agli istituti connessi all’individuazione del tempus e del locus commissi delicti, la dottrina non ha mancato di rilevare ulteriori ipotesi, quali l’applicabilità delle misure di sicurezza e il risarcimento del danno non patrimoniale. Non meno rilevante è poi la necessità di elaborare criteri ermeneutici idonei ad individuare, nelle ipotesi dubbie, gli elementi condizionanti. Tuttavia, la questione che più impegna la dottrina nello studio dell’istituto de quo riguarda la sua compatibilità con il principio di personalità della responsabilità penale, che sembrerebbe compromesso dagli elementi condizionali c.d. intrinseci, tali cioè da attingere al profilo offensivo della fattispecie incriminatrice cui accedono. Tematica, quest’ultima, che ha trovato di recente nuovo slancio con riferimento alle c.d. soglie di punibilità, rispetto alle quali l’istituto delle condizioni di punibilità, lungi dal mostrarsi come destinato ad un inevitabile tramonto, manifesta tutta la sua attualità. La ricognizione delle pronunce giurisprudenziali in materia di condizioni obiettive di punibilità segnala come spesso i percorsi prasseologici, seppure recentemente influenzati da suggerimenti “costituzionalmente orientati”, restano distanti dalle elaborazioni dottrinali. Le cause di una tale discrasia sono probabilmente da rintracciare non solo nella superficialità degli organi giudiziari nell’impiego delle categorie dogmatiche, sovente distorto ad uso di occorrenze pratiche, ma anche nell’impermeabilità a quest’ultime rintracciabile nei raffinati studi teorici, spesso lontani dalle esigenze avanzate dalla prassi.
2010
9788834809266
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