Introduzione: Negli ultimi lustri una diagnostica sempre più sofisticata ha consentito di rinvenire, talora del tutto occasionalmente, e di avviare al trattamento cisti idatidee di recente formazione e quindi di dimensioni relativamente piccole; malgrado ciò l'incidenza delle complicanze legate a questa patologia, pur avendo subito un discreto decremento, è ancora oggi molto significativa. Tra queste particolare attenzione va posta alla rottura della cisti idatidea. Questa è senz'altro la complicanza più grave e può interessare vari organi: essa riconosce come meccanismo fisiopatologico primario la compressione. Metodo: Nella nostra esperienza, mentre nel ventennio 1963-83 su un totale di 199 casi di idatidosi epatica la percentuale di incidenza delle complicanze era del 77,8% (pari a 155 pazienti), nel successivo ventennio (1984-2004) su 121 casi essa è stata del 43,8% (pari a 53 pazienti). La rottura nelle vie biliari è intervenuta nella nostra passata esperienza in 24 casi (12,1%); in questi pazienti con il nostro atteggiamento terapeutico abbiamo cercato, caso per caso, di far fronte a tutte le lesioni riscontrate intraoperatoriamente. In particolare abbiamo eseguito: 1 drenaggio esterno della cisti, 5 drenaggi esterni della cisti associati a drenaggio mediante Kehr della VBP, 18 pericistectomie sub-totali: di queste 1 associata a drenaggio mediante Kehr della VBP e 12 associate a papillo-sfintero plastica. Negli anni più recenti abbiamo avuto modo di osservare 11 casi (9,1%) di cui 7 francamente itterici al momento dell'osservazione. Di questi 3, giunti nei primi anni, sono stati avviati alla terapia chirurgica consistente nel trattamento radicale della lesione causale e nella legatura di alcuni canalicoli biliari (2 casi) e nella rafia di un grosso dotto biliare (1 caso); in tutti una papillo-sfinteroplastica ha completato l'intervento risolvendo la papillooddite esistente. Gli altri 4, osservati più recentemente, sono stati preventivamente sottoposti ad ERCP con sfinterotomia e toilette della VBP e successivamente al trattamento radicale della cisti mediante pericistectomia e legatura (1 caso) o rafia (3 casi) dei dotti biliari interessati. Altri 4 casi, non interessati da ittero, sono stati, sempre dopo controllo endoscopico della VBP ed esecuzione della sfinterotomia, avviati al trattamento della cisti sempre mediante pericistectomia e legatura dei dotti biliari interessati da piccolissime fissurazioni. Risultati: Nel caso della rottura nelle vie biliari è proprio la compressione, dovuta all’accrescimento del parassita, che determina la progressiva atrofia della parete con conseguente fissurazione e formazione di un tramite tra cisti e albero biliare. In tali condizioni comincia uno scambio cisti - via biliare, in una prima fase '' a senso unico'' in virtù della maggiore pressione intracistica (40-50 cm di H2O sec. Burgeon ma anche 100 cm di H2O nelle cisti giovani), con passaggio di liquido idatideo, scolici ed eventualmente anche di frammenti di membrana e/o di piccolissime cisti figlie nella via biliare principale. L'azione fortemente irritativa di queste componenti cistiche dà avvio ad un processo di colangite che ha la sua maggiore espressione sulla porzione finale della VBP con l'insorgenza di una papillooddite, spesso vera responsabile delle manifestazioni cliniche. Successivamente, quando la cisti si è parzialmente svuotata e quindi la pressione è ridotta, lo scambio diviene a doppio senso con ulteriore passaggio di liquido idatideo nell'albero biliare e quindi una sempre maggiore azione irritativa ed il possibile impianto nella cavità cistica di batteri, che avevano già trovato nella bile un ottimale terreno di coltura. Le conseguenti sovrapposizioni settiche determinano un ulteriore indebolimento della parete biliare e quindi la formazione di tramiti sempre più ampi. Solo eccezionalmente, ed in genere per un evento traumatico, la rottura nell'albero biliare è un fatto improvviso, responsabile di una sintomatologia acuta; generalmente invece essa è l'esito di un processo a lentissima evoluzione che comporta una sintomatologia subdola (apertura ''a piccola orchestra'' secondo Quenù). Una volta instauratasi tuttavia essa è responsabile di sindromi quanto mai varie e sempre alquanto gravi: pseudolitiasica (itterica o anitterica), pseudoperforativa (con segni di peritonite), pseudotumorale (con ittero ingravescente), infettiva (colangitica). Conclusioni: L’incidenza della idatidosi epatica e, soprattutto, quella delle sue complicanze ha subito nel tempo un netto decremento sia per le migliorate condizioni socioeconomiche che per la diagnostica sempre più tempestiva ed accurata. Nonostante ciò proprio le complicanze, e segnatamente la rottura nelle vie biliari, si presentano con situazioni cliniche ed anatomopatologiche quanto mai complesse. Tuttavia, proprio di fronte a queste situazioni, resta sempre più valido il concetto che il loro trattamento ove necessario anche multidisciplinare, deve avere il duplice obiettivo di risolvere la complicanza e la stessa malattia idatidea. Lo studio e la risoluzione delle lesioni a carico della VBP, una volta trattate intraoperatoriamente, oggi trovano nella ERCP una tecnica ottimale e poco invasiva di trattamento. Ciò non esclude che l’optimum debba essere rappresentato dal trattamento radicale anche della malattia idatidea considerando come tale la pericistectomia totale o sub-totale qualora il pericistio si presenti tenacemente adeso ad importanti strutture vascolari o biliari.

La rottura nelle vie biliari della cisti idatidea. nostra esperienza

SANO', MJRIAM CRISTINA ELVIRA;BORZI', ROSA;DE LUCA, manuela;RIZZO, Antonio Giacomo;BARBUSCIA, Maria Adelfina;
2004-01-01

Abstract

Introduzione: Negli ultimi lustri una diagnostica sempre più sofisticata ha consentito di rinvenire, talora del tutto occasionalmente, e di avviare al trattamento cisti idatidee di recente formazione e quindi di dimensioni relativamente piccole; malgrado ciò l'incidenza delle complicanze legate a questa patologia, pur avendo subito un discreto decremento, è ancora oggi molto significativa. Tra queste particolare attenzione va posta alla rottura della cisti idatidea. Questa è senz'altro la complicanza più grave e può interessare vari organi: essa riconosce come meccanismo fisiopatologico primario la compressione. Metodo: Nella nostra esperienza, mentre nel ventennio 1963-83 su un totale di 199 casi di idatidosi epatica la percentuale di incidenza delle complicanze era del 77,8% (pari a 155 pazienti), nel successivo ventennio (1984-2004) su 121 casi essa è stata del 43,8% (pari a 53 pazienti). La rottura nelle vie biliari è intervenuta nella nostra passata esperienza in 24 casi (12,1%); in questi pazienti con il nostro atteggiamento terapeutico abbiamo cercato, caso per caso, di far fronte a tutte le lesioni riscontrate intraoperatoriamente. In particolare abbiamo eseguito: 1 drenaggio esterno della cisti, 5 drenaggi esterni della cisti associati a drenaggio mediante Kehr della VBP, 18 pericistectomie sub-totali: di queste 1 associata a drenaggio mediante Kehr della VBP e 12 associate a papillo-sfintero plastica. Negli anni più recenti abbiamo avuto modo di osservare 11 casi (9,1%) di cui 7 francamente itterici al momento dell'osservazione. Di questi 3, giunti nei primi anni, sono stati avviati alla terapia chirurgica consistente nel trattamento radicale della lesione causale e nella legatura di alcuni canalicoli biliari (2 casi) e nella rafia di un grosso dotto biliare (1 caso); in tutti una papillo-sfinteroplastica ha completato l'intervento risolvendo la papillooddite esistente. Gli altri 4, osservati più recentemente, sono stati preventivamente sottoposti ad ERCP con sfinterotomia e toilette della VBP e successivamente al trattamento radicale della cisti mediante pericistectomia e legatura (1 caso) o rafia (3 casi) dei dotti biliari interessati. Altri 4 casi, non interessati da ittero, sono stati, sempre dopo controllo endoscopico della VBP ed esecuzione della sfinterotomia, avviati al trattamento della cisti sempre mediante pericistectomia e legatura dei dotti biliari interessati da piccolissime fissurazioni. Risultati: Nel caso della rottura nelle vie biliari è proprio la compressione, dovuta all’accrescimento del parassita, che determina la progressiva atrofia della parete con conseguente fissurazione e formazione di un tramite tra cisti e albero biliare. In tali condizioni comincia uno scambio cisti - via biliare, in una prima fase '' a senso unico'' in virtù della maggiore pressione intracistica (40-50 cm di H2O sec. Burgeon ma anche 100 cm di H2O nelle cisti giovani), con passaggio di liquido idatideo, scolici ed eventualmente anche di frammenti di membrana e/o di piccolissime cisti figlie nella via biliare principale. L'azione fortemente irritativa di queste componenti cistiche dà avvio ad un processo di colangite che ha la sua maggiore espressione sulla porzione finale della VBP con l'insorgenza di una papillooddite, spesso vera responsabile delle manifestazioni cliniche. Successivamente, quando la cisti si è parzialmente svuotata e quindi la pressione è ridotta, lo scambio diviene a doppio senso con ulteriore passaggio di liquido idatideo nell'albero biliare e quindi una sempre maggiore azione irritativa ed il possibile impianto nella cavità cistica di batteri, che avevano già trovato nella bile un ottimale terreno di coltura. Le conseguenti sovrapposizioni settiche determinano un ulteriore indebolimento della parete biliare e quindi la formazione di tramiti sempre più ampi. Solo eccezionalmente, ed in genere per un evento traumatico, la rottura nell'albero biliare è un fatto improvviso, responsabile di una sintomatologia acuta; generalmente invece essa è l'esito di un processo a lentissima evoluzione che comporta una sintomatologia subdola (apertura ''a piccola orchestra'' secondo Quenù). Una volta instauratasi tuttavia essa è responsabile di sindromi quanto mai varie e sempre alquanto gravi: pseudolitiasica (itterica o anitterica), pseudoperforativa (con segni di peritonite), pseudotumorale (con ittero ingravescente), infettiva (colangitica). Conclusioni: L’incidenza della idatidosi epatica e, soprattutto, quella delle sue complicanze ha subito nel tempo un netto decremento sia per le migliorate condizioni socioeconomiche che per la diagnostica sempre più tempestiva ed accurata. Nonostante ciò proprio le complicanze, e segnatamente la rottura nelle vie biliari, si presentano con situazioni cliniche ed anatomopatologiche quanto mai complesse. Tuttavia, proprio di fronte a queste situazioni, resta sempre più valido il concetto che il loro trattamento ove necessario anche multidisciplinare, deve avere il duplice obiettivo di risolvere la complicanza e la stessa malattia idatidea. Lo studio e la risoluzione delle lesioni a carico della VBP, una volta trattate intraoperatoriamente, oggi trovano nella ERCP una tecnica ottimale e poco invasiva di trattamento. Ciò non esclude che l’optimum debba essere rappresentato dal trattamento radicale anche della malattia idatidea considerando come tale la pericistectomia totale o sub-totale qualora il pericistio si presenti tenacemente adeso ad importanti strutture vascolari o biliari.
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