Nonostante le mire politiche e commerciali dell’Italia su tutto il Corno d’Africa, la presenza drammatica per sei anni del colonialismo italiano in Etiopia e un prolungato interesse degli studiosi italiani in quell’area fino alla seconda guerra mondiale, dalla fine del conflitto il nostro paese ha quasi del tutto abbandonato qualsiasi impegno politico e scientifico in Etiopia. Il volume intende scavare le ragioni di questo disimpegno, come suggerisce il titolo, tra rimozione e rimorso. Infatti, la tesi di fondo è che gli studiosi italiani hanno abbandonato gli studi sull’Etiopia per non misurarsi con il tema del colonialismo e del razzismo, che avevano fortemente connotato gli studi precedenti. Si tratta di nove saggi che da prospettive differenti (antropologica, storica, geografica, linguistica, letteraria, sociologica) analizzano come gli italiani hanno elaborato idee, immagini, rappresentazioni dell’Africa, intesa come area culturale, prima ancora che area geografica. Il rifiuto di fare i conti con l’esperienza coloniale e con l’ideologia razzista da parte delle forze politiche e degli intellettuali antifascisti del dopoguerra ha determinato una incapacità a elaborare un pensiero maturo e democratico sulla relazione tra l’Italia e l’Etiopia. Questa incapacità scientifica e culturale ha prodotto, a sua volta, una incapacità a elaborare una politica economica, commerciale, di cooperazione che potesse produrre effetti positivi sia nel paese africano, sia nel nostro paese. Il volume ha anche uno scopo educativo. Intende richiamare l’attenzione dei giovani sulla necessità di recuperare memorie e consapevolezze critiche, sconfiggendo gli stereotipi e le retoriche di discorsi pubblici e privati fortemente condizionati da luoghi comuni, saperi manipolati, memorizzazioni selettive. In fondo, l’incapacità degli italiani di gestire in modo razionale e complesso l’immigrazione è anche il risultato di una ricostruzione storica della vicenda italiana parziale e reticente. L’aver troppo facilmente attribuito al fascismo, e solo ad esso, la responsabilità di crimini contro l’umanità, come quelli perpetrati dai nostri connazionali in Etiopia, ha di fatto assolto la cultura nazionale, definita patrimonio di brava gente e di persone fondamentalmente contrarie alla guerra. Da questo studio viene fuori la grande mobilitazione di risorse intellettuali, prima e dopo l’aggressione all’Etiopia, tesa a dare una rappresentazione del paese africano funzionale alla ineluttabilità della sua sottomissione coloniale. La vena razzista di tali rappresentazioni veniva da lontano e non riguardava solo il fascismo; il fascismo diede una sostanza pratica alle retoriche, elaborò un metodo razionale di violenza e sopraffazione, organizzò la repressione come modalità di azione politica. Non senza contraddizioni.

Tra rimozione e rimorso. Come gli italiani hanno pensato l'Etiopia

BOLOGNARI, Mario
2012-01-01

Abstract

Nonostante le mire politiche e commerciali dell’Italia su tutto il Corno d’Africa, la presenza drammatica per sei anni del colonialismo italiano in Etiopia e un prolungato interesse degli studiosi italiani in quell’area fino alla seconda guerra mondiale, dalla fine del conflitto il nostro paese ha quasi del tutto abbandonato qualsiasi impegno politico e scientifico in Etiopia. Il volume intende scavare le ragioni di questo disimpegno, come suggerisce il titolo, tra rimozione e rimorso. Infatti, la tesi di fondo è che gli studiosi italiani hanno abbandonato gli studi sull’Etiopia per non misurarsi con il tema del colonialismo e del razzismo, che avevano fortemente connotato gli studi precedenti. Si tratta di nove saggi che da prospettive differenti (antropologica, storica, geografica, linguistica, letteraria, sociologica) analizzano come gli italiani hanno elaborato idee, immagini, rappresentazioni dell’Africa, intesa come area culturale, prima ancora che area geografica. Il rifiuto di fare i conti con l’esperienza coloniale e con l’ideologia razzista da parte delle forze politiche e degli intellettuali antifascisti del dopoguerra ha determinato una incapacità a elaborare un pensiero maturo e democratico sulla relazione tra l’Italia e l’Etiopia. Questa incapacità scientifica e culturale ha prodotto, a sua volta, una incapacità a elaborare una politica economica, commerciale, di cooperazione che potesse produrre effetti positivi sia nel paese africano, sia nel nostro paese. Il volume ha anche uno scopo educativo. Intende richiamare l’attenzione dei giovani sulla necessità di recuperare memorie e consapevolezze critiche, sconfiggendo gli stereotipi e le retoriche di discorsi pubblici e privati fortemente condizionati da luoghi comuni, saperi manipolati, memorizzazioni selettive. In fondo, l’incapacità degli italiani di gestire in modo razionale e complesso l’immigrazione è anche il risultato di una ricostruzione storica della vicenda italiana parziale e reticente. L’aver troppo facilmente attribuito al fascismo, e solo ad esso, la responsabilità di crimini contro l’umanità, come quelli perpetrati dai nostri connazionali in Etiopia, ha di fatto assolto la cultura nazionale, definita patrimonio di brava gente e di persone fondamentalmente contrarie alla guerra. Da questo studio viene fuori la grande mobilitazione di risorse intellettuali, prima e dopo l’aggressione all’Etiopia, tesa a dare una rappresentazione del paese africano funzionale alla ineluttabilità della sua sottomissione coloniale. La vena razzista di tali rappresentazioni veniva da lontano e non riguardava solo il fascismo; il fascismo diede una sostanza pratica alle retoriche, elaborò un metodo razionale di violenza e sopraffazione, organizzò la repressione come modalità di azione politica. Non senza contraddizioni.
2012
Cultura, culture, diritti. Collana di studi antropologici
9788854848207
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