Gli studi relativi al complesso sistema di fortificazioni di Messina hanno per lo più indagato gli aspetti legati alla storia delle opere di difesa e strategia militare in età preunitaria. (P.Del Calleyo y Angulo, Sicilia. Stato politico e fortificazioni nel ‘700, trad. it. P.Bruno, Messina 1980) anche in relazione, in tempi più recenti, alla radicale trasformazione territoriale e urbana che la città ha subito in seguito a tali realizzazioni (Aricò N., Carlos De Grunenbergh e le città ioniche del "Teatro Geografico Antiguo Y Moderno del Reyno de Sicilia" (1686), in Lexicon. Storie e architettura in Sicilia, Vol. 7, ed. Caracol, 2008; A.Ioli Gigante, Messina. Storia della città tra processi urbani e materiali iconografici, Libreria Chiofalo Editrice, Messina 2010). Meno indagate, invece, sono le vicende che riguardano la fase di dismissione di tali strutture dopo l’Unità, inizialmente suggerita, come in molti altri casi, da ragioni ideologiche, ma concretamente incoraggiata, in un secondo tempo, da fattori socio-economici, demografici e, non ultimi, utilitaristici. All’indomani della presa della Cittadella da parte dei garibaldini, si avviò un dibattito incentrato sulla demolizione dell’ingombrante opera pentagonale edificata a seguito della rivolta antispagnola dal Grunenbergh, della cinta muraria e del sistema dei forti sulle colline che delimitavano la città. Si trattava della prima richiesta dell’amministrazione civica al governo provvisorio di Giuseppe Garibaldi con l’obiettivo di smantellare i simboli dell’oppressione straniera . Di altra natura, tuttavia, furono i provvedimenti che determinarono il destino delle fortificazioni messinesi. Il radicale e traumatico mutamento del sistema economico della città - che vide esaurirsi in meno di un secolo il suo antico ruolo industriale e mercantile, con una significativa perdita di importanza del suo porto – e la lunga serie di catastrofi che ne hanno pesantemente condizionato l’andamento demografico e l’impianto urbanistico, nonché il susseguirsi di amministrazioni civiche poco lungimiranti, è alla base del caotico processo di dismissione di tali strutture. Il saggio indaga le ragioni e gli esiti di tale processo, addentrandosi nel controverso dibattito che, a partire dal 1860 e attraverso le numerose cesure dettate dalle scelte economiche (l’abolizione del porto franco e di tutti i benefici fiscali da parte del governo nazionale) e dalle catastrofi naturali (il sisma del 1908), vide coinvolte amministrazioni locali e governo centrale, tecnici e cittadinanza. L’obiettivo, fra l’altro, è di tentare di chiarire l’atipicità del caso messinese nel contesto delle altre città del regno dove le cittadelle fortificate si sono conservate (si pensi ad esempio al caso di Alessandria), oppure il loro smantellamento totale o parziale è stato seguito da significativi processi di urbanizzazione. Nella città sullo Stretto, al contrario, alle demolizioni, per nulla sistematiche e pianificate, è seguito un processo di marginalizzazione e progressivo degrado dell’intera area falcata, fra le più suggestive della città. Lo studio si avvale della ricca documentazione raccolta negli atti del consiglio comunale, e negli archivi (di particolare rilevanza quanto conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo, la Biblioteca Regionale di Messina, l’Archivio storico della Camera dei Deputati di Roma). I quotidiani locali infine, negli anni fra l’Unità e il secondo conflitto bellico hanno dato ampio spazio al dibattito sulla dismissione del sistema di fortificazioni e sul destino economico e urbanistico di queste aree.

Messina e la sua cinta murata dopo l'unità d'Italia.

TODESCO, Fabio
2013-01-01

Abstract

Gli studi relativi al complesso sistema di fortificazioni di Messina hanno per lo più indagato gli aspetti legati alla storia delle opere di difesa e strategia militare in età preunitaria. (P.Del Calleyo y Angulo, Sicilia. Stato politico e fortificazioni nel ‘700, trad. it. P.Bruno, Messina 1980) anche in relazione, in tempi più recenti, alla radicale trasformazione territoriale e urbana che la città ha subito in seguito a tali realizzazioni (Aricò N., Carlos De Grunenbergh e le città ioniche del "Teatro Geografico Antiguo Y Moderno del Reyno de Sicilia" (1686), in Lexicon. Storie e architettura in Sicilia, Vol. 7, ed. Caracol, 2008; A.Ioli Gigante, Messina. Storia della città tra processi urbani e materiali iconografici, Libreria Chiofalo Editrice, Messina 2010). Meno indagate, invece, sono le vicende che riguardano la fase di dismissione di tali strutture dopo l’Unità, inizialmente suggerita, come in molti altri casi, da ragioni ideologiche, ma concretamente incoraggiata, in un secondo tempo, da fattori socio-economici, demografici e, non ultimi, utilitaristici. All’indomani della presa della Cittadella da parte dei garibaldini, si avviò un dibattito incentrato sulla demolizione dell’ingombrante opera pentagonale edificata a seguito della rivolta antispagnola dal Grunenbergh, della cinta muraria e del sistema dei forti sulle colline che delimitavano la città. Si trattava della prima richiesta dell’amministrazione civica al governo provvisorio di Giuseppe Garibaldi con l’obiettivo di smantellare i simboli dell’oppressione straniera . Di altra natura, tuttavia, furono i provvedimenti che determinarono il destino delle fortificazioni messinesi. Il radicale e traumatico mutamento del sistema economico della città - che vide esaurirsi in meno di un secolo il suo antico ruolo industriale e mercantile, con una significativa perdita di importanza del suo porto – e la lunga serie di catastrofi che ne hanno pesantemente condizionato l’andamento demografico e l’impianto urbanistico, nonché il susseguirsi di amministrazioni civiche poco lungimiranti, è alla base del caotico processo di dismissione di tali strutture. Il saggio indaga le ragioni e gli esiti di tale processo, addentrandosi nel controverso dibattito che, a partire dal 1860 e attraverso le numerose cesure dettate dalle scelte economiche (l’abolizione del porto franco e di tutti i benefici fiscali da parte del governo nazionale) e dalle catastrofi naturali (il sisma del 1908), vide coinvolte amministrazioni locali e governo centrale, tecnici e cittadinanza. L’obiettivo, fra l’altro, è di tentare di chiarire l’atipicità del caso messinese nel contesto delle altre città del regno dove le cittadelle fortificate si sono conservate (si pensi ad esempio al caso di Alessandria), oppure il loro smantellamento totale o parziale è stato seguito da significativi processi di urbanizzazione. Nella città sullo Stretto, al contrario, alle demolizioni, per nulla sistematiche e pianificate, è seguito un processo di marginalizzazione e progressivo degrado dell’intera area falcata, fra le più suggestive della città. Lo studio si avvale della ricca documentazione raccolta negli atti del consiglio comunale, e negli archivi (di particolare rilevanza quanto conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo, la Biblioteca Regionale di Messina, l’Archivio storico della Camera dei Deputati di Roma). I quotidiani locali infine, negli anni fra l’Unità e il secondo conflitto bellico hanno dato ampio spazio al dibattito sulla dismissione del sistema di fortificazioni e sul destino economico e urbanistico di queste aree.
2013
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