Un dato di fatto da cui non è possibile prescindere parlando di intercultura è il suo carattere progettuale: il suo porsi, in altre parole, come meta finale di un lungo e complesso percorso di cambiamento sociale. Un cambiamento intenzionale che andò profilandosi come necessario quando, oltre vent’anni fa, si registrò largo consenso intorno a due certezze : 1) l’impossibilità di ignorare i repentini mutamenti socio-economici e politici che stavano trasformando le nazioni in società sempre più interdipendenti, pluraliste e multiculturali; 2) la consapevolezza che la convivenza pacifica tra gruppi e comunità appartenenti a culture diverse non potesse essere un esito spontaneo della naturale propensione umana alla socialità: troppi secoli di storia ne erano stati la dimostrazione. L’intercultura nasceva, dunque, come progetto di controllo e intervento su una realtà che poteva essere condotta entro sentieri determinati dalla ragione e dagli ideali umani, di quell’umanità che aveva duramente combattuto per affermare precisi valori: di libertà, uguaglianza, dignità, giustizia, solidarietà, solo per citarne alcuni, esplicitamente fissati in carte costituzionali a difesa di società liberaldemocratiche faticosamente conquistate. Ebbene, a distanza di tempo, oggi, non si può di certo affermare che l’intercultura abbia perduto la sua dimensione progettuale e sia diventata un tratto stabile della società. Tutt’altro. Appartiene alla cronaca recente il registrarsi di fenomeni di riacutizzato razzismo e intolleranza nei confronti delle diversità a tutti i livelli, di restrizioni legislative nei confronti degli stranieri, oltre che dell’incapacità a gestire autonomamente semplici controversie di carattere interculturale. In questi vent’anni trascorsi, tuttavia, è andata emergendo un’ulteriore consapevolezza: che nessun cambiamento etico o politico è possibile senza un’intenzionalità pedagogica in grado di intervenire soprattutto su quegli aspetti legati alla sfera emozionale che originano e alimentano pregiudizi e stereotipi. Il presente saggio esplora proprio il ruolo della pedagogia all’interno dell’ampio progetto dell’intercultura.

La voce della pedagogia nel progetto etico-politico interculturale

PASSASEO, Anna Maria
2012-01-01

Abstract

Un dato di fatto da cui non è possibile prescindere parlando di intercultura è il suo carattere progettuale: il suo porsi, in altre parole, come meta finale di un lungo e complesso percorso di cambiamento sociale. Un cambiamento intenzionale che andò profilandosi come necessario quando, oltre vent’anni fa, si registrò largo consenso intorno a due certezze : 1) l’impossibilità di ignorare i repentini mutamenti socio-economici e politici che stavano trasformando le nazioni in società sempre più interdipendenti, pluraliste e multiculturali; 2) la consapevolezza che la convivenza pacifica tra gruppi e comunità appartenenti a culture diverse non potesse essere un esito spontaneo della naturale propensione umana alla socialità: troppi secoli di storia ne erano stati la dimostrazione. L’intercultura nasceva, dunque, come progetto di controllo e intervento su una realtà che poteva essere condotta entro sentieri determinati dalla ragione e dagli ideali umani, di quell’umanità che aveva duramente combattuto per affermare precisi valori: di libertà, uguaglianza, dignità, giustizia, solidarietà, solo per citarne alcuni, esplicitamente fissati in carte costituzionali a difesa di società liberaldemocratiche faticosamente conquistate. Ebbene, a distanza di tempo, oggi, non si può di certo affermare che l’intercultura abbia perduto la sua dimensione progettuale e sia diventata un tratto stabile della società. Tutt’altro. Appartiene alla cronaca recente il registrarsi di fenomeni di riacutizzato razzismo e intolleranza nei confronti delle diversità a tutti i livelli, di restrizioni legislative nei confronti degli stranieri, oltre che dell’incapacità a gestire autonomamente semplici controversie di carattere interculturale. In questi vent’anni trascorsi, tuttavia, è andata emergendo un’ulteriore consapevolezza: che nessun cambiamento etico o politico è possibile senza un’intenzionalità pedagogica in grado di intervenire soprattutto su quegli aspetti legati alla sfera emozionale che originano e alimentano pregiudizi e stereotipi. Il presente saggio esplora proprio il ruolo della pedagogia all’interno dell’ampio progetto dell’intercultura.
2012
978-88-5750-931-0
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