Il saggio vuole essere solo la messa a frutto di un ventennio di studi sui Bronzi di Riace, affrontati da tutte le possibili angolazioni, da quelle archeometriche a quelle letterarie, da quelle archeologiche a quelle della Storia dell’Arte. Non si tratta di un libro sui Bronzi di Riace, anche se il capitolo finale è a loro dedicato, sia pure con una prospettiva inedita e innovativa, per quanto ipotetica. L’argomento del piccolo saggio, che affido alla loro benevolenza, è quello di estendere ad altre opere d’arte di epoca classica o ellenistica l’esperienza maturata sulla lettura dei segni lasciati nel bronzo delle due statue da Riace. Per tanti anni, con ostinata caparbietà, ho cercato di leggere bene le tracce, spesso flebili, che gli elementi mancanti dalle statue, andati smarriti per l’ingiuria del tempo, avevano lasciato, superando di slancio, ma solo dopo averle studiate con cura e “smontate” nei loro elementi costitutivi, tutte le teorie che gli studiosi hanno continuato e continuano a produrre sui due capolavori. La ricerca ha dimostrato quanto sia ancora considerato importante “l’occhio del Maestro” per la definizione e la confezione di ipotesi scientifiche. Contrapposto a quelle ricerche, esiste un metodo che impone di trovare confronti precisi e stringenti per ogni attributo che si crede di poter individuare e restituire graficamente a ciascuna opera oggetto di studio. Di più, ogni attributo deve essere sottoposto a una ricerca che ne precisi la qualità e le funzioni, la simbologia e la morfologia, insieme a uno studio lessicale e filologico sulle fonti, per comprenderne appieno il significato. Proprio da quest’ultima, ma fondamentale, esigenza, nasce l’ultimo capitolo di questo breve saggio, dedicato all’ispirazione che i poeti antichi possono aver trovato nei gruppi statuari più famosi.

Il metodo Bronzi di Riace

CASTRIZIO, Eligio Daniele;
2015-01-01

Abstract

Il saggio vuole essere solo la messa a frutto di un ventennio di studi sui Bronzi di Riace, affrontati da tutte le possibili angolazioni, da quelle archeometriche a quelle letterarie, da quelle archeologiche a quelle della Storia dell’Arte. Non si tratta di un libro sui Bronzi di Riace, anche se il capitolo finale è a loro dedicato, sia pure con una prospettiva inedita e innovativa, per quanto ipotetica. L’argomento del piccolo saggio, che affido alla loro benevolenza, è quello di estendere ad altre opere d’arte di epoca classica o ellenistica l’esperienza maturata sulla lettura dei segni lasciati nel bronzo delle due statue da Riace. Per tanti anni, con ostinata caparbietà, ho cercato di leggere bene le tracce, spesso flebili, che gli elementi mancanti dalle statue, andati smarriti per l’ingiuria del tempo, avevano lasciato, superando di slancio, ma solo dopo averle studiate con cura e “smontate” nei loro elementi costitutivi, tutte le teorie che gli studiosi hanno continuato e continuano a produrre sui due capolavori. La ricerca ha dimostrato quanto sia ancora considerato importante “l’occhio del Maestro” per la definizione e la confezione di ipotesi scientifiche. Contrapposto a quelle ricerche, esiste un metodo che impone di trovare confronti precisi e stringenti per ogni attributo che si crede di poter individuare e restituire graficamente a ciascuna opera oggetto di studio. Di più, ogni attributo deve essere sottoposto a una ricerca che ne precisi la qualità e le funzioni, la simbologia e la morfologia, insieme a uno studio lessicale e filologico sulle fonti, per comprenderne appieno il significato. Proprio da quest’ultima, ma fondamentale, esigenza, nasce l’ultimo capitolo di questo breve saggio, dedicato all’ispirazione che i poeti antichi possono aver trovato nei gruppi statuari più famosi.
2015
978-88-7221-768-9
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