Con la pronuncia in esame, che ha posto fine ad una famosa controversia, si è in particolare affermato che l’ambito della cognizione della Corte di legittimità in relazione all’interpretazione della convenzione di arbitrato si estende all’apprezzamento diretto del ‘‘fatto processuale’’, in quanto, sul presupposto della natura giurisdizionale dell’arbitrato (riconosciuta con l’overruling di Cass., Sez. un., n. 24153/2013), il difetto di potestas judicandi degli arbitri rituali (italiani) integra una questione di competenza e non di merito. Questa decisione offre quindi lo spunto per rimeditare, ancora una volta, sul classico dilemma della contrattualità o giurisdizionalità del fenomeno arbitrale. L’autore evidenzia che molti dei problemi interpretativi posti dalla disciplina arbitrale, fra cui quello dei poteri della Corte di appello e della Corte di cassazione in merito alla ricostruzione della comune volontà delle parti di compromettere la controversia, potrebbero in realtà essere risolti senza la necessità di invocare la ‘‘natura dell’arbitrato’’, il cui richiamo è in sostanza utilizzato dagli interpreti come ‘‘argomento’’ per giustificare le soluzioni accolte. Nel caso di specie, quale che sia l’inquadramento concettuale prescelto, è infatti indubbio che la convenzione di arbitrato costituisca un ‘‘contratto ad effetti processuali’’ e che l’erronea valutazione da parte degli arbitri della sua portata oggettiva determini in ogni caso un ‘‘vizio del procedere’’ tale da determinare, per espressa previsione di legge, la nullità del lodo arbitrale ai sensi dell’art. 829, 1º comma, n. 4, c.p.c.

Cognizione sulla potestas judicandi degli arbitri nelle fasi di impugnazione del lodo arbitrale

GRADI, Marco
2016-01-01

Abstract

Con la pronuncia in esame, che ha posto fine ad una famosa controversia, si è in particolare affermato che l’ambito della cognizione della Corte di legittimità in relazione all’interpretazione della convenzione di arbitrato si estende all’apprezzamento diretto del ‘‘fatto processuale’’, in quanto, sul presupposto della natura giurisdizionale dell’arbitrato (riconosciuta con l’overruling di Cass., Sez. un., n. 24153/2013), il difetto di potestas judicandi degli arbitri rituali (italiani) integra una questione di competenza e non di merito. Questa decisione offre quindi lo spunto per rimeditare, ancora una volta, sul classico dilemma della contrattualità o giurisdizionalità del fenomeno arbitrale. L’autore evidenzia che molti dei problemi interpretativi posti dalla disciplina arbitrale, fra cui quello dei poteri della Corte di appello e della Corte di cassazione in merito alla ricostruzione della comune volontà delle parti di compromettere la controversia, potrebbero in realtà essere risolti senza la necessità di invocare la ‘‘natura dell’arbitrato’’, il cui richiamo è in sostanza utilizzato dagli interpreti come ‘‘argomento’’ per giustificare le soluzioni accolte. Nel caso di specie, quale che sia l’inquadramento concettuale prescelto, è infatti indubbio che la convenzione di arbitrato costituisca un ‘‘contratto ad effetti processuali’’ e che l’erronea valutazione da parte degli arbitri della sua portata oggettiva determini in ogni caso un ‘‘vizio del procedere’’ tale da determinare, per espressa previsione di legge, la nullità del lodo arbitrale ai sensi dell’art. 829, 1º comma, n. 4, c.p.c.
2016
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