A partire dai primi anni della ricostruzione, seguita al terremoto del 1908, si sono stratificate ipotesi e dibattiti su quel che Messina sarebbe potuta essere e non è stata. Una città ripetutamente definita un’occasione perduta per essersi rivolta, in una fase storica bifocale, a una tradizione eclettica piuttosto che a un modernismo incalzante. Abbiamo ripercorso questa visione alla luce del patrimonio documentale inedito custodito a Palazzo Zanca, cercando di intercettare nell’attività dell’Ufficio Speciale delle Espropriazioni il percorso di gestazione delle procedure esecutive del Piano Borzì, e di comprendere senza pregiudizi il destino di una città che desiderava fortemente sopravvivere a se stessa dov’era e, per quanto possibile, com’era. Le tracce del suo DNA rinvenute in questa primigenia fonte archivistica ci hanno consentito la narrazione di una città “altra” in cui le scelte, che ne hanno talvolta sradicato l’identità, sono state forse meno scontate di quanto non si immagini, determinate dalla dialettica fra due atteggiamenti, di proprietari e istituzioni, che si sono incontrati, e talvolta scontrati, in un scenario di fabbricati in macerie e dei molti superstiti. L’analisi è stata svolta con ottiche disciplinari diverse per intercettare una storia della città dell’Ottocento e del suo rapporto con la prefigurazione del nuovo tessuto urbano antisismico; per scrivere uno spaccato di storia dell’architettura attraverso le dispute sul mantenimento o la demolizione di edifici rappresentativi; per decifrare la storia delle tecniche costruttive nelle descrizioni degli stati di consistenza edilizia; per ripercorrere la storia della rappresentazione mediante i precetti grafici elaborati per fronteggiare l’emergenza di un rilievo.

L'altra Messina: una città di carta. Tracce di DNA restituite dai documenti dell'Ufficio Speciale delle Espropriazioni.

Adriana Arena
Primo
Investigation
;
Marina Arena
Secondo
Investigation
;
Ornella Fiandaca
Penultimo
Investigation
;
PASSALACQUA, Francesca
Ultimo
Investigation
2018-01-01

Abstract

A partire dai primi anni della ricostruzione, seguita al terremoto del 1908, si sono stratificate ipotesi e dibattiti su quel che Messina sarebbe potuta essere e non è stata. Una città ripetutamente definita un’occasione perduta per essersi rivolta, in una fase storica bifocale, a una tradizione eclettica piuttosto che a un modernismo incalzante. Abbiamo ripercorso questa visione alla luce del patrimonio documentale inedito custodito a Palazzo Zanca, cercando di intercettare nell’attività dell’Ufficio Speciale delle Espropriazioni il percorso di gestazione delle procedure esecutive del Piano Borzì, e di comprendere senza pregiudizi il destino di una città che desiderava fortemente sopravvivere a se stessa dov’era e, per quanto possibile, com’era. Le tracce del suo DNA rinvenute in questa primigenia fonte archivistica ci hanno consentito la narrazione di una città “altra” in cui le scelte, che ne hanno talvolta sradicato l’identità, sono state forse meno scontate di quanto non si immagini, determinate dalla dialettica fra due atteggiamenti, di proprietari e istituzioni, che si sono incontrati, e talvolta scontrati, in un scenario di fabbricati in macerie e dei molti superstiti. L’analisi è stata svolta con ottiche disciplinari diverse per intercettare una storia della città dell’Ottocento e del suo rapporto con la prefigurazione del nuovo tessuto urbano antisismico; per scrivere uno spaccato di storia dell’architettura attraverso le dispute sul mantenimento o la demolizione di edifici rappresentativi; per decifrare la storia delle tecniche costruttive nelle descrizioni degli stati di consistenza edilizia; per ripercorrere la storia della rappresentazione mediante i precetti grafici elaborati per fronteggiare l’emergenza di un rilievo.
2018
978-88-255-1336-3
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