Il contributo, frutto di una collaborazione tra Luciano Catalioto e Giorgia Migliore, presenta alcuni documenti, vergati tra XIII e XIV secolo, particolarmente rilevanti per indagini di più ampio respiro su molti aspetti «mediterranei» del regnum Siciliae. Un sintetico quadro storico, che fornì la cornice alla sottrazione del ricco patrimonio documentario, descrive le congiunture internazionali che accompagnarono gli anni della rivolta anti-spagnola messinese del 1674-1678 come pure le vicende che stravolsero la vita isolana negli anni Settanta del Seicento. Tali eventi portarono, peraltro, al drammatico «despojo de los privilegios de Mecina» del 9 gennaio 1679, come è ben documento nelle ricerche degli ultimi decenni. Dalla Torre del Campanile del Duomo il viceré e duca di Santo Stefano Francisco de Benavides sottrasse le Pergamene del Fondo Messina, testimonianza dei privilegi ottenuti dai regnanti sin dalla prima età normanna. Il viceré, inoltre, si appropriò della ricca Biblioteca che aveva donato Costantino Lascaris ed era conservata presso il Palazzo Reale, trasferendola poi in Spagna insieme alle pergamene. Nell’archivio del duca di Medinaceli a Siviglia furono ritrovate le Pergamene del Fondo Messina e, nel settembre del 1993, centoquindici delle 1426 pergamene, sono state esposte nella grande mostra Messina, il ritorno della memoria storica. Tale patrimonio, oltre ad avere un enorme interesse per la storia siciliana dal X al XVII secolo, in senso globale, è estremamente importante in svariati campi d’indagine, dalla diplomatica, paleografia, archivistica e codicologia alla geografia storica, sfragistica e sigillografia (con la presenza di oltre cento sigilli), e così via. In appendice, si propongono le trascrizioni di cinque documenti dell’età di Carlo I d’Angiò, redatti tra il 1266 e il 1272, e di tre vergati nel corso del Trecento, rispettivamente sotto il regno di Federico III (1302), Giovanna d’Angiò (1363) e Martino il Vecchio (1396). Ogni contenuto delle otto pergamene appare interessante sotto diversi aspetti, giacché alimenta il dibattito storiografico gettano ulteriore luce su particolari congiunture del regime angioino, come anche su aspetti linguistici e culturali del regnum Siciliae dopo il Vespro.

Le carte messinesi dell’Archivio Ducale Medinaceli di Toledo

Catalioto Luciano;
2017-01-01

Abstract

Il contributo, frutto di una collaborazione tra Luciano Catalioto e Giorgia Migliore, presenta alcuni documenti, vergati tra XIII e XIV secolo, particolarmente rilevanti per indagini di più ampio respiro su molti aspetti «mediterranei» del regnum Siciliae. Un sintetico quadro storico, che fornì la cornice alla sottrazione del ricco patrimonio documentario, descrive le congiunture internazionali che accompagnarono gli anni della rivolta anti-spagnola messinese del 1674-1678 come pure le vicende che stravolsero la vita isolana negli anni Settanta del Seicento. Tali eventi portarono, peraltro, al drammatico «despojo de los privilegios de Mecina» del 9 gennaio 1679, come è ben documento nelle ricerche degli ultimi decenni. Dalla Torre del Campanile del Duomo il viceré e duca di Santo Stefano Francisco de Benavides sottrasse le Pergamene del Fondo Messina, testimonianza dei privilegi ottenuti dai regnanti sin dalla prima età normanna. Il viceré, inoltre, si appropriò della ricca Biblioteca che aveva donato Costantino Lascaris ed era conservata presso il Palazzo Reale, trasferendola poi in Spagna insieme alle pergamene. Nell’archivio del duca di Medinaceli a Siviglia furono ritrovate le Pergamene del Fondo Messina e, nel settembre del 1993, centoquindici delle 1426 pergamene, sono state esposte nella grande mostra Messina, il ritorno della memoria storica. Tale patrimonio, oltre ad avere un enorme interesse per la storia siciliana dal X al XVII secolo, in senso globale, è estremamente importante in svariati campi d’indagine, dalla diplomatica, paleografia, archivistica e codicologia alla geografia storica, sfragistica e sigillografia (con la presenza di oltre cento sigilli), e così via. In appendice, si propongono le trascrizioni di cinque documenti dell’età di Carlo I d’Angiò, redatti tra il 1266 e il 1272, e di tre vergati nel corso del Trecento, rispettivamente sotto il regno di Federico III (1302), Giovanna d’Angiò (1363) e Martino il Vecchio (1396). Ogni contenuto delle otto pergamene appare interessante sotto diversi aspetti, giacché alimenta il dibattito storiografico gettano ulteriore luce su particolari congiunture del regime angioino, come anche su aspetti linguistici e culturali del regnum Siciliae dopo il Vespro.
2017
1974-3416
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