Le Sezioni Unite tornano a trattare il tema delle preclusioni in materia di cautele reali, con una sentenza che fornisce una preziosa occasione per una riflessione su una costruzione giurisprudenziale sempre più poliedrica, quale quella del ne bis in idem cautelare. L’analisi condotta su categorie essenziali della teoria generale del processo e soprattutto l’esame delle ben differenti ipotesi con riferimento alle quali tale costruzione è adoperata sembrano rafforzare i dubbi circa l’opportunità d’invocare l’esistenza di un giudicato cautelare, fonte di insidie applicative non meno pericolose dei problemi teorici che essa ingenera. In fondo, se il riconoscimento del ne bis in idem cautelare deve la sua ragion d’essere all’esigenza pratica di dare un senso al sistema delle impugnazioni cautelari, non si può mai dimenticare che la fondamentale rilevanza dei diritti in gioco in questa delicatissima materia tende a ripudiare ogni forma di preclusione, almeno lì dove il nuovo controllo giurisdizionale sia attivato in una direzione vòlta a riespandere, in toto o in parte, gli spazi di libertà. Le sollecitazioni argomentative fornite da questa decisione sembrano peraltro portare a due ulteriori importanti conclusioni. La prima è che, nelle ipotesi in cui sia invece in gioco un successivo intervento vòlto a nuovamente incidere su libertà fondamentali mediante un provvedimento avente ad oggetto una misura revocata o annullata in sede di gravame cautelare, ipotizzare l’esistenza di un vincolo solo sul piano motivazionale costituisce probabilmente una garanzia troppo blanda a tutelare chi ha già sofferto limitazioni così gravi, e sembra quindi necessario esigere nuovi dati probatori. Ma tale esigenza, contrariamente a quanto riconosciuto dalla giurisprudenza, non deriva da presunte preclusioni decisorie bensì dalla legge processuale. La seconda è che una prospettiva orientata alla massimizzazione della tutela di diritti fondamentali, riconosciuti sia dalla Costituzione che dalla Convenzione europea, dovrebbe indurre il legislatore con urgenza a riformare la materia cautelare, introducendo – forse più ancora che una molteplicità di controlli generici – meccanismi di monitoraggio periodico e d’ufficio da parte dell’autorità giurisdizionale, che ad oggi nessuno strumento processuale è in grado di assicurare.
Misure cautelari reali, preclusioni processuali e tutela dei diritti fondamentali
stefano ruggeri
2019-01-01
Abstract
Le Sezioni Unite tornano a trattare il tema delle preclusioni in materia di cautele reali, con una sentenza che fornisce una preziosa occasione per una riflessione su una costruzione giurisprudenziale sempre più poliedrica, quale quella del ne bis in idem cautelare. L’analisi condotta su categorie essenziali della teoria generale del processo e soprattutto l’esame delle ben differenti ipotesi con riferimento alle quali tale costruzione è adoperata sembrano rafforzare i dubbi circa l’opportunità d’invocare l’esistenza di un giudicato cautelare, fonte di insidie applicative non meno pericolose dei problemi teorici che essa ingenera. In fondo, se il riconoscimento del ne bis in idem cautelare deve la sua ragion d’essere all’esigenza pratica di dare un senso al sistema delle impugnazioni cautelari, non si può mai dimenticare che la fondamentale rilevanza dei diritti in gioco in questa delicatissima materia tende a ripudiare ogni forma di preclusione, almeno lì dove il nuovo controllo giurisdizionale sia attivato in una direzione vòlta a riespandere, in toto o in parte, gli spazi di libertà. Le sollecitazioni argomentative fornite da questa decisione sembrano peraltro portare a due ulteriori importanti conclusioni. La prima è che, nelle ipotesi in cui sia invece in gioco un successivo intervento vòlto a nuovamente incidere su libertà fondamentali mediante un provvedimento avente ad oggetto una misura revocata o annullata in sede di gravame cautelare, ipotizzare l’esistenza di un vincolo solo sul piano motivazionale costituisce probabilmente una garanzia troppo blanda a tutelare chi ha già sofferto limitazioni così gravi, e sembra quindi necessario esigere nuovi dati probatori. Ma tale esigenza, contrariamente a quanto riconosciuto dalla giurisprudenza, non deriva da presunte preclusioni decisorie bensì dalla legge processuale. La seconda è che una prospettiva orientata alla massimizzazione della tutela di diritti fondamentali, riconosciuti sia dalla Costituzione che dalla Convenzione europea, dovrebbe indurre il legislatore con urgenza a riformare la materia cautelare, introducendo – forse più ancora che una molteplicità di controlli generici – meccanismi di monitoraggio periodico e d’ufficio da parte dell’autorità giurisdizionale, che ad oggi nessuno strumento processuale è in grado di assicurare.Pubblicazioni consigliate
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