Risalgono agli inizi del secolo XVI o alla fine del XV due differenti testimoni – un sigillo senatorio e una miniatura su supporto membranaceo – di una icona medievale, forse trecentesca, attribuibile alla fucina basiliana del cenobio del SS. Salvatore di Messina. La disamina delle due immagini, nel confermare la filiazione dalla stessa fonte, guida all’identificazione di un probabile antigrafo quattrocentesco. La sintesi territoriale che si intende rappresentare – un “atollo mediterraneo” – appare fortemente ideologizzata per mano di ignoto miniaturista, espressione della scuola basiliana messinese. La città, raccolta in un diadema repleto di volumi edilizi, si espande fino alla punta di Capo Peloro, da un lato. Dall’altro conclude la propria ansa nella deserta penisola di San Raineri, il cui vertice, rivolto verso la città, ospita il monastero del SS. Salvatore. L’atollo-Messina non ha alcun contatto con altre terre, ma intende palesemente dialogare con la vicina Calabria, da dove era stato generato lo stesso cenobio (da Rossano). L’archimandrita che lo governa estende il proprio potere su decine di strutture basiliane calabresi. Non sembra quindi un caso che, dopo il terremoto del 1908, quando si paventava una subordinazione dell’Ateneo messinese all’amministrazione di quello catanese, il rettore del tempo rilanciava l’icona medievale per dimostrare sia l’autonomia di Messina dalla Sicilia, sia l’espansione del territorio urbano verso la costa calabra.

Utopia e storia di un atollo mediterraneo: ideogramma di un territorio messano-calabro

Aricò Nicola
2019-01-01

Abstract

Risalgono agli inizi del secolo XVI o alla fine del XV due differenti testimoni – un sigillo senatorio e una miniatura su supporto membranaceo – di una icona medievale, forse trecentesca, attribuibile alla fucina basiliana del cenobio del SS. Salvatore di Messina. La disamina delle due immagini, nel confermare la filiazione dalla stessa fonte, guida all’identificazione di un probabile antigrafo quattrocentesco. La sintesi territoriale che si intende rappresentare – un “atollo mediterraneo” – appare fortemente ideologizzata per mano di ignoto miniaturista, espressione della scuola basiliana messinese. La città, raccolta in un diadema repleto di volumi edilizi, si espande fino alla punta di Capo Peloro, da un lato. Dall’altro conclude la propria ansa nella deserta penisola di San Raineri, il cui vertice, rivolto verso la città, ospita il monastero del SS. Salvatore. L’atollo-Messina non ha alcun contatto con altre terre, ma intende palesemente dialogare con la vicina Calabria, da dove era stato generato lo stesso cenobio (da Rossano). L’archimandrita che lo governa estende il proprio potere su decine di strutture basiliane calabresi. Non sembra quindi un caso che, dopo il terremoto del 1908, quando si paventava una subordinazione dell’Ateneo messinese all’amministrazione di quello catanese, il rettore del tempo rilanciava l’icona medievale per dimostrare sia l’autonomia di Messina dalla Sicilia, sia l’espansione del territorio urbano verso la costa calabra.
2019
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