Il tema di questo studio si collega ad un’indagine politica e socio-economica sul regno meridionale che, ormai da decenni, è oggetto di fecondo dibattito da parte di storici, economisti e storici del diritto. Prima di entrare nel merito della questione, è parso opportuno ripercorre in estrema sintesi alcune tappe indicative che hanno segnato, pur attraverso vuoti secolari, il percorso millenario della Zecca di Messina sino alle soglie dell’età moderna. Sotto il regno di Carlo I d’Angiò si realizzarono le trasformazioni più profonde legate all’attività della Zecca zanclea, le quali incisero profondamente, non tanto sotto il profilo strettamente numismatico ed iconografico, dove semmai si coglie una continuità che assimilando univa, quanto piuttosto sotto l’aspetto dell’evoluzione sociale, attraverso particolari dinamiche, destinate a modificare profondamente gli equilibri interni alla civitas e, nel lungo termine, ad assegnare un nuovo assetto unitario alla struttura socio-economica del regno ed alla sua dimensione culturale. Alla politica cittadina di Carlo d’Angiò si collegano particolari dinamiche, che portarono al consolida¬mento del ceto mediano ed alla promozione sociale di una casta composita di imprenditori peninsulari, burgenses e iurisperiti legati professionalmente ai meliores cives e ad essi vicini per censo e cultura. Si costituì così, nella città del Faro, una potente élite locale che rappresentò una novità per un centro urbano del Mezzogiorno d’Italia, con l’ascesa di un’oligarchia guidata da intraprendenti mercanti-burocrati (i cosiddetti Amalfitani), cioè da famiglie rapidamente arricchite attraverso i traffici commerciali e la gestione in gabella di molti uffici pubblici, primi fra tutti quelli della secrezia, della portolania e -appunto- della zecca. In definitiva, le attività e le complesse vicende collegate alla Zecca di Messina, deputata al conio di monete che avrebbero dovuto esaltare la centralità della monarchia e farsi garante della sua inalienabilità, furono paradossalmente all’origine di una trasformazione sociale profonda, destinata a fissare nuovi equilibri istituzionali, a scardinare i tradizionali rapporti di potere tra sovrano e sudditi ed a fissare nuovi modelli culturali fortemente identitari, cui si sarebbe fatto riferimento per l’intera età aragonese.

Dinamiche sociali e ascesa del ceto mediano a Messina in età angioina: “Amalfitani” e altri operatori regnicoli nel controllo della zecca e nella direzione degli uffici provinciali.

Luciano Catalioto
2020-01-01

Abstract

Il tema di questo studio si collega ad un’indagine politica e socio-economica sul regno meridionale che, ormai da decenni, è oggetto di fecondo dibattito da parte di storici, economisti e storici del diritto. Prima di entrare nel merito della questione, è parso opportuno ripercorre in estrema sintesi alcune tappe indicative che hanno segnato, pur attraverso vuoti secolari, il percorso millenario della Zecca di Messina sino alle soglie dell’età moderna. Sotto il regno di Carlo I d’Angiò si realizzarono le trasformazioni più profonde legate all’attività della Zecca zanclea, le quali incisero profondamente, non tanto sotto il profilo strettamente numismatico ed iconografico, dove semmai si coglie una continuità che assimilando univa, quanto piuttosto sotto l’aspetto dell’evoluzione sociale, attraverso particolari dinamiche, destinate a modificare profondamente gli equilibri interni alla civitas e, nel lungo termine, ad assegnare un nuovo assetto unitario alla struttura socio-economica del regno ed alla sua dimensione culturale. Alla politica cittadina di Carlo d’Angiò si collegano particolari dinamiche, che portarono al consolida¬mento del ceto mediano ed alla promozione sociale di una casta composita di imprenditori peninsulari, burgenses e iurisperiti legati professionalmente ai meliores cives e ad essi vicini per censo e cultura. Si costituì così, nella città del Faro, una potente élite locale che rappresentò una novità per un centro urbano del Mezzogiorno d’Italia, con l’ascesa di un’oligarchia guidata da intraprendenti mercanti-burocrati (i cosiddetti Amalfitani), cioè da famiglie rapidamente arricchite attraverso i traffici commerciali e la gestione in gabella di molti uffici pubblici, primi fra tutti quelli della secrezia, della portolania e -appunto- della zecca. In definitiva, le attività e le complesse vicende collegate alla Zecca di Messina, deputata al conio di monete che avrebbero dovuto esaltare la centralità della monarchia e farsi garante della sua inalienabilità, furono paradossalmente all’origine di una trasformazione sociale profonda, destinata a fissare nuovi equilibri istituzionali, a scardinare i tradizionali rapporti di potere tra sovrano e sudditi ed a fissare nuovi modelli culturali fortemente identitari, cui si sarebbe fatto riferimento per l’intera età aragonese.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
2021 Catalioto, Dinamiche sociali e ascesa del ceto mediano pdf.pdf

solo gestori archivio

Tipologia: Versione Editoriale (PDF)
Licenza: Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione 1.8 MB
Formato Adobe PDF
1.8 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia
Pubblicazioni consigliate

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/3165938
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact