Il saggio si propone di illustrare l’evoluzione del principio della responsabilità dei genitori, per il solo fatto della procreazione, sancito nel primo comma dell’art. 30 Cost., che, sin dalla sua emanazione, avrebbe consentito di infrangere le discriminazioni e i pregiudizi nei confronti dei c.d. figli illegittimi, strettamente legati ad una concezione della famiglia, di tradizione romanistica, che ha notevolmente influenzato la nostra legislazione codicistica sia quella del 1865, sia quella del 1942. La forza dirompente che recava in sé, il primo comma dell’art. 30 Cost., tuttavia, era considerata tanto preoccupante da portare l’Assemblea costituente a inserire, nel terzo comma della stessa disposizione, il criterio della compatibilità, tra i diritti dei figli naturali con quelli dei componenti della famiglia legittima. Si trattava di una disposizione che era espressione di un principio compromissorio, funzionale a stemperare la tensione che animò il dibattito fra laici e cattolici nell’Assemblea costituente. Tale comma diventava, così, il contrappeso che consentiva di mantenere la discriminazione tra i figli, codificata già nel codice del ‘42. Sulla base delle riflessioni della dottrina e della giurisprudenza emerge, gradatamente, l’irragionevolezza, da un verso, della proclamazione dell’eguaglianza formale tra le due categorie di figli, nati all’interno e fuori del matrimonio e, dall’altro, delle disposizioni normative, che prevedevano trattamenti diseguali. I ripetuti appelli alla Corte costituzionale comportano un’evoluzione della sua giurisprudenza in questo specifico settore, diretta a delimitare l’ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 30 Cost.. La significativa Riscrittura delle norme codicistiche del primo libro si realizza finalmente con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che, pur disciplinando il rapporto genitori-figli in maniera tendenzialmente paritaria è risultata, tuttavia, non del tutto completa come si evinceva dalla diramazione in due status tra figli legittimi e naturali riconosciuti che sembrava in sé, implicitamente discriminatoria. L’ampliamento dei nuclei familiari non fondati sul matrimonio, recepito con una serie di interventi normativi, registratisi a livello europeo, sospingono, così, ad una revisione del sistema italiano, legato ad un favor matrimonii che, alla luce dell’evoluzione sociale, appare ormai anacronistico. Si giunge, pertanto, al passaggio dalla potestà genitoriale a quello della genitorialità responsabile. L’eliminazione della distinzione tra figli legittimi e figli naturali comporta una nuova qualificazione del ruolo giuridico dei genitori nei confronti dei figli: la potestà genitoriale diventa responsabilità genitoriale, scaturente dal mero fatto della procreazione. Il progressivo affermarsi di un variegato universo familiare che trova, altresì, riconoscimento con l’introduzione della legge sulle unioni civili e convivenze di fatto comporta, ancora, la necessità di un ulteriore adeguamento alla mutata realtà sociale, in cui la genitorialità può essere anche solo ‘intenzionale’, prescindendo dal dato biologico.

LA CONTROVERSA ATTUAZIONE DEL PRINCIPIO DI RESPONSABILITÀ PER IL FATTO DELLA PROCREAZIONE: TRA DATO BIOLOGICO E DATO INTENZIONALE-SOCIALE

Astone Antonina
2020-01-01

Abstract

Il saggio si propone di illustrare l’evoluzione del principio della responsabilità dei genitori, per il solo fatto della procreazione, sancito nel primo comma dell’art. 30 Cost., che, sin dalla sua emanazione, avrebbe consentito di infrangere le discriminazioni e i pregiudizi nei confronti dei c.d. figli illegittimi, strettamente legati ad una concezione della famiglia, di tradizione romanistica, che ha notevolmente influenzato la nostra legislazione codicistica sia quella del 1865, sia quella del 1942. La forza dirompente che recava in sé, il primo comma dell’art. 30 Cost., tuttavia, era considerata tanto preoccupante da portare l’Assemblea costituente a inserire, nel terzo comma della stessa disposizione, il criterio della compatibilità, tra i diritti dei figli naturali con quelli dei componenti della famiglia legittima. Si trattava di una disposizione che era espressione di un principio compromissorio, funzionale a stemperare la tensione che animò il dibattito fra laici e cattolici nell’Assemblea costituente. Tale comma diventava, così, il contrappeso che consentiva di mantenere la discriminazione tra i figli, codificata già nel codice del ‘42. Sulla base delle riflessioni della dottrina e della giurisprudenza emerge, gradatamente, l’irragionevolezza, da un verso, della proclamazione dell’eguaglianza formale tra le due categorie di figli, nati all’interno e fuori del matrimonio e, dall’altro, delle disposizioni normative, che prevedevano trattamenti diseguali. I ripetuti appelli alla Corte costituzionale comportano un’evoluzione della sua giurisprudenza in questo specifico settore, diretta a delimitare l’ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 30 Cost.. La significativa Riscrittura delle norme codicistiche del primo libro si realizza finalmente con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che, pur disciplinando il rapporto genitori-figli in maniera tendenzialmente paritaria è risultata, tuttavia, non del tutto completa come si evinceva dalla diramazione in due status tra figli legittimi e naturali riconosciuti che sembrava in sé, implicitamente discriminatoria. L’ampliamento dei nuclei familiari non fondati sul matrimonio, recepito con una serie di interventi normativi, registratisi a livello europeo, sospingono, così, ad una revisione del sistema italiano, legato ad un favor matrimonii che, alla luce dell’evoluzione sociale, appare ormai anacronistico. Si giunge, pertanto, al passaggio dalla potestà genitoriale a quello della genitorialità responsabile. L’eliminazione della distinzione tra figli legittimi e figli naturali comporta una nuova qualificazione del ruolo giuridico dei genitori nei confronti dei figli: la potestà genitoriale diventa responsabilità genitoriale, scaturente dal mero fatto della procreazione. Il progressivo affermarsi di un variegato universo familiare che trova, altresì, riconoscimento con l’introduzione della legge sulle unioni civili e convivenze di fatto comporta, ancora, la necessità di un ulteriore adeguamento alla mutata realtà sociale, in cui la genitorialità può essere anche solo ‘intenzionale’, prescindendo dal dato biologico.
2020
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