Il saggio presenta un’indagine estesa – trasversale a varie branche del diritto – sui limiti e i punti di caduta delle tecniche, tanto giurisprudenziali quanto normative, di attuazione del divieto di distinzioni in base al sesso. L’idea di fondo è quella di mettere in evidenza la non coincidenza concettuale tra “discriminazione” e “disparità di trattamento”, ripercorrendo l’analisi offerta da L.H. Tribe sul prototipo iniziale di judicial review elaborato in materia. Tale discrasia, che, colta negli USA ha portato la Corte Suprema a sviluppare un’apposita tipologia di sindacato delle invidious classifications, anche quando gender based, è stata smarrita nel nostro ordinamento, determinando l’assorbimento del relativo controllo di costituzionalità nel comune schema del sindacato di ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost. Quest’appiattimento concettuale non solo ha condotto ad un controllo di legittimità costituzionale sulle diseguaglianze di genere inizialmente meno votato a valorizzare la portata emancipatoria rispetto all’esistente, ma ha anche occultato nella pratica lo spessore socioculturale della discriminazione, rendendo più lento ed arduo il percorso volto a mettere a punto strumenti e tecniche normative di intervento capaci di incidere sulla dimensione effettuale del fenomeno discriminatorio. Nella parte finale l’A. considera i rischi che un certo filone “generalizzante” e “neutralizzante” presente nella protezione offerta dal diritto dell’Unione Europea possa impoverire la capacità del principio di adeguare il trattamento giuridico alle specificità della realtà dei due generi.

“Viaggio ai confini dell’eguaglianza giuridica”. Limiti e punti di caduta delle tecniche di attuazione del divieto di distinzioni in base al sesso

Giusi Sorrenti
2020-01-01

Abstract

Il saggio presenta un’indagine estesa – trasversale a varie branche del diritto – sui limiti e i punti di caduta delle tecniche, tanto giurisprudenziali quanto normative, di attuazione del divieto di distinzioni in base al sesso. L’idea di fondo è quella di mettere in evidenza la non coincidenza concettuale tra “discriminazione” e “disparità di trattamento”, ripercorrendo l’analisi offerta da L.H. Tribe sul prototipo iniziale di judicial review elaborato in materia. Tale discrasia, che, colta negli USA ha portato la Corte Suprema a sviluppare un’apposita tipologia di sindacato delle invidious classifications, anche quando gender based, è stata smarrita nel nostro ordinamento, determinando l’assorbimento del relativo controllo di costituzionalità nel comune schema del sindacato di ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost. Quest’appiattimento concettuale non solo ha condotto ad un controllo di legittimità costituzionale sulle diseguaglianze di genere inizialmente meno votato a valorizzare la portata emancipatoria rispetto all’esistente, ma ha anche occultato nella pratica lo spessore socioculturale della discriminazione, rendendo più lento ed arduo il percorso volto a mettere a punto strumenti e tecniche normative di intervento capaci di incidere sulla dimensione effettuale del fenomeno discriminatorio. Nella parte finale l’A. considera i rischi che un certo filone “generalizzante” e “neutralizzante” presente nella protezione offerta dal diritto dell’Unione Europea possa impoverire la capacità del principio di adeguare il trattamento giuridico alle specificità della realtà dei due generi.
2020
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