Il presente libro è dedicato alla fattispecie delle nuptiae haereticorum, alla rilevanza cioè della dissidenza interna all’Ecclesia nella disciplina del coniugium tardoantico. La cornice temporale dell’indagine è racchiusa, da un lato, dal V secolo, profondamente segnato dalla stagione conciliare e, dall’altro, dal diritto giustinianeo, dove ha preso forma l’interpolazione additiva, prodotta dalla mano – per come l’A. ritiene – dei compilatori del secondo Codice, dell’inciso “vel sectae” nel testo di C.I. 5.1.5.3, attorno alla quale si dipana tutta la trattazione. La ricerca, difatti, si occupa da vicino della genesi (e ne segue poi le sorti) di una locuzione – “[propter] religionis vel sectae diversitatem” che, nel deliberato della legge di Leone tràdito da C.I. 5.1.5.3, legittima (a date condizioni) gli sponsi a declinare le future nozze e a sciogliersi dal legame creato con la datio arrhae, senza per ciò patire penalità; è, in questo modo, ottenuto un punto di osservazione privilegiato per l’esame della normativa, leonina prima e poi giustinianea, avente a oggetto le nuptiae haereticorum. Ma, proiettata in un orizzonte più ampio, l’indagine intercetta questioni generali, quale, anzitutto, quella degli effetti in¬dotti dai canones ecclesiastici (a questo momento, ormai, stabilmente raccolti in un corpus, organizzato ed esaustivo, del quale si valgono le chiese orientali così come la Corte imperiale) sulle leges, scorgendo i prodromi dei successivi sviluppi giustinianei già al tempo del regno di Marciano e all’indomani del convegno ecumenico di Calcedonia.
Nuptiae haereticorum. Una ricerca sui rapporti tra leges e canones, alla luce della religionis vel sectae diversitas di C.I. 5.1.5.3
Alessandro Cusmà Piccione
2020-01-01
Abstract
Il presente libro è dedicato alla fattispecie delle nuptiae haereticorum, alla rilevanza cioè della dissidenza interna all’Ecclesia nella disciplina del coniugium tardoantico. La cornice temporale dell’indagine è racchiusa, da un lato, dal V secolo, profondamente segnato dalla stagione conciliare e, dall’altro, dal diritto giustinianeo, dove ha preso forma l’interpolazione additiva, prodotta dalla mano – per come l’A. ritiene – dei compilatori del secondo Codice, dell’inciso “vel sectae” nel testo di C.I. 5.1.5.3, attorno alla quale si dipana tutta la trattazione. La ricerca, difatti, si occupa da vicino della genesi (e ne segue poi le sorti) di una locuzione – “[propter] religionis vel sectae diversitatem” che, nel deliberato della legge di Leone tràdito da C.I. 5.1.5.3, legittima (a date condizioni) gli sponsi a declinare le future nozze e a sciogliersi dal legame creato con la datio arrhae, senza per ciò patire penalità; è, in questo modo, ottenuto un punto di osservazione privilegiato per l’esame della normativa, leonina prima e poi giustinianea, avente a oggetto le nuptiae haereticorum. Ma, proiettata in un orizzonte più ampio, l’indagine intercetta questioni generali, quale, anzitutto, quella degli effetti in¬dotti dai canones ecclesiastici (a questo momento, ormai, stabilmente raccolti in un corpus, organizzato ed esaustivo, del quale si valgono le chiese orientali così come la Corte imperiale) sulle leges, scorgendo i prodromi dei successivi sviluppi giustinianei già al tempo del regno di Marciano e all’indomani del convegno ecumenico di Calcedonia.File | Dimensione | Formato | |
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