La previsione relativa all'obbligo di applicare i contratti collettivi al lavoro dipendente nelle cooperative di lavoro è contenuta nell’articolo 7, comma 4, decreto-legge n. 248/2007, convertito in legge n. 31/2008. In assenza di una legge, sul modello della maggioranza degli Stati dell'Unione europea, sul salario minimo legale, il legislatore ha utilizzato come retribuzione di riferimento quella prevista dai contratti collettivi stipulati dai sindacati che hanno una rappresentatività più elevata nel settore di riferimento. La scelta di individuare nei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni “comparativamente più rappresentative” i minimi salariali di riferimento per i lavoratori delle cooperative., ha dato luogo nel tempo a rilievi sul tema del rispetto del principio della libertà e del pluralismo sindacali e di contrattazione anche sul piano costituzionale. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 20 febbraio 2019, n. 4951, ha confermato che i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, non hanno efficacia erga omnes ma che i minimi salariali in essi previsti costituiscono il riferimento per garantire la retribuzione proporzionata e sufficiente di cui all’art 36 Cost.. Conseguentemente, se i contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali non “comparativamente più rappresentative” rispettano o migliorano i richiamati minimi salariali, essi sono legittimi sotto il profilo applicativo. La sentenza in esame conseguentemente, non può avere una portata limitata all’area del lavoro nelle cooperative di lavoro, poiché definisce un criterio ermeneutico relativo al tema dell’obbligo di utilizzazione dei minimi retributivi dei contratti collettivi stipulati dai sindacati “comparativamente più rappresentativi”, nel rispetto dei principi di libertà e pluralismo sindacali e contrattuali, con la conseguenza di un’applicazione generalizzata, in attesa dell’auspicabile intervento eteronomo rispetto all’autonomia collettiva, da parte del legislatore di attuazione, alla luce del diritto vivente, dell’art. 39 della Costituzione
La disciplina del trabajo en las cooperativas y en el Terzo settore entre negociación colectiva y jurisprudencia
Gandolfo Maurizio Ballistreri
2020-01-01
Abstract
La previsione relativa all'obbligo di applicare i contratti collettivi al lavoro dipendente nelle cooperative di lavoro è contenuta nell’articolo 7, comma 4, decreto-legge n. 248/2007, convertito in legge n. 31/2008. In assenza di una legge, sul modello della maggioranza degli Stati dell'Unione europea, sul salario minimo legale, il legislatore ha utilizzato come retribuzione di riferimento quella prevista dai contratti collettivi stipulati dai sindacati che hanno una rappresentatività più elevata nel settore di riferimento. La scelta di individuare nei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni “comparativamente più rappresentative” i minimi salariali di riferimento per i lavoratori delle cooperative., ha dato luogo nel tempo a rilievi sul tema del rispetto del principio della libertà e del pluralismo sindacali e di contrattazione anche sul piano costituzionale. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 20 febbraio 2019, n. 4951, ha confermato che i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, non hanno efficacia erga omnes ma che i minimi salariali in essi previsti costituiscono il riferimento per garantire la retribuzione proporzionata e sufficiente di cui all’art 36 Cost.. Conseguentemente, se i contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali non “comparativamente più rappresentative” rispettano o migliorano i richiamati minimi salariali, essi sono legittimi sotto il profilo applicativo. La sentenza in esame conseguentemente, non può avere una portata limitata all’area del lavoro nelle cooperative di lavoro, poiché definisce un criterio ermeneutico relativo al tema dell’obbligo di utilizzazione dei minimi retributivi dei contratti collettivi stipulati dai sindacati “comparativamente più rappresentativi”, nel rispetto dei principi di libertà e pluralismo sindacali e contrattuali, con la conseguenza di un’applicazione generalizzata, in attesa dell’auspicabile intervento eteronomo rispetto all’autonomia collettiva, da parte del legislatore di attuazione, alla luce del diritto vivente, dell’art. 39 della CostituzionePubblicazioni consigliate
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