Il bacino del Mediterraneo centrale è interessato da un fenomeno migratorio misto che muove dai Paesi del Nord Africa, in specie da Libia e Tunisia, alla volta dell’Italia, vista come porta d’ingresso verso gli Stati del Nord Europa. Fenomeno che pone diversi problemi di carattere giuridico che sono stati oggetto di indagine. Ricostruito il quadro normativo (interno, internazionale ed eurounitario) in materia di obblighi di prestare soccorso a persone che versano in stato di pericolo in mare, che gravano sui comandanti delle navi, sullo Stato di bandiera e sugli Stati costieri, l’attenzione si è soffermata sulle operazioni di ricerca e salvataggio, con la necessità di individuare un place of safety (PoS) dove procedere allo sbarco dei naufraghi. Designazione che appare quanto mai problematica, attesi i pesanti oneri che derivano dall’ammissione in un PoS, in termini di accoglienza e gestione dei migranti nel quadro del «sistema Dublino». In ragione di ciò, nel tentativo di vincere la riluttanza degli altri Stati membri dell’Unione europea ad accettare una redistribuzione solidale per quote dei naufraghi, in qualche circostanza è stato disposto il «trattenimento» dei salvati a bordo delle navi ferme nei nostri porti, condotta, questa, che pone, per un verso, il problema della compatibilità del trattamento con nostra Costituzione e con la Cedu e per altro verso la questione della rilevanza penale della condotta stessa. Guardando alla nave soccorritrice, ci si è chiesti ancora se sia penalmente perseguibile, o possa invocare una qualche scriminante, il comandante che forzi il blocco opposto dallo Stato costiero per far sbarcare i naufraghi contro la volontà di quest’ultimo, adducendo la sussistenza di una causa di giustificazione. Dall’analisi svolta emerge che gli oneri legati al fenomeno migratorio in discorso nell’attuale quadro normativo e nell’esperienza giurisprudenziale gravano, quasi esclusivamente, sullo Stato costiero, mentre sarebbe opportuno un più diretto coinvolgimento degli Stati di bandiera delle navi soccorritrici. con riguardo alla redistribuzione dei migranti fra gli Stati membri della Unione.

Soccorso in mare di persone in pericolo tra norme consolidate e problematiche ancora aperte

Maria Piera Rizzo
2020-01-01

Abstract

Il bacino del Mediterraneo centrale è interessato da un fenomeno migratorio misto che muove dai Paesi del Nord Africa, in specie da Libia e Tunisia, alla volta dell’Italia, vista come porta d’ingresso verso gli Stati del Nord Europa. Fenomeno che pone diversi problemi di carattere giuridico che sono stati oggetto di indagine. Ricostruito il quadro normativo (interno, internazionale ed eurounitario) in materia di obblighi di prestare soccorso a persone che versano in stato di pericolo in mare, che gravano sui comandanti delle navi, sullo Stato di bandiera e sugli Stati costieri, l’attenzione si è soffermata sulle operazioni di ricerca e salvataggio, con la necessità di individuare un place of safety (PoS) dove procedere allo sbarco dei naufraghi. Designazione che appare quanto mai problematica, attesi i pesanti oneri che derivano dall’ammissione in un PoS, in termini di accoglienza e gestione dei migranti nel quadro del «sistema Dublino». In ragione di ciò, nel tentativo di vincere la riluttanza degli altri Stati membri dell’Unione europea ad accettare una redistribuzione solidale per quote dei naufraghi, in qualche circostanza è stato disposto il «trattenimento» dei salvati a bordo delle navi ferme nei nostri porti, condotta, questa, che pone, per un verso, il problema della compatibilità del trattamento con nostra Costituzione e con la Cedu e per altro verso la questione della rilevanza penale della condotta stessa. Guardando alla nave soccorritrice, ci si è chiesti ancora se sia penalmente perseguibile, o possa invocare una qualche scriminante, il comandante che forzi il blocco opposto dallo Stato costiero per far sbarcare i naufraghi contro la volontà di quest’ultimo, adducendo la sussistenza di una causa di giustificazione. Dall’analisi svolta emerge che gli oneri legati al fenomeno migratorio in discorso nell’attuale quadro normativo e nell’esperienza giurisprudenziale gravano, quasi esclusivamente, sullo Stato costiero, mentre sarebbe opportuno un più diretto coinvolgimento degli Stati di bandiera delle navi soccorritrici. con riguardo alla redistribuzione dei migranti fra gli Stati membri della Unione.
2020
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