La proliferazione, agli inizi degli anni 90, delle Autorità amministrative indipendenti ha messo in crisi i tradizionali criteri di riparto delle funzioni statali. Si tratta, infatti, di organi sottratti all’indirizzo governativo e privi di una disciplina unitaria, le cui attribuzioni eterogenee (normative, sanzionatorie, di determinazione di prezzi e tariffe, di vigilanza e controllo) hanno suscitato, da subito, interrogativi circa la loro natura giuridica. Si è davanti ad una problematica dalle molteplici implicazioni pratiche dalla cui risoluzione dipende l’applicazione di istituti processuali e amministrativi profondamente diversi. Il pensiero del giurista corre alla riforma dell’art. 111 Cost. e alla possibilità di estendere alle molteplici attività pubblicistiche poste in essere da queste i principi del giusto processo, oppure quelli del giusto procedimento maturati dopo la l. n. 241 del 1990. Tale scelta, gravida di conseguenze in ordine alla tutela del cittadino, non può che dipendere dalla natura giurisdizionale o amministrativa delle authorities. Al riguardo, vi sono ormai autorevoli conferme circa la loro natura amministrativa che provengono tanto dalla dottrina quanto dalle supreme giurisdizioni. Ciò comporta che, scartata la natura giurisdizionale delle authorities, queste debbano essere collocate nella galassia dell’amministrazione. Non senza indagare, però, le ragioni che hanno indotto il legislatore a ricorrere a questo peculiare sistema di amministrazione sganciato dal modello costituzionale consacrato nell’art. 95 della Carta fondamentale. Probabilmente, si tratta di un fenomeno che va studiato congiuntamente con altri indirizzi di politica legislativa affermatisi a partire dagli anni 90 che, seppur con alcune contraddizioni, hanno sempre più distinto la funzione di indirizzo e controllo politico da quella di gestione (art. 5 l. n. 142 del 1990 e più in generale il d.lgs. n. 29 del 1993). Sembra, quindi, che il legislatore abbia avvertito la necessità di esaltare maggiormente il profilo di imparzialità dell’amministrazione a tutela dei diritti e degli interessi giuridicamente tutelati dei consociati ed è questa la corretta chiave di lettura con cui guardare al moltiplicarsi di dette autorità. Chiarita la natura delle authorities e evidenziata la ratio sottesa alla loro istituzione si richiede un loro più approfondito esame in relazione ai canoni del giusto procedimento e del giusto processo. Il primo dei due principi in parola rileva in relazione all’attività interna di dette istituzioni pubbliche e la sua analisi muove dalla considerazione che i procedimenti presso le autorità amministrative sono caratterizzati da una marcata procedimentalizzazione attraverso l’uso di forme istruttorie mutuate dai modelli giurisdizionali. L’elevato numero di Autorità indipendenti impone di concentrare l’esame su alcuni campioni significativi quali l’Antitrust, il Garante della privacy e la Consob al fine di esaminare i loro poteri istruttori ed evidenziare come l’attuazione del principio del contraddittorio si dimostri, alle volte, imperfetta. Al pari, del resto, del principio secondo cui ad ogni potere deve sempre corrispondere una responsabilità. Per quel che attiene, invece, al profilo esterno, la maggior celerità del rito amministrativo e la capacità del suo giudice di sindacare i percorsi giurisdizionali che hanno portato alla formulazione dell’atto contestato, fanno di detto giudizio il “giusto processo” dei provvedimenti delle autorità. In relazione a ciò non si può non guardare con sfavore ad ipotesi di riforma del loro sistema volte a sopprimere un grado di giudizio per l’impugnazione degli atti da queste emanati. Si realizzerebbe, così, un inversione dei valori da perseguire nello Stato costituzionale che si caratterizza non tanto per un’amministrazione efficiente ed efficace, ma per la contestuale tutela delle situazioni giuridiche dei singoli e delle formazioni sociali.

Giusto procedimento e giusto processo: il caso delle Autorità indipendenti

SAITTA, Antonio
2004-01-01

Abstract

La proliferazione, agli inizi degli anni 90, delle Autorità amministrative indipendenti ha messo in crisi i tradizionali criteri di riparto delle funzioni statali. Si tratta, infatti, di organi sottratti all’indirizzo governativo e privi di una disciplina unitaria, le cui attribuzioni eterogenee (normative, sanzionatorie, di determinazione di prezzi e tariffe, di vigilanza e controllo) hanno suscitato, da subito, interrogativi circa la loro natura giuridica. Si è davanti ad una problematica dalle molteplici implicazioni pratiche dalla cui risoluzione dipende l’applicazione di istituti processuali e amministrativi profondamente diversi. Il pensiero del giurista corre alla riforma dell’art. 111 Cost. e alla possibilità di estendere alle molteplici attività pubblicistiche poste in essere da queste i principi del giusto processo, oppure quelli del giusto procedimento maturati dopo la l. n. 241 del 1990. Tale scelta, gravida di conseguenze in ordine alla tutela del cittadino, non può che dipendere dalla natura giurisdizionale o amministrativa delle authorities. Al riguardo, vi sono ormai autorevoli conferme circa la loro natura amministrativa che provengono tanto dalla dottrina quanto dalle supreme giurisdizioni. Ciò comporta che, scartata la natura giurisdizionale delle authorities, queste debbano essere collocate nella galassia dell’amministrazione. Non senza indagare, però, le ragioni che hanno indotto il legislatore a ricorrere a questo peculiare sistema di amministrazione sganciato dal modello costituzionale consacrato nell’art. 95 della Carta fondamentale. Probabilmente, si tratta di un fenomeno che va studiato congiuntamente con altri indirizzi di politica legislativa affermatisi a partire dagli anni 90 che, seppur con alcune contraddizioni, hanno sempre più distinto la funzione di indirizzo e controllo politico da quella di gestione (art. 5 l. n. 142 del 1990 e più in generale il d.lgs. n. 29 del 1993). Sembra, quindi, che il legislatore abbia avvertito la necessità di esaltare maggiormente il profilo di imparzialità dell’amministrazione a tutela dei diritti e degli interessi giuridicamente tutelati dei consociati ed è questa la corretta chiave di lettura con cui guardare al moltiplicarsi di dette autorità. Chiarita la natura delle authorities e evidenziata la ratio sottesa alla loro istituzione si richiede un loro più approfondito esame in relazione ai canoni del giusto procedimento e del giusto processo. Il primo dei due principi in parola rileva in relazione all’attività interna di dette istituzioni pubbliche e la sua analisi muove dalla considerazione che i procedimenti presso le autorità amministrative sono caratterizzati da una marcata procedimentalizzazione attraverso l’uso di forme istruttorie mutuate dai modelli giurisdizionali. L’elevato numero di Autorità indipendenti impone di concentrare l’esame su alcuni campioni significativi quali l’Antitrust, il Garante della privacy e la Consob al fine di esaminare i loro poteri istruttori ed evidenziare come l’attuazione del principio del contraddittorio si dimostri, alle volte, imperfetta. Al pari, del resto, del principio secondo cui ad ogni potere deve sempre corrispondere una responsabilità. Per quel che attiene, invece, al profilo esterno, la maggior celerità del rito amministrativo e la capacità del suo giudice di sindacare i percorsi giurisdizionali che hanno portato alla formulazione dell’atto contestato, fanno di detto giudizio il “giusto processo” dei provvedimenti delle autorità. In relazione a ciò non si può non guardare con sfavore ad ipotesi di riforma del loro sistema volte a sopprimere un grado di giudizio per l’impugnazione degli atti da queste emanati. Si realizzerebbe, così, un inversione dei valori da perseguire nello Stato costituzionale che si caratterizza non tanto per un’amministrazione efficiente ed efficace, ma per la contestuale tutela delle situazioni giuridiche dei singoli e delle formazioni sociali.
2004
9788824022026
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