Una delle questioni più controverse nell’ambito dell’ormai quasi secolare elaborazione teorica relativa alla natura ed alla caratterizzazione complessiva degli organi che il sistema attribuisce la “custodia della Costituzione” riguarda proprio la connotazione politica o giurisdizionale degli stessi: come è ben noto, proprio in ordine a tale contrapposizione si è sviluppata, agli inizi del secolo scorso, una accesa polemica tra due autentici giganti del pensiero giuridico, come H. Kelsen e C. Schmitt. Nell’ambito della dottrina italiana, si è venuta progressivamente facendo strada la consapevolezza dell’insostenibilità di una rigida dicotomia tra politicità e giurisdizionalità nella caratterizzazione complessiva dell’organo di garanzia costituzionale, sicché se ne è predicata la natura “ibrida”, “ambigua”, “intermedia”. Ma permane, pervicace, la convinzione che tra le due possibili connotazioni sussista (non più una relazione di tipo dicotomico, ma comunque) un rapporto di – per così dire – proporzionalità inversa, per cui accrescere il tasso dell’una significa necessariamente ridurre il tasso dell’altra. La tesi che viene esposta nel saggio conduce invece al risultato di sovrapporre politicità e giurisdizionalità dell’organo di garanzia costituzionale. Un simile percorso appare segnato dal peculiare intreccio tra ordinamento giuridico e dimensione politica che attraversa e marca in profondità il costituzionalismo moderno e contemporaneo: essendo i valori costituzionali i fattori di unificazione e legittimazione del sistema (i “nuovi sovrani oggettivi”, secondo la fortunata definizione di Silvestri), è alla Corte costituzionale che deve riconoscersi la qualificazione di rappresentante politico, in quanto rende presente ed operante nel circuito decisionale dell’apparato pubblico l’istanza di superiorità della Costituzione rispetto ad ogni manifestazione autoritativa e di indisponibilità dei valori fondamentali da parte di tutti gli attori del sistema. Ma per tale via si marca con forza la natura giurisdizionale della stessa Corte costituzionale, poiché soltanto mediante l’esercizio di funzione giurisdizionale è possibile rappresentare un’unità politica positivizzata. Ed è ancora in forza della caratterizzazione giurisdizionale che è consentito affidare alla Corte costituzionale la funzione di “chiusura” del sistema, risolvendo definitivamente le controverse di rango costituzionale, senza pregiudicare i delicati equilibri di un ordinamento pluralistico. 

La natura giurisdizionale della Corte costituzionale tra rappresentanza politica ed esigenza di chiusura del sistema

D'ANDREA, Luigi
2008-01-01

Abstract

Una delle questioni più controverse nell’ambito dell’ormai quasi secolare elaborazione teorica relativa alla natura ed alla caratterizzazione complessiva degli organi che il sistema attribuisce la “custodia della Costituzione” riguarda proprio la connotazione politica o giurisdizionale degli stessi: come è ben noto, proprio in ordine a tale contrapposizione si è sviluppata, agli inizi del secolo scorso, una accesa polemica tra due autentici giganti del pensiero giuridico, come H. Kelsen e C. Schmitt. Nell’ambito della dottrina italiana, si è venuta progressivamente facendo strada la consapevolezza dell’insostenibilità di una rigida dicotomia tra politicità e giurisdizionalità nella caratterizzazione complessiva dell’organo di garanzia costituzionale, sicché se ne è predicata la natura “ibrida”, “ambigua”, “intermedia”. Ma permane, pervicace, la convinzione che tra le due possibili connotazioni sussista (non più una relazione di tipo dicotomico, ma comunque) un rapporto di – per così dire – proporzionalità inversa, per cui accrescere il tasso dell’una significa necessariamente ridurre il tasso dell’altra. La tesi che viene esposta nel saggio conduce invece al risultato di sovrapporre politicità e giurisdizionalità dell’organo di garanzia costituzionale. Un simile percorso appare segnato dal peculiare intreccio tra ordinamento giuridico e dimensione politica che attraversa e marca in profondità il costituzionalismo moderno e contemporaneo: essendo i valori costituzionali i fattori di unificazione e legittimazione del sistema (i “nuovi sovrani oggettivi”, secondo la fortunata definizione di Silvestri), è alla Corte costituzionale che deve riconoscersi la qualificazione di rappresentante politico, in quanto rende presente ed operante nel circuito decisionale dell’apparato pubblico l’istanza di superiorità della Costituzione rispetto ad ogni manifestazione autoritativa e di indisponibilità dei valori fondamentali da parte di tutti gli attori del sistema. Ma per tale via si marca con forza la natura giurisdizionale della stessa Corte costituzionale, poiché soltanto mediante l’esercizio di funzione giurisdizionale è possibile rappresentare un’unità politica positivizzata. Ed è ancora in forza della caratterizzazione giurisdizionale che è consentito affidare alla Corte costituzionale la funzione di “chiusura” del sistema, risolvendo definitivamente le controverse di rango costituzionale, senza pregiudicare i delicati equilibri di un ordinamento pluralistico. 
2008
9788834885017
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