Con questo saggio viene portata a compimento una serie di studi – iniziata con una relazione alla Normale di Pisa nel bicentenario della Rivoluzione francese – volta a chiarire il vero ruolo del giacobinismo siciliano, specie nel momento genetico, e i suoi nessi con il giacobinismo dell’intero Paese, specie quello napoletano. Alcuni intrecci si sono potuti chiarire solo grazie a nuove ricerche compiute dall’Autore presso l’Archivio di Stato di Palermo, integrandole con altre fonti. Il nodo principale consiste nel fatto che la congiura palermitana del 1795 di Francesco Paolo Di Blasi è stata lungamente sottovaluta persino, di recente, da uno studioso del calibro di Zaghi, che definisce l’intellettuale palermitano solo un “giovane studioso”. In realtà Francesco Paolo Di Blasi – facente capo a una cospicua famiglia siciliana, con storici, antiquari e vescovi, i fratelli Di Blasi, di cui fu nipote – fu un personaggio di primo piano, già collaboratore dei Borbone nella fase riformistica, passato poi all’opposizione dopo la svolta autoritaria dei viceré. La sua congiura non fu un fatto isolato bensì collegata con i giacobini piemontesi e liguri, come qui viene dimostrati per la prima volta, grazie ai suoi contatti con il giacobino piemontese Giovanni Antonio Ranza, che più volte si recò segretamente in Sicilia. Loro tramite fu, con tutta probabilità, il siciliano Pasquale Matera, originario di Sortino (Siracusa), un giacobino proveniente dalla borghesia professionale, del quale si erano perse le tracce dopo gli studi pionieristici di Renzo De Felice parecchi anni fa. La congiura palermitana, grazie al maturo intellettuale Di Blasi, fu più avanzata di quella napoletana dell’anno prece cedente, in cui, secondo le parole dello stesso Cuoco, furono coinvolti essenzialmente dei “giovanetti” in buona parte ignari di politica. Il Di Blasi, giurista, fu in certo senso precursore del napoletano Mario Pagano, che però giunse alla rottura antiborbonica solo grazie alla rivoluzione napoletana del 1799. In questa circolarità, viene qui rivalutata anche la figura del giacobino siciliano Pasquale Matera, estremo difensore della Repubblica partenopea nella fortezza di Sant’Elmo. Un giornale parigino nel 1799, dopo la caduta della Repubblica napoletana, ne commemorava i tre “eroi”, in ordine di importanza: Mario Pagano, Domenico Cirillo, e il siciliano Pasquale Matera.
Giacobinismo napoletano e giacobinismo siciliano: due percorsi storico-politici
SINDONI, Angelo
2008-01-01
Abstract
Con questo saggio viene portata a compimento una serie di studi – iniziata con una relazione alla Normale di Pisa nel bicentenario della Rivoluzione francese – volta a chiarire il vero ruolo del giacobinismo siciliano, specie nel momento genetico, e i suoi nessi con il giacobinismo dell’intero Paese, specie quello napoletano. Alcuni intrecci si sono potuti chiarire solo grazie a nuove ricerche compiute dall’Autore presso l’Archivio di Stato di Palermo, integrandole con altre fonti. Il nodo principale consiste nel fatto che la congiura palermitana del 1795 di Francesco Paolo Di Blasi è stata lungamente sottovaluta persino, di recente, da uno studioso del calibro di Zaghi, che definisce l’intellettuale palermitano solo un “giovane studioso”. In realtà Francesco Paolo Di Blasi – facente capo a una cospicua famiglia siciliana, con storici, antiquari e vescovi, i fratelli Di Blasi, di cui fu nipote – fu un personaggio di primo piano, già collaboratore dei Borbone nella fase riformistica, passato poi all’opposizione dopo la svolta autoritaria dei viceré. La sua congiura non fu un fatto isolato bensì collegata con i giacobini piemontesi e liguri, come qui viene dimostrati per la prima volta, grazie ai suoi contatti con il giacobino piemontese Giovanni Antonio Ranza, che più volte si recò segretamente in Sicilia. Loro tramite fu, con tutta probabilità, il siciliano Pasquale Matera, originario di Sortino (Siracusa), un giacobino proveniente dalla borghesia professionale, del quale si erano perse le tracce dopo gli studi pionieristici di Renzo De Felice parecchi anni fa. La congiura palermitana, grazie al maturo intellettuale Di Blasi, fu più avanzata di quella napoletana dell’anno prece cedente, in cui, secondo le parole dello stesso Cuoco, furono coinvolti essenzialmente dei “giovanetti” in buona parte ignari di politica. Il Di Blasi, giurista, fu in certo senso precursore del napoletano Mario Pagano, che però giunse alla rottura antiborbonica solo grazie alla rivoluzione napoletana del 1799. In questa circolarità, viene qui rivalutata anche la figura del giacobino siciliano Pasquale Matera, estremo difensore della Repubblica partenopea nella fortezza di Sant’Elmo. Un giornale parigino nel 1799, dopo la caduta della Repubblica napoletana, ne commemorava i tre “eroi”, in ordine di importanza: Mario Pagano, Domenico Cirillo, e il siciliano Pasquale Matera.Pubblicazioni consigliate
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