È opera ardua annichilire una metropoli mediterranea di età moderna, come la Messina di Lepanto o quella della Palazzata, indiscussa dominatrice dello Stretto. Nonostante il piano di ricostruzione, frammenti della città storica sono rimasti incastonati tra gli edifici della città novecentesca e continuano a parlare a quelle pochissime orecchie che conoscono il loro linguaggio. Più che parole sono varchi verso un’alterità dimensionale. «Dal punto di vista spaziale, l’estraniamento […] nasce dalla coincidenza dell’essenza delle cose con la loro assenza». Estraniarsi dalle contingenze della città, isolarsi dall’ambiente urbano in cui viviamo è origine di un irto sentiero della conoscenza che può condurre fino alla percezione della clessidra di essenza e assenza. Quando si giunge a versare/misurare l’una nell’altra e poi ancora, capovolgendo, a confondere l’altra nell’una, si è giunti nella prossimità del fondamento mancante. La fenditura che consente l’estraneamento, dunque la sintonia con l’altra Messina – quella invisibile – appare come un oggetto di soglia, un accidente di transito: un varco appunto che improvvisamente strappa dall’uguale per condurre nella differenza. Sono pochi e magici capisaldi, feriti e umiliati anch’essi. Alcuni appartengono all’architettura chiesastica, altri a quella laica. Altri ancora a quella militare. Chiese e architetture civili. Il Nuovo, che sorge sulla medesima superficie di un giovane ente e a sua volta ne ignora altro ben più gravido di connotazioni, non può interrogarsi sull’etica del parricidio perché ne è figlio diretto. Rimane così fedelmente nel solco della tradizione da cui è stato alimentato. Agli occhi del Nuovo appare invece delirante chi pretenderebbe di condizionare il presente alla eventuale riscoperta – del tutto fortuita – di una radice antica. È una evidente sintomatologia dell’interiorizzato malessere urbano. Messina infatti, in quanto città le cui giovani radici rimangono – suo malgrado – confitte in un passato millenario, che talvolta riappare, quando accidentalmente ne apprende l’esistenza e dovrebbe accingersi a leggerlo con sapiente tecnica ecdotica, tende alla dislessia, disturbo della lettura che nei bambini è difficoltà a impararla e negli adulti necessità a interromperla a causa di forte malessere. Non si cancella l’Origine, perché a tutte le generazioni che verranno si impedirà di sentirsi a casa, dunque di potervi fare ritorno. Non si elimina la Storia perché solo avendo percorso tutta la strada indietro ci si può presentare per l’attuale e oltrepassarlo. Non si omologa il molteplice irregolare alla metrologia euclidea perché si uccide la fantasia. Non ci si reinventa, sul mare, una città di terra perché, così facendo, la congenita cecità di politici chiamati alla guida della città non si accorgerà mai di amministrare soltanto una protesi.

Ragionamento sulla città tradita

ARICO', Nicola
2008-01-01

Abstract

È opera ardua annichilire una metropoli mediterranea di età moderna, come la Messina di Lepanto o quella della Palazzata, indiscussa dominatrice dello Stretto. Nonostante il piano di ricostruzione, frammenti della città storica sono rimasti incastonati tra gli edifici della città novecentesca e continuano a parlare a quelle pochissime orecchie che conoscono il loro linguaggio. Più che parole sono varchi verso un’alterità dimensionale. «Dal punto di vista spaziale, l’estraniamento […] nasce dalla coincidenza dell’essenza delle cose con la loro assenza». Estraniarsi dalle contingenze della città, isolarsi dall’ambiente urbano in cui viviamo è origine di un irto sentiero della conoscenza che può condurre fino alla percezione della clessidra di essenza e assenza. Quando si giunge a versare/misurare l’una nell’altra e poi ancora, capovolgendo, a confondere l’altra nell’una, si è giunti nella prossimità del fondamento mancante. La fenditura che consente l’estraneamento, dunque la sintonia con l’altra Messina – quella invisibile – appare come un oggetto di soglia, un accidente di transito: un varco appunto che improvvisamente strappa dall’uguale per condurre nella differenza. Sono pochi e magici capisaldi, feriti e umiliati anch’essi. Alcuni appartengono all’architettura chiesastica, altri a quella laica. Altri ancora a quella militare. Chiese e architetture civili. Il Nuovo, che sorge sulla medesima superficie di un giovane ente e a sua volta ne ignora altro ben più gravido di connotazioni, non può interrogarsi sull’etica del parricidio perché ne è figlio diretto. Rimane così fedelmente nel solco della tradizione da cui è stato alimentato. Agli occhi del Nuovo appare invece delirante chi pretenderebbe di condizionare il presente alla eventuale riscoperta – del tutto fortuita – di una radice antica. È una evidente sintomatologia dell’interiorizzato malessere urbano. Messina infatti, in quanto città le cui giovani radici rimangono – suo malgrado – confitte in un passato millenario, che talvolta riappare, quando accidentalmente ne apprende l’esistenza e dovrebbe accingersi a leggerlo con sapiente tecnica ecdotica, tende alla dislessia, disturbo della lettura che nei bambini è difficoltà a impararla e negli adulti necessità a interromperla a causa di forte malessere. Non si cancella l’Origine, perché a tutte le generazioni che verranno si impedirà di sentirsi a casa, dunque di potervi fare ritorno. Non si elimina la Storia perché solo avendo percorso tutta la strada indietro ci si può presentare per l’attuale e oltrepassarlo. Non si omologa il molteplice irregolare alla metrologia euclidea perché si uccide la fantasia. Non ci si reinventa, sul mare, una città di terra perché, così facendo, la congenita cecità di politici chiamati alla guida della città non si accorgerà mai di amministrare soltanto una protesi.
2008
9788836613090
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