Negli ordinamenti costituzionali contemporanei si assiste ad un duplice (ed apparentemente contraddittorio) processo: per un verso, si universalizza il principio di legalità in senso sostanziale, sicché nessun atto che si presenti come esercizio di pubblica funzione si configura come veramente libero, cioè privo di parametri nomativi; pere altro verso, è ormai universalmente riconosciuta in seno ad ogni manifestazione autoritativa la presenza di un margine (più o meno ampio) di innovativa creatività, restando confinati ad ipotesi davvero marginali (anzi, veri e propri “casi di scuola”) le figure di attività autenticamente vincolata. Ne deriva la generalizzazione del carattere discrezionale del potere pubblico, ravvisandosi il proprium della discrezionalità, secondo la tradizionale ricostruzione dottrinale (segnatamente, amministrativistica, rappresentando da sempre la categoria in esame “il cuore” dell’attività amministrativa), nella coesistenza di vincolo e libertà: vincolo rispetto al fine individuato dalla legge (conformemente alla natura funzionale dell’attività amministrativa), libertà in ordine alla scelta del mezzo da utilizzare in vista del conseguimento del fine. Come può constatarsi, la discrezionalità si situa strategicamente lungo la linea di tensione dialettica tra essere e dover essere, tra legis latio e legis executio, tra direzione politica e gestione amministrativa, tra conoscenza e volontà; ed essa si presenta come l’intreccio di vincolo e libertà che si genera in capo all’autore dell’atto in riferimento alla legge, gerarchicamente sovraordinata secondo una dinamica unidirezionale (dall’alto verso il basso). Il saggio propone una ricostruzione diversa della discrezionalità che caratterizza ogni esercizio di pubblico potere, secondo una prospettiva connotata da una dialettica circolare tra sfera giuridico-normativa e dimensione effettuale: la discrezionalità ne viene riplasmata nel senso della coesistenza tra due vincoli, l’uno al sistema normativo, l’altro al fatto (precisamente nella sua alterità rispetto all’universo giuridico-formale), strutturalmente e funzionalmente collegati (secondo una logica di tipo sinergico) in direzione di una congrua ed equilibrata protezione degli interessi giuridicamente rilevanti coinvolti dall’esercizio del pubblico potere. Sono dunque due i poli (quello normativo e quello fattuale) che orientano e guidano l’attività del soggetto dotato di pubblico potere (di ogni soggetto dotato di pubblico potere) ed insieme se ne configurano come fattori di qualificazione sul terreno della validità.
La discrezionalità dei pubblici poteri come doppio vincolo
D'ANDREA, Luigi
2010-01-01
Abstract
Negli ordinamenti costituzionali contemporanei si assiste ad un duplice (ed apparentemente contraddittorio) processo: per un verso, si universalizza il principio di legalità in senso sostanziale, sicché nessun atto che si presenti come esercizio di pubblica funzione si configura come veramente libero, cioè privo di parametri nomativi; pere altro verso, è ormai universalmente riconosciuta in seno ad ogni manifestazione autoritativa la presenza di un margine (più o meno ampio) di innovativa creatività, restando confinati ad ipotesi davvero marginali (anzi, veri e propri “casi di scuola”) le figure di attività autenticamente vincolata. Ne deriva la generalizzazione del carattere discrezionale del potere pubblico, ravvisandosi il proprium della discrezionalità, secondo la tradizionale ricostruzione dottrinale (segnatamente, amministrativistica, rappresentando da sempre la categoria in esame “il cuore” dell’attività amministrativa), nella coesistenza di vincolo e libertà: vincolo rispetto al fine individuato dalla legge (conformemente alla natura funzionale dell’attività amministrativa), libertà in ordine alla scelta del mezzo da utilizzare in vista del conseguimento del fine. Come può constatarsi, la discrezionalità si situa strategicamente lungo la linea di tensione dialettica tra essere e dover essere, tra legis latio e legis executio, tra direzione politica e gestione amministrativa, tra conoscenza e volontà; ed essa si presenta come l’intreccio di vincolo e libertà che si genera in capo all’autore dell’atto in riferimento alla legge, gerarchicamente sovraordinata secondo una dinamica unidirezionale (dall’alto verso il basso). Il saggio propone una ricostruzione diversa della discrezionalità che caratterizza ogni esercizio di pubblico potere, secondo una prospettiva connotata da una dialettica circolare tra sfera giuridico-normativa e dimensione effettuale: la discrezionalità ne viene riplasmata nel senso della coesistenza tra due vincoli, l’uno al sistema normativo, l’altro al fatto (precisamente nella sua alterità rispetto all’universo giuridico-formale), strutturalmente e funzionalmente collegati (secondo una logica di tipo sinergico) in direzione di una congrua ed equilibrata protezione degli interessi giuridicamente rilevanti coinvolti dall’esercizio del pubblico potere. Sono dunque due i poli (quello normativo e quello fattuale) che orientano e guidano l’attività del soggetto dotato di pubblico potere (di ogni soggetto dotato di pubblico potere) ed insieme se ne configurano come fattori di qualificazione sul terreno della validità.Pubblicazioni consigliate
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