La riforma del diritto di famiglia realizza il pieno coordinamento tra Costituzione e Codice civile: la previsione dell’art. 29 cost. prospetta un assetto dei rapporti familiari in cui viene dato risalto al momento comunitario ed all’aspetto unitario della famiglia, e dunque all’interesse familiare; ma nello stesso tempo è anche garantito l’interesse individuale dei soggetti che compongono la famiglia. Lo statuto generale dei rapporti coniugali, fissato dal legislatore della riforma, è sviluppato in tre linee di situazioni giuridiche: poteri e doveri essenzialmente reciproci (fedeltà, assistenza morale e materiale, coabitazione); poteri e doveri reciproci, ma funzionali all’interesse familiare e dunque preordinati alla solidarietà (collaborazione nell’interesse della famiglia e determinazione dell’indirizzo familiare); poteri e doveri essenzialmente solidali (contribuzione). Vanno ridefinendosi nella realtà, nella riflessione della dottrina e nelle decisioni delle Corti i significati dei diritti e degli obblighi coniugali che derivano dal matrimonio. Sul piano interpretativo-sistematico, la svolta valoriale attuata con la riforma impone una diversa lettura delle apparentemente identiche situazioni giuridiche attive e passive che caratterizzano i rapporti di coniugio. Per altro verso, grande rilievo assume l’ingresso del rimedio risarcitorio nel sistema del diritto di famiglia, per lungo tempo considerato un sistema di lex specialis, chiuso e completo, che non consente di applicare ai rapporti matrimoniali schemi estremamente tecnici quali quello della responsabilità aquiliana. L’art. 143 bis, aggiunto ex art. 25, l. 19.5.1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), non è stato introdotto nel codice civile per riconoscere la prevalenza del marito, bensì per permettere l’identificazione di un determinato nucleo familiare, ma senza che ciò possa determinare una menomazione del principio di parità dei coniugi, essendo tutelata l’individualità della donna, alla quale è dato conservare il cognome originario. La disciplina relativa al cognome familiare, tuttavia, appare in fase di evoluzione. Il Consiglio d’Europa – con le raccomandazioni n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998 – ha affermato che il mantenimento di previsioni discriminatorie tra donne e uomini riguardo alla scelta del nome di famiglia non è compatibile con il principio di uguaglianza e ha raccomandato agli Stati inadempienti di assicurare la piena uguaglianza in occasione del matrimonio in relazione alla scelta del cognome comune ai due partners.

Artt. 143-143 bis c.c. Diritti e doveri reciproci dei coniugi. Cognome della moglie

TOMMASINI, Raffaele
2010-01-01

Abstract

La riforma del diritto di famiglia realizza il pieno coordinamento tra Costituzione e Codice civile: la previsione dell’art. 29 cost. prospetta un assetto dei rapporti familiari in cui viene dato risalto al momento comunitario ed all’aspetto unitario della famiglia, e dunque all’interesse familiare; ma nello stesso tempo è anche garantito l’interesse individuale dei soggetti che compongono la famiglia. Lo statuto generale dei rapporti coniugali, fissato dal legislatore della riforma, è sviluppato in tre linee di situazioni giuridiche: poteri e doveri essenzialmente reciproci (fedeltà, assistenza morale e materiale, coabitazione); poteri e doveri reciproci, ma funzionali all’interesse familiare e dunque preordinati alla solidarietà (collaborazione nell’interesse della famiglia e determinazione dell’indirizzo familiare); poteri e doveri essenzialmente solidali (contribuzione). Vanno ridefinendosi nella realtà, nella riflessione della dottrina e nelle decisioni delle Corti i significati dei diritti e degli obblighi coniugali che derivano dal matrimonio. Sul piano interpretativo-sistematico, la svolta valoriale attuata con la riforma impone una diversa lettura delle apparentemente identiche situazioni giuridiche attive e passive che caratterizzano i rapporti di coniugio. Per altro verso, grande rilievo assume l’ingresso del rimedio risarcitorio nel sistema del diritto di famiglia, per lungo tempo considerato un sistema di lex specialis, chiuso e completo, che non consente di applicare ai rapporti matrimoniali schemi estremamente tecnici quali quello della responsabilità aquiliana. L’art. 143 bis, aggiunto ex art. 25, l. 19.5.1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), non è stato introdotto nel codice civile per riconoscere la prevalenza del marito, bensì per permettere l’identificazione di un determinato nucleo familiare, ma senza che ciò possa determinare una menomazione del principio di parità dei coniugi, essendo tutelata l’individualità della donna, alla quale è dato conservare il cognome originario. La disciplina relativa al cognome familiare, tuttavia, appare in fase di evoluzione. Il Consiglio d’Europa – con le raccomandazioni n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998 – ha affermato che il mantenimento di previsioni discriminatorie tra donne e uomini riguardo alla scelta del nome di famiglia non è compatibile con il principio di uguaglianza e ha raccomandato agli Stati inadempienti di assicurare la piena uguaglianza in occasione del matrimonio in relazione alla scelta del cognome comune ai due partners.
2010
9788859804826
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