L’esperienza del Risorgimento e il processo di unificazione dello Stato italiano sono visti alla luce degli analoghi eventi storici europei e delle successive tappe della costruzione di una identità nazionale italiana. In particolare, questi ultimi si presentano come contraddittori, condizionati come sono stati da forme di centralizzazione burocratica e da spinte centrifughe delle diverse identità regionali e locali. Le discipline etnoantropologiche in Italia come in altri paesi europei hanno contribuito alla enfatizzazione delle cosiddette tradizioni popolari che, se da un lato dovevano servire a definire e concretizzare l’identità dello Stato-Nazione, dall’altra ne evidenziavano la natura frammentaria e diversificata. Nella vicenda risorgimentale si intrecciano due esigenze che solitamente vengono confuse e sovrapposte, mentre vanno analizzate separatamente: l’affermazione di valori borghesi che hanno modernizzato il Paese, come grande acquisizione positiva di quella fase storico-politica, e il progetto di fare degli italiani una identità nazionale indistinta e omogenea. Mentre la prima esigenza ha configurato aspetti certamente positivi, la seconda ha costituito la base autoritaria dell’Unità stessa, della Prima Guerra Mondiale, del Colonialismo italiano e dell’esperienza fascista. In questo percorso storico vengono individuati momenti in cui maggiore è stata la identificazione della popolazione con lo Stato-Nazione, come la Grande Guerra e la guerra d’Etiopia, eventi che, anche per la loro drammaticità, tendevano ad affievolire le spinte particolaristiche. Al contrario, per un paradosso che può apparire incomprensibile, il fascismo ha contribuito nella sua forma movimentista e ideologica a rendere gli italiani più scettici circa la possibilità di costruirsi come Stato-Nazione. Proprio la caduta del regime coincide con una frattura del Paese che resterà abbastanza leggibile nel corso di tutto il secondo dopoguerra. Le spinte federaliste contemporanee appaiono in questo quadro come un’ulteriore contraddizione e complicazione. Esse, infatti, non discendono da una consolidata e storica convergenza federale di identità forti dei territori, ma, al contrario, dalla sommatoria delle debolezze strutturali degli stessi territori, stretti tra fenomeni economici e sociali specifici e forme di standardizzazione addirittura transnazionali. Il cosiddetto federalismo fiscale, almeno nella forma con cui si presenta nelle linee tracciate dalla legislazione adottata, non aumenta l’autonomia dei territori e non crea propensioni alla solidarietà, ma semplicemente prende atto dell’impossibilità di politiche generali.

L'identità del Mezzogiorno nello Stato-Nazione dal Risorgimento al federalismo

BOLOGNARI, Mario
2012-01-01

Abstract

L’esperienza del Risorgimento e il processo di unificazione dello Stato italiano sono visti alla luce degli analoghi eventi storici europei e delle successive tappe della costruzione di una identità nazionale italiana. In particolare, questi ultimi si presentano come contraddittori, condizionati come sono stati da forme di centralizzazione burocratica e da spinte centrifughe delle diverse identità regionali e locali. Le discipline etnoantropologiche in Italia come in altri paesi europei hanno contribuito alla enfatizzazione delle cosiddette tradizioni popolari che, se da un lato dovevano servire a definire e concretizzare l’identità dello Stato-Nazione, dall’altra ne evidenziavano la natura frammentaria e diversificata. Nella vicenda risorgimentale si intrecciano due esigenze che solitamente vengono confuse e sovrapposte, mentre vanno analizzate separatamente: l’affermazione di valori borghesi che hanno modernizzato il Paese, come grande acquisizione positiva di quella fase storico-politica, e il progetto di fare degli italiani una identità nazionale indistinta e omogenea. Mentre la prima esigenza ha configurato aspetti certamente positivi, la seconda ha costituito la base autoritaria dell’Unità stessa, della Prima Guerra Mondiale, del Colonialismo italiano e dell’esperienza fascista. In questo percorso storico vengono individuati momenti in cui maggiore è stata la identificazione della popolazione con lo Stato-Nazione, come la Grande Guerra e la guerra d’Etiopia, eventi che, anche per la loro drammaticità, tendevano ad affievolire le spinte particolaristiche. Al contrario, per un paradosso che può apparire incomprensibile, il fascismo ha contribuito nella sua forma movimentista e ideologica a rendere gli italiani più scettici circa la possibilità di costruirsi come Stato-Nazione. Proprio la caduta del regime coincide con una frattura del Paese che resterà abbastanza leggibile nel corso di tutto il secondo dopoguerra. Le spinte federaliste contemporanee appaiono in questo quadro come un’ulteriore contraddizione e complicazione. Esse, infatti, non discendono da una consolidata e storica convergenza federale di identità forti dei territori, ma, al contrario, dalla sommatoria delle debolezze strutturali degli stessi territori, stretti tra fenomeni economici e sociali specifici e forme di standardizzazione addirittura transnazionali. Il cosiddetto federalismo fiscale, almeno nella forma con cui si presenta nelle linee tracciate dalla legislazione adottata, non aumenta l’autonomia dei territori e non crea propensioni alla solidarietà, ma semplicemente prende atto dell’impossibilità di politiche generali.
2012
9788890617713
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