Uno degli aspetti più impegnativi ed affascinanti, al contempo, della ricerca, consiste in quell’esplorazione che è invalso chiamare in modo forse troppo altisonante, rispetto a quello che umanamente è possibile raggiungere come conoscenza: stato dell’arte. Ciò può apparire meno impegnativo man mano che la nostra ricerca focalizza il centro del suo interesse; non crediamo a questa lusinga. Esemplifico facendo riferimento ad un argomento la cui insidiosità conoscono coloro che per una qualche ragione hanno avuto la necessità di riportare più generi di informazioni su di un disegno e, particolarmente, in quelli che, pur sommariamente, almeno all’apparenza, descrivono planarmente uno spazio. Se questi disegni in sezioni orizzontali di spazi, che sappiamo essere il centro dell’interesse dell’architettura, le piante, come comunemente le nominiamo, sono disegni di rilievo, quindi di conoscenza di una qualche realtà spaziale, li stessimo eseguendo mentre ci troviamo proprio dentro quella realtà spaziale, normalmente, non possiamo far altro che produrre un approssimativo, seppur precisissimo testimone di quella realtà da servire per quando vi saremo lontani e probabilmente, non più presi dalla fascinazione dello spazio visitato, potremo essere cioè, più distaccati, per esitare le nostre deduzioni, dalla vastita’ delle conoscenze riportate. Volendo procedere sino in fondo nella esemplificazione-metafora del linguaggio per immagini rispetto a quello per testi letterari; ci siamo imbattuti in una imperfezione di parallelismo. Ci chiediamo infatti quale sia il parallelo di quelle informazioni che sintetizziamo su di un foglio disegnato in modo estemporaneo, quanto la nostra abilità tecnica, il mestiere, ci consente; nel linguaggio parlato-scritto, fatto di segni anch’essi, ma subito riportanti una micro rielaborazione concettuale che il testo letterario più facilmente comporta. Ebbene, ritengo essere specificità del disegno, una tale forma dì estemporaneità che inserisce, nascondendole anche a noi stessi, notazioni disponibili successivamente, allora non frutto di razionalizzazioni ma acquisizione diretta ed inconscia. Altri, con differenti esperienze, potranno trovare che l’analogo sia nella poesia, nel fraseggio portatore di ritmi per cui, al di la delle parole, è nella costruzione spaziale del suono che si comunicano sensazioni, moti dell’animo altrimenti difficilmente comunicabili con verità. Sovviene pure quella comunicazione fatta di oggetti disposti su di un piano, spostati, agitati nell’aria che Marco Polo usa per comunicare con Kublai Kan, per raccontargli le storie fantastiche che avvicineranno il sovrano alla comprensione del suo impero, più di quanto i più minuziosi e dettagliati resoconti scritti, fitti di dati, dei suoi altri emissari nell’impero, gli riescono a dare come conoscenza di quella variegata realtà.
ARCHITETTURA COME CONTINUITà. NOTE SULL’ESPERIENZADI RICERCA E L’USO DEI MATERIALI DI BASE
MARCHESE, CLAUDIO
2011-01-01
Abstract
Uno degli aspetti più impegnativi ed affascinanti, al contempo, della ricerca, consiste in quell’esplorazione che è invalso chiamare in modo forse troppo altisonante, rispetto a quello che umanamente è possibile raggiungere come conoscenza: stato dell’arte. Ciò può apparire meno impegnativo man mano che la nostra ricerca focalizza il centro del suo interesse; non crediamo a questa lusinga. Esemplifico facendo riferimento ad un argomento la cui insidiosità conoscono coloro che per una qualche ragione hanno avuto la necessità di riportare più generi di informazioni su di un disegno e, particolarmente, in quelli che, pur sommariamente, almeno all’apparenza, descrivono planarmente uno spazio. Se questi disegni in sezioni orizzontali di spazi, che sappiamo essere il centro dell’interesse dell’architettura, le piante, come comunemente le nominiamo, sono disegni di rilievo, quindi di conoscenza di una qualche realtà spaziale, li stessimo eseguendo mentre ci troviamo proprio dentro quella realtà spaziale, normalmente, non possiamo far altro che produrre un approssimativo, seppur precisissimo testimone di quella realtà da servire per quando vi saremo lontani e probabilmente, non più presi dalla fascinazione dello spazio visitato, potremo essere cioè, più distaccati, per esitare le nostre deduzioni, dalla vastita’ delle conoscenze riportate. Volendo procedere sino in fondo nella esemplificazione-metafora del linguaggio per immagini rispetto a quello per testi letterari; ci siamo imbattuti in una imperfezione di parallelismo. Ci chiediamo infatti quale sia il parallelo di quelle informazioni che sintetizziamo su di un foglio disegnato in modo estemporaneo, quanto la nostra abilità tecnica, il mestiere, ci consente; nel linguaggio parlato-scritto, fatto di segni anch’essi, ma subito riportanti una micro rielaborazione concettuale che il testo letterario più facilmente comporta. Ebbene, ritengo essere specificità del disegno, una tale forma dì estemporaneità che inserisce, nascondendole anche a noi stessi, notazioni disponibili successivamente, allora non frutto di razionalizzazioni ma acquisizione diretta ed inconscia. Altri, con differenti esperienze, potranno trovare che l’analogo sia nella poesia, nel fraseggio portatore di ritmi per cui, al di la delle parole, è nella costruzione spaziale del suono che si comunicano sensazioni, moti dell’animo altrimenti difficilmente comunicabili con verità. Sovviene pure quella comunicazione fatta di oggetti disposti su di un piano, spostati, agitati nell’aria che Marco Polo usa per comunicare con Kublai Kan, per raccontargli le storie fantastiche che avvicineranno il sovrano alla comprensione del suo impero, più di quanto i più minuziosi e dettagliati resoconti scritti, fitti di dati, dei suoi altri emissari nell’impero, gli riescono a dare come conoscenza di quella variegata realtà.Pubblicazioni consigliate
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