Fra le procedure concorsuali, la liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.) presenta elementi di spiccata originalità, che ne fanno un istituto, per alcuni versi, diretto a sanzionare le irregolarità accertate in capo all’imprenditore vigilato e, per altri, comunque finalizzato a liquidare il compendio aziendale. In alcune aree dell’economia nazionale, infatti, l’impatto dell’attività d’impresa è tale da coinvolgere interessi generali, alla cui tutela l’ordinamento ritiene di provvedere sia in via preventiva, dettando discipline di settore e preponendo autorità amministrative alla vigilanza delle imprese interessate, che in via successiva, affidando appunto a tali autorità anche la vigilanza sulla eventuale fase liquidatoria. La l.c.a. nasce dunque dall’esigenza di regolare singole situazioni di crisi nelle quali, già dall’avvio dell’attività d’impresa, l’ampia cerchia degli interessi coinvolti giustifica l’intervento pubblico. Non è un caso che la prima apparizione della procedura si registra con la l. 15 luglio 1888, n. 5546 rivolta alle Casse di risparmio perché considerate enti non commerciali e, successivamente, estesa ad altri enti (enti autonomi di consumo, istituti per le case popolari, ecc.), rispetto ai quali si confermava la medesima ritrosia a considerare commerciale l’istituto di promanazione pubblica. Soltanto con la codificazione del 1942 fu possibile superare il limite dell’applicabilità dello statuto dell’imprenditore commerciale all’ente pubblico (art. 2201 c.c.), pur prevedendosi (ed oggi ribadendosi) espressamente la sottrazione di quest’ultimo alla procedura fallimentare (artt. 2221 c.c. e 1 l. fall.). Progressivamente, assistendosi ad una dilatazione degli spazi di intervento che lo Stato si riservava nelle relazioni economiche private, sono andati aumentando anche i casi in cui l’interesse pubblico assumeva una posizione di centralità nello svolgimento dell’attività di talune imprese (anche commerciali) di grandi dimensioni, così da rendere ineludibile il ricorso alla previsione della l.c.a., ad esempio, per le società controllate dall’Istituto di ricostruzione industriale (I.R.I., nel 1933), ovvero per le società assistite dallo Stato con finanziamenti o garanzie per oltre quattro volte il capitale (nel 1935). Gli studiosi hanno più volte tentato di individuare una disposizione unitaria che indicasse espressamente quali fossero i presupposti comuni per assoggettare le imprese a l.c.a., ma a tutt’oggi, nonostante l’occasione di intervento posta dalla riforma contenuta nel d.lgs. 5/2006, l’art. 2 l. fall. conferma che è la legge a determinare i soggetti da sottoporre alla procedura, i casi in cui essa può disporsi e le autorità amministrative all’uopo competenti. Attraverso l’esame della disciplina speciale, può essere tuttavia composto un elenco dei principali soggetti legittimati passivamente alla procedura: le società cooperative, secondo quanto stabilito dagli artt. 2545 terdecies e 2545 septiesdecies c.c.; i consorzi e le associazioni di cooperative (l. 1274/1927); i consorzi industriali (l. 834/1932); i consorzi agrari (artt. 1 e 35 d.l. 1236/1948); le casse di risparmio, ai sensi rispettivamente degli artt. 42-43 T.U. 967/1929 e artt. 44-64 r.d. 223/1931; le casse rurali e artigiane, le banche, i monti di credito su pegni (artt. 80 ss. e 161 t.u.b.); gli istituti autonomi delle case popolari, ex art. 23 r.d. 1165/1938; le società fiduciarie e di revisione (l. 430/1986); le SIM, le SICAV e le società di gestione accentrata (artt. 57 e 83 t.u.f.); le imprese di assicurazione, in forza degli artt. 245 ss. c. ass. (d.lgs. 209/2005).

COMMENTO ALL'ART. 194 DELLA LEGGE FALLIMENTARE

LATELLA, Dario
2007-01-01

Abstract

Fra le procedure concorsuali, la liquidazione coatta amministrativa (l.c.a.) presenta elementi di spiccata originalità, che ne fanno un istituto, per alcuni versi, diretto a sanzionare le irregolarità accertate in capo all’imprenditore vigilato e, per altri, comunque finalizzato a liquidare il compendio aziendale. In alcune aree dell’economia nazionale, infatti, l’impatto dell’attività d’impresa è tale da coinvolgere interessi generali, alla cui tutela l’ordinamento ritiene di provvedere sia in via preventiva, dettando discipline di settore e preponendo autorità amministrative alla vigilanza delle imprese interessate, che in via successiva, affidando appunto a tali autorità anche la vigilanza sulla eventuale fase liquidatoria. La l.c.a. nasce dunque dall’esigenza di regolare singole situazioni di crisi nelle quali, già dall’avvio dell’attività d’impresa, l’ampia cerchia degli interessi coinvolti giustifica l’intervento pubblico. Non è un caso che la prima apparizione della procedura si registra con la l. 15 luglio 1888, n. 5546 rivolta alle Casse di risparmio perché considerate enti non commerciali e, successivamente, estesa ad altri enti (enti autonomi di consumo, istituti per le case popolari, ecc.), rispetto ai quali si confermava la medesima ritrosia a considerare commerciale l’istituto di promanazione pubblica. Soltanto con la codificazione del 1942 fu possibile superare il limite dell’applicabilità dello statuto dell’imprenditore commerciale all’ente pubblico (art. 2201 c.c.), pur prevedendosi (ed oggi ribadendosi) espressamente la sottrazione di quest’ultimo alla procedura fallimentare (artt. 2221 c.c. e 1 l. fall.). Progressivamente, assistendosi ad una dilatazione degli spazi di intervento che lo Stato si riservava nelle relazioni economiche private, sono andati aumentando anche i casi in cui l’interesse pubblico assumeva una posizione di centralità nello svolgimento dell’attività di talune imprese (anche commerciali) di grandi dimensioni, così da rendere ineludibile il ricorso alla previsione della l.c.a., ad esempio, per le società controllate dall’Istituto di ricostruzione industriale (I.R.I., nel 1933), ovvero per le società assistite dallo Stato con finanziamenti o garanzie per oltre quattro volte il capitale (nel 1935). Gli studiosi hanno più volte tentato di individuare una disposizione unitaria che indicasse espressamente quali fossero i presupposti comuni per assoggettare le imprese a l.c.a., ma a tutt’oggi, nonostante l’occasione di intervento posta dalla riforma contenuta nel d.lgs. 5/2006, l’art. 2 l. fall. conferma che è la legge a determinare i soggetti da sottoporre alla procedura, i casi in cui essa può disporsi e le autorità amministrative all’uopo competenti. Attraverso l’esame della disciplina speciale, può essere tuttavia composto un elenco dei principali soggetti legittimati passivamente alla procedura: le società cooperative, secondo quanto stabilito dagli artt. 2545 terdecies e 2545 septiesdecies c.c.; i consorzi e le associazioni di cooperative (l. 1274/1927); i consorzi industriali (l. 834/1932); i consorzi agrari (artt. 1 e 35 d.l. 1236/1948); le casse di risparmio, ai sensi rispettivamente degli artt. 42-43 T.U. 967/1929 e artt. 44-64 r.d. 223/1931; le casse rurali e artigiane, le banche, i monti di credito su pegni (artt. 80 ss. e 161 t.u.b.); gli istituti autonomi delle case popolari, ex art. 23 r.d. 1165/1938; le società fiduciarie e di revisione (l. 430/1986); le SIM, le SICAV e le società di gestione accentrata (artt. 57 e 83 t.u.f.); le imprese di assicurazione, in forza degli artt. 245 ss. c. ass. (d.lgs. 209/2005).
2007
9788808201201
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