Nel punto esattamente centrale del primo episodio della trilogia di "Matrix" (1999-2003) è posta la chiave di volta narrativa del film: la scena del tradimento di Cypher, nota anche come la scena del ristorante, che ha ricevuto fin da subito un’attenzione speciale da parte degli studiosi. Per quanto riguarda il tenore delle interpretazioni, finora è stata quasi una gara a emettere il verdetto di condanna più sofisticato e persuasivo, e tutte quante concordano, persino quelle non accusatorie, nel ritenere Cypher un inguaribile edonista egoista. I loro limiti ermeneutici comuni sono fondamentalmente tre: 1) trattano il caso Cypher analizzando solo il piano verbale, cioè la sceneggiatura, quindi astraendo dal fatto che si tratta di vicenda narrata in un testo filmico; 2) isolano e cristallizzano il personaggio nel cap. 19 di "Matrix" (il dialogo di Cypher con Neo e la scena del ristorante), come se facesse la sua comparsa solo in questo contesto specifico e non già all’inizio del film; 3) applicano dall’alto e in modo estrinseco le formule teoretiche di un qualche filosofo (non importa se Kant, Mill, Nietzsche, Nozick ecc.) trattato in forma manualistica. L’interpretazione proposta suona con un registro completamente diverso. Non si fa riferimento ad alcun filosofo, semmai ci si richiama al versetto di un libro del VT, "Giudici" 16,30, nel quale si rinviene una pulsione molto affine a quella che muove Cypher. E di questo personaggio, dallo straordinario spessore tragico, si mostra la strutturale fisionomia simulazionale e crittogrammatica.
Assai più che eutanasia. Prolegomeni a ogni futura interpretazione filosofica del tradimento di Cypher in "Matrix"
CICERO, Vincenzo
2012-01-01
Abstract
Nel punto esattamente centrale del primo episodio della trilogia di "Matrix" (1999-2003) è posta la chiave di volta narrativa del film: la scena del tradimento di Cypher, nota anche come la scena del ristorante, che ha ricevuto fin da subito un’attenzione speciale da parte degli studiosi. Per quanto riguarda il tenore delle interpretazioni, finora è stata quasi una gara a emettere il verdetto di condanna più sofisticato e persuasivo, e tutte quante concordano, persino quelle non accusatorie, nel ritenere Cypher un inguaribile edonista egoista. I loro limiti ermeneutici comuni sono fondamentalmente tre: 1) trattano il caso Cypher analizzando solo il piano verbale, cioè la sceneggiatura, quindi astraendo dal fatto che si tratta di vicenda narrata in un testo filmico; 2) isolano e cristallizzano il personaggio nel cap. 19 di "Matrix" (il dialogo di Cypher con Neo e la scena del ristorante), come se facesse la sua comparsa solo in questo contesto specifico e non già all’inizio del film; 3) applicano dall’alto e in modo estrinseco le formule teoretiche di un qualche filosofo (non importa se Kant, Mill, Nietzsche, Nozick ecc.) trattato in forma manualistica. L’interpretazione proposta suona con un registro completamente diverso. Non si fa riferimento ad alcun filosofo, semmai ci si richiama al versetto di un libro del VT, "Giudici" 16,30, nel quale si rinviene una pulsione molto affine a quella che muove Cypher. E di questo personaggio, dallo straordinario spessore tragico, si mostra la strutturale fisionomia simulazionale e crittogrammatica.Pubblicazioni consigliate
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