Il crollo dei regimi comunisti dell’Est europeo nel 1989 fu un evento improvviso per tempi e modalità di svolgimento; il che non significa, però, che la crisi del sistema non fosse già da tempo in atto e, dunque, in qualche misura prevedibile e quasi “annunciata”. In questo contesto, viene ricostruita la vicenda dell’Ungheria socialista nel corso dell’anno e mezzo che precede la storica caduta del Muro di Berlino. La crisi del regime comunista ungherese segna, in un certo senso, l’inizio della fine per tutti i regimi comunisti dell’Est-Europa. L’uscita di scena di Kádár, dopo oltre un trentennio di potere, dà un’accelerazione a questo processo: la società ungherese muta pelle a ritmo vertiginoso con la nascita delle prime associazioni politiche indipendenti e poi di veri e propri partiti, con la liberalizzazione della stampa e con la decisione del governo (2 maggio 1989) di far cadere ufficialmente la “cortina di ferro” che divideva l’Ungheria dall’Austria. I funerali di Stato (16 giugno 1989) in onore di Nagy e delle altre vittime “eccellenti” del ’56 rappresentano, da questo punto di vista, non solo un doveroso atto di riparazione per una colpa storica del comunismo, ma costituiscono anche una sorta di “suicidio” e di funerale pubblico dello stesso comunismo ungherese, simbolicamente coronato dalla morte dello stesso Kádár, all’inizio di luglio. Tutto ciò in un Paese che comincia già ad accogliere i primi cittadini tedesco-orientali che, transitando attraverso l’Ungheria, cercano la libertà in Austria. Si tratta della prima, clamorosa manifestazione di “indipendenza” da Mosca ad essere attuata in quello storico anno che fu il 1989. Di lì a qualche settimana il mondo avrebbe assistito con stupore ai successivi, clamorosi sviluppi che avrebbero portato, con un incredibile “effetto domino”, alla caduta degli altri regimi comunisti nell’Europa centro-orientale.

La "crepa" ungherese nel Muro: agonia e morte del kádárismo

FORNARO, Pasquale
2013-01-01

Abstract

Il crollo dei regimi comunisti dell’Est europeo nel 1989 fu un evento improvviso per tempi e modalità di svolgimento; il che non significa, però, che la crisi del sistema non fosse già da tempo in atto e, dunque, in qualche misura prevedibile e quasi “annunciata”. In questo contesto, viene ricostruita la vicenda dell’Ungheria socialista nel corso dell’anno e mezzo che precede la storica caduta del Muro di Berlino. La crisi del regime comunista ungherese segna, in un certo senso, l’inizio della fine per tutti i regimi comunisti dell’Est-Europa. L’uscita di scena di Kádár, dopo oltre un trentennio di potere, dà un’accelerazione a questo processo: la società ungherese muta pelle a ritmo vertiginoso con la nascita delle prime associazioni politiche indipendenti e poi di veri e propri partiti, con la liberalizzazione della stampa e con la decisione del governo (2 maggio 1989) di far cadere ufficialmente la “cortina di ferro” che divideva l’Ungheria dall’Austria. I funerali di Stato (16 giugno 1989) in onore di Nagy e delle altre vittime “eccellenti” del ’56 rappresentano, da questo punto di vista, non solo un doveroso atto di riparazione per una colpa storica del comunismo, ma costituiscono anche una sorta di “suicidio” e di funerale pubblico dello stesso comunismo ungherese, simbolicamente coronato dalla morte dello stesso Kádár, all’inizio di luglio. Tutto ciò in un Paese che comincia già ad accogliere i primi cittadini tedesco-orientali che, transitando attraverso l’Ungheria, cercano la libertà in Austria. Si tratta della prima, clamorosa manifestazione di “indipendenza” da Mosca ad essere attuata in quello storico anno che fu il 1989. Di lì a qualche settimana il mondo avrebbe assistito con stupore ai successivi, clamorosi sviluppi che avrebbero portato, con un incredibile “effetto domino”, alla caduta degli altri regimi comunisti nell’Europa centro-orientale.
2013
9788881637843
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