La traduzione non è uno dei tanti oggetti di indagine della decostruzione di J. Derrida, ma quasi si identifica con essa. Intorno alla questione della traduzione convergono alcuni snodi fondamentali del pensiero di Derrida come il desiderio, inesauribile eppure irrealizzabile, di un idioma puro, o quello dell’appropriazione di una lingua, che, pur nella sua unicità, è attraversata da un movimento incessante di ex-appropriazione. A partire dall’analisi del serrato confronto che Derrida ingaggia con Benjamin, l’ipotesi interpretativa che si intende suggerire è che la persistente riflessione di Derrida sulla traduzione non solo si configuri come una poetica, riconoscendo nel “resto” di intraducibilità, che segna il limite di ogni traduzione, e nel desiderio di idiomaticità la traccia di una singolarità e di una alterità irriducibili, ma implichi anche un’etica e soprattutto una politica che, nella lingua, trova lo spazio della sua attuazione. La traduzione, rivelando il carattere costitutivamente “improprio” di ogni lingua, anche di quella che si presuppone “propria”, è il luogo stesso in cui accade l’ospitalità nei confronti dell’altro, dell’estraneo e dello straniero.
Jacques Derrida: poetica e politica della traduzione
RESTA, Caterina
2013-01-01
Abstract
La traduzione non è uno dei tanti oggetti di indagine della decostruzione di J. Derrida, ma quasi si identifica con essa. Intorno alla questione della traduzione convergono alcuni snodi fondamentali del pensiero di Derrida come il desiderio, inesauribile eppure irrealizzabile, di un idioma puro, o quello dell’appropriazione di una lingua, che, pur nella sua unicità, è attraversata da un movimento incessante di ex-appropriazione. A partire dall’analisi del serrato confronto che Derrida ingaggia con Benjamin, l’ipotesi interpretativa che si intende suggerire è che la persistente riflessione di Derrida sulla traduzione non solo si configuri come una poetica, riconoscendo nel “resto” di intraducibilità, che segna il limite di ogni traduzione, e nel desiderio di idiomaticità la traccia di una singolarità e di una alterità irriducibili, ma implichi anche un’etica e soprattutto una politica che, nella lingua, trova lo spazio della sua attuazione. La traduzione, rivelando il carattere costitutivamente “improprio” di ogni lingua, anche di quella che si presuppone “propria”, è il luogo stesso in cui accade l’ospitalità nei confronti dell’altro, dell’estraneo e dello straniero.Pubblicazioni consigliate
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