Gli Autori, partendo dalla novella legislativa importata dalla conversione del c.d. “Decreto Balduzzi”, analizzano le problematiche che insorgono nella valutazione del grado della colpa dell’esercente la professione sanitaria nell’ambito della responsabilità professionale, in particolare soffermandosi sul concetto di colpa lieve e di “buone pratiche accreditate”, al fine di comprendere se e quando la condotta dell’operatore sanitario possa considerarsi effettivamente “depenalizzata”. Oltre a verificare come la giurisprudenza di legittimità più recente abbia valutato il profilo della colpa lieve, si evidenzia come il riferimento alle linee guida inserito nella norma de quo debba normalmente esser considerato tenendo conto delle "contingenze" del caso concreto che si presenta al cospetto dell’operatore sanitario e che, pertanto, sarebbe da ritenere sussistente l’ipotesi di "colpa lieve" esclusivamente laddove l’operatore sanitario si sia attenuto alle linee guida e alle buone pratiche quando invece il caso di specie avrebbe richiesto che se ne discostasse in ragione, di microscopiche peculiarità della situazione clinica del paziente. Si osserva, di conseguenza, come la limitazione della esclusione della punibilità a tale fattispecie non rappresenta alcuna soluzione al problema "depenalizzazione" dell'atto medico, in quanto la norma così definita e interpretata non attribuisce significato penalmente rilevante a comportamenti commissivi od omissivi già "in odore" di molto più che un "ragionevole dubbio" rispetto alla identificazione del rapporto causale in tema di "omissione impropria". Non può che scaturirne, quindi, quantomeno una sostanziale inconsistenza e quindi insostenibilità della norma e della sua corrente interpretazione giudiziale che, tra l'altro, nemmeno offrendo una "protezione illimitata" non può ritenersi abbia introdotto novità rispetto agli ordinari criteri di accertamento della colpa . Sussisterebbe, quindi ed invece, "colpa grave" nella complementare ipotesi in cui l’obbligo per il medico di discostarsi dalle linee guida sia evidente e generalmente (in quanto "macroscopicamente") riconoscibile per chiunque altro nella sua posizione, con conseguente addebito di responsabilità, attribuendo la colpa a "grave" livello di imperizia così come nel caso di inosservanza di orientamenti clinico-scientifici "accreditati" dalla comunità scientifica per la mancanza di quello "scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti". Tale orientamento è stato confermato, infatti, anche da recentissime pronunce della Suprema Corte che hanno escluso la configurabilità di ipotesi di colpa lieve in capo all’esercente la professione sanitaria che non avesse osservato quanto previsto dalle linee guida o non avesse adattato quanto da queste ultime previsto alle peculiarità presentate dalla patologia del paziente con ciò confermando quanto assolutamente evidente sulla base di normali conoscenze, competenze e abilità valutative medico-legali: l'insostenibilità dell'esistenza della colpa lieve soprattutto nell'esclusivo riferimento al parametro soggettivo "imperizia".

La sostenibile inesistenza dell’essere: la ‘‘colpa lieve’’ della legge Balduzzi.

ASMUNDO, Alessio;SCURRIA, SERENA
2014-01-01

Abstract

Gli Autori, partendo dalla novella legislativa importata dalla conversione del c.d. “Decreto Balduzzi”, analizzano le problematiche che insorgono nella valutazione del grado della colpa dell’esercente la professione sanitaria nell’ambito della responsabilità professionale, in particolare soffermandosi sul concetto di colpa lieve e di “buone pratiche accreditate”, al fine di comprendere se e quando la condotta dell’operatore sanitario possa considerarsi effettivamente “depenalizzata”. Oltre a verificare come la giurisprudenza di legittimità più recente abbia valutato il profilo della colpa lieve, si evidenzia come il riferimento alle linee guida inserito nella norma de quo debba normalmente esser considerato tenendo conto delle "contingenze" del caso concreto che si presenta al cospetto dell’operatore sanitario e che, pertanto, sarebbe da ritenere sussistente l’ipotesi di "colpa lieve" esclusivamente laddove l’operatore sanitario si sia attenuto alle linee guida e alle buone pratiche quando invece il caso di specie avrebbe richiesto che se ne discostasse in ragione, di microscopiche peculiarità della situazione clinica del paziente. Si osserva, di conseguenza, come la limitazione della esclusione della punibilità a tale fattispecie non rappresenta alcuna soluzione al problema "depenalizzazione" dell'atto medico, in quanto la norma così definita e interpretata non attribuisce significato penalmente rilevante a comportamenti commissivi od omissivi già "in odore" di molto più che un "ragionevole dubbio" rispetto alla identificazione del rapporto causale in tema di "omissione impropria". Non può che scaturirne, quindi, quantomeno una sostanziale inconsistenza e quindi insostenibilità della norma e della sua corrente interpretazione giudiziale che, tra l'altro, nemmeno offrendo una "protezione illimitata" non può ritenersi abbia introdotto novità rispetto agli ordinari criteri di accertamento della colpa . Sussisterebbe, quindi ed invece, "colpa grave" nella complementare ipotesi in cui l’obbligo per il medico di discostarsi dalle linee guida sia evidente e generalmente (in quanto "macroscopicamente") riconoscibile per chiunque altro nella sua posizione, con conseguente addebito di responsabilità, attribuendo la colpa a "grave" livello di imperizia così come nel caso di inosservanza di orientamenti clinico-scientifici "accreditati" dalla comunità scientifica per la mancanza di quello "scudo protettivo contro istanze punitive che non trovino la loro giustificazione nella necessità di sanzionare penalmente errori gravi commessi nel processo di adeguamento del sapere codificato alle peculiarità contingenti". Tale orientamento è stato confermato, infatti, anche da recentissime pronunce della Suprema Corte che hanno escluso la configurabilità di ipotesi di colpa lieve in capo all’esercente la professione sanitaria che non avesse osservato quanto previsto dalle linee guida o non avesse adattato quanto da queste ultime previsto alle peculiarità presentate dalla patologia del paziente con ciò confermando quanto assolutamente evidente sulla base di normali conoscenze, competenze e abilità valutative medico-legali: l'insostenibilità dell'esistenza della colpa lieve soprattutto nell'esclusivo riferimento al parametro soggettivo "imperizia".
2014
978-88-217-4671-0
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