Problematica razziale e identità continentale nel pensiero di José Martí

Nel 1940 lo storico Gaspar Martillaro pubblicò un articolo dal titolo José Martí, el hombre màs puro de la raza. L’intuizione dell’autore era stata quella di cogliere, all’interno dell’immensa produzione letteraria dell’eroe nazionale cubano, l’elemento più moderno: quello della questione razziale come fenomeno politico, tipico nell’America del XIX secolo, legato al problema dell’identità del continente. L’articolo conteneva una limitata quantità di fonti dirette, una sistematica pubblicazione degli scritti di Martí sarebbe stata fatta solo qualche anno più tardi. Martillaro si limitava, infatti, a citare solo pochi saggi allora già noti come Nuestra América o Mi raza, questi lavori, decontestualizzati e analizzati senza il supporto di altre fonti sull’argomento finivano per generare, nell’autore, la convinzione che il pensiero di Martí fosse pervaso da un umanitarismo religioso, caratterizzato dalla sostanziale uguaglianza tra gli esseri umani in quanto creati a immagine e somiglianza di un essere supremo. Il problema delle differenze etniche e razziali veniva così ignorato. L’esperienza della rivoluzione e della dittatura castrista cancellarono ogni riferimento agli studi sulla razza e sull’identità svolti da Martí per concentrarsi sulla presunta radice marxista del suo pensiero e sul conseguente legame con il regime. Negli ultimi vent’anni poi la letteratura sull’argomento è arrivata ad una sorta di “giro di boa” negli studi sulle relazioni tra etnia, meticciato e nazionalità nella costruzione dell’America latina. L’opera di Martí assume, in questo contesto, una natura continentale e proprio a questo aspetto è dedicato questo lavoro, alla descrizione dell’America di Martí, alla creazione di un continente intero attraverso l’interazione tra le razze e la loro mescolanza.