La Sicilia è stata da sempre luogo di incontro di modelli culturali variegati che hanno trovato, anche, nella musica la rappresentazione dei luoghi del vissuto. È il caso di alcuni brani musicali della tradizione popolare siciliana, molto o poco noti la pubblico, cantati dai minatori dell’altopiano gessoso-solfifero che rievocano l’attività delle miniere, economia che caratterizzò le aree interne della Sicilia tra la fine del Settecento e la seconda metà del XIX secolo, quando l’industria zolfifera locale contribuiva al 91% della produzione mondiale. Oggi di quella attività restano soprattutto gli esempi di archeologia industriale che si allineano sul territorio divenendone simboli della storia recente, film come “ La discesa di Aclà a Floristella” di Aurelio Grimaldi o “Il cammino della speranza” di Pietro Germi, che ha reso noti a tutti i ritmi di “Vitti ‘na crozza”, e proprio la musica e i canti che hanno veicolato l’immagine delle miniere siciliane e delle “discenderie”, con i loro “pirriatura” e i loro “carusi”, ispirando storici, giornalisti, poeti e scrittori. La musica, anche qui, nonostante la globalizzazione e i suoi processi omologanti, continua a essere elemento di congiunzione tra passato e presente e, grazie alle parole espresse, rappresenta una chiave di lettura e di conoscenza, contribuendo a mantenere vivo il “senso dei luoghi” e la “memoria” di quegli spazi, una storia di duro lavoro, di grandi sacrifici e di amarezze, che vide tra i protagonisti anche i bambini. Lo scopo di questo articolo è dimostrare come la musica può essere un’importante strumento per recuperare la storia, veicolare le immagini dei luoghi e rilanciarle in una prospettiva di sviluppo territoriale e morale.

Musica e canti dei minatori dell’altopiano gessoso-solfifero siciliano: rassegnazione o ribellione?

DI BLASI, Elena;ARANGIO, ALESSANDRO
2016-01-01

Abstract

La Sicilia è stata da sempre luogo di incontro di modelli culturali variegati che hanno trovato, anche, nella musica la rappresentazione dei luoghi del vissuto. È il caso di alcuni brani musicali della tradizione popolare siciliana, molto o poco noti la pubblico, cantati dai minatori dell’altopiano gessoso-solfifero che rievocano l’attività delle miniere, economia che caratterizzò le aree interne della Sicilia tra la fine del Settecento e la seconda metà del XIX secolo, quando l’industria zolfifera locale contribuiva al 91% della produzione mondiale. Oggi di quella attività restano soprattutto gli esempi di archeologia industriale che si allineano sul territorio divenendone simboli della storia recente, film come “ La discesa di Aclà a Floristella” di Aurelio Grimaldi o “Il cammino della speranza” di Pietro Germi, che ha reso noti a tutti i ritmi di “Vitti ‘na crozza”, e proprio la musica e i canti che hanno veicolato l’immagine delle miniere siciliane e delle “discenderie”, con i loro “pirriatura” e i loro “carusi”, ispirando storici, giornalisti, poeti e scrittori. La musica, anche qui, nonostante la globalizzazione e i suoi processi omologanti, continua a essere elemento di congiunzione tra passato e presente e, grazie alle parole espresse, rappresenta una chiave di lettura e di conoscenza, contribuendo a mantenere vivo il “senso dei luoghi” e la “memoria” di quegli spazi, una storia di duro lavoro, di grandi sacrifici e di amarezze, che vide tra i protagonisti anche i bambini. Lo scopo di questo articolo è dimostrare come la musica può essere un’importante strumento per recuperare la storia, veicolare le immagini dei luoghi e rilanciarle in una prospettiva di sviluppo territoriale e morale.
2016
978-88-88692-98-2
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