Il sangue e la violenza hanno costituito, per molti, il naturale paradigma della grande rivoluzione, l’orizzonte di significato entro cui collocare le traiettorie giacobine e sanculotte dei suoi uomini più noti. In questa prospettiva Marat assurge ad archetipo e modello del rivoluzionario dall’animo feroce e spietato, quasi irrazionale, vendicativo. La riedizione degli scritti pone, tuttavia, un quesito dirimente: Marat è, in fondo, esclusivamente l’uomo della dittatura, colui che invoca la necessità del triumvirato romano, che stringe sino a soffocare le libertà degli avversari, che si arrovella e sbraita, sguazzante tra i fumi e il cruor delle devastazioni rivoluzionarie? O è anche colui che lavora alla formazione di una rigorosa e critica opinione pubblica attraverso una stampa e una pubblicistica passionalmente a contatto con la più varia fiumana popolare? La severità e l’intransigenza delle espressioni utilizzate derivano dal timore della prossima illusione, da un pensiero che alle giornate insurrezionali e alle sedute assembleari nulla chiede se non il riconoscimento degli ideali e dei diritti sanciti dalla déclaration, la riscrittura di una costituzione a carattere sociale. L’estremizzarsi della prospettiva rende immediato lo sbocco del processo democratico in atto: per gli uomini della Rivoluzione non si sarebbe trattato solo di rappresentare l’utopia, sarebbe stato il tempo di compierne l’opera
Prefazione a Jean-Paul Marat, Teoria dell'insurrezione, a cura di Raffaele, Manduca; Placido, Currò
MANDUCA, Raffaele
2016-01-01
Abstract
Il sangue e la violenza hanno costituito, per molti, il naturale paradigma della grande rivoluzione, l’orizzonte di significato entro cui collocare le traiettorie giacobine e sanculotte dei suoi uomini più noti. In questa prospettiva Marat assurge ad archetipo e modello del rivoluzionario dall’animo feroce e spietato, quasi irrazionale, vendicativo. La riedizione degli scritti pone, tuttavia, un quesito dirimente: Marat è, in fondo, esclusivamente l’uomo della dittatura, colui che invoca la necessità del triumvirato romano, che stringe sino a soffocare le libertà degli avversari, che si arrovella e sbraita, sguazzante tra i fumi e il cruor delle devastazioni rivoluzionarie? O è anche colui che lavora alla formazione di una rigorosa e critica opinione pubblica attraverso una stampa e una pubblicistica passionalmente a contatto con la più varia fiumana popolare? La severità e l’intransigenza delle espressioni utilizzate derivano dal timore della prossima illusione, da un pensiero che alle giornate insurrezionali e alle sedute assembleari nulla chiede se non il riconoscimento degli ideali e dei diritti sanciti dalla déclaration, la riscrittura di una costituzione a carattere sociale. L’estremizzarsi della prospettiva rende immediato lo sbocco del processo democratico in atto: per gli uomini della Rivoluzione non si sarebbe trattato solo di rappresentare l’utopia, sarebbe stato il tempo di compierne l’operaPubblicazioni consigliate
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