L’aumento esponenziale della mobilità delle persone e dei loro legami relazionali, il riconoscimento di elevati standard di tutela dei diritti umani ad essi ricollegabili e lo sviluppo turbinoso delle tecniche mediche riproduttive hanno fatto sì che “nuove forme di genitorialità” venissero alla luce reclamando, all’interno degli ordinamenti nazionali, uno status ed un trattamento giuridico, se non identico a quello della famiglia tradizionale, certamente non discriminatorio. È toccato quasi sempre ai giudici, interni o internazionali, occuparsi di questo fenomeno in evoluzione, approntando di volta in volta singole risposte su casi particolari. Questo approccio, case by case, ha evidenziato la difficoltà del legislatore nazionale (e internazionale) di “fronteggiare” con la stessa rapidità l’evolversi continuo della realtà sociale familiare. Quando ciò accade attraverso il riconoscimento di situazioni giuridiche soggettive acquisite all’estero si finisce sia col minare lo spazio identitario e culturale dello Stato di rientro, sia con l’esporre i minori a situazioni di grave incertezza giuridica. Emblematico in questo senso il caso della surroga di maternità (surrogacy, maternité de substitution o gestation pour autrui), una tecnica di procreazione preceduta dalla stipula di un contratto, a titolo gratuito o oneroso, con cui una donna c.d. gestante (surrogate mother, mère porteuse) acconsente a portare a termine una gravidanza per conto di una coppia, c.d. genitori intenzionali (intended parents, parents d’intention) o di un singolo. Il ricorso alla maternità per sostituzione è destinato ad incidere anzitutto sulle regole poste a tutela della dignità umana della madre gestante e del bambino; in secondo luogo, sugli altri diritti riconosciuti ai soggetti coinvolti, che vanno dalle norme, a carattere universale e regionale, relative alla tutela dei diritti del fanciullo (interesse superiore del minore, non discriminazione, identità personale, vita privata e familiare) e delle donne, alle norme sul rispetto della vita privata e familiare dei genitori intenzionali, sino a quelle relative al godimento di diritti di natura economica e sociale. Il contributo rileva la necessità di muoversi con estrema cautela nel valutare le singole circostanze del caso, allo scopo di tutelare la posizione del minore. L’incertezza in merito all’acquisizione di uno status da parte dei bambini nati da surrogacy richiede una rapida risposta legislativa, preferibilmente in ambito internazionale, la quale, da una parte, miri a scoraggiare l’accesso indiscriminato e abusivo a questa tecnica riproduttiva, dall’altra, renda maggiormente consapevoli gli adulti delle implicazioni che derivano dalle loro scelte di vita parentale sulla situazione giuridica dei minori, evitando trattamenti discriminatori. In secondo luogo, risulta evidente che il ricorso alla maternità surrogata commerciale eterologa, secondo modalità poco rispettose della dignità umana della madre uterina e del neonato, in assenza di un legame genetico, senza le garanzie dell’accertamento di un legame familiare seppur de facto attraverso un procedimento giurisdizionale, difficilmente potrà spiegare effetti nel nostro ordinamento, dovendosi in questi casi fare ricorso all’istituto dell’adozione.

Profili internazionalistici ed internazionalprivatistici della maternità surrogata

DISTEFANO, Marcella
2017-01-01

Abstract

L’aumento esponenziale della mobilità delle persone e dei loro legami relazionali, il riconoscimento di elevati standard di tutela dei diritti umani ad essi ricollegabili e lo sviluppo turbinoso delle tecniche mediche riproduttive hanno fatto sì che “nuove forme di genitorialità” venissero alla luce reclamando, all’interno degli ordinamenti nazionali, uno status ed un trattamento giuridico, se non identico a quello della famiglia tradizionale, certamente non discriminatorio. È toccato quasi sempre ai giudici, interni o internazionali, occuparsi di questo fenomeno in evoluzione, approntando di volta in volta singole risposte su casi particolari. Questo approccio, case by case, ha evidenziato la difficoltà del legislatore nazionale (e internazionale) di “fronteggiare” con la stessa rapidità l’evolversi continuo della realtà sociale familiare. Quando ciò accade attraverso il riconoscimento di situazioni giuridiche soggettive acquisite all’estero si finisce sia col minare lo spazio identitario e culturale dello Stato di rientro, sia con l’esporre i minori a situazioni di grave incertezza giuridica. Emblematico in questo senso il caso della surroga di maternità (surrogacy, maternité de substitution o gestation pour autrui), una tecnica di procreazione preceduta dalla stipula di un contratto, a titolo gratuito o oneroso, con cui una donna c.d. gestante (surrogate mother, mère porteuse) acconsente a portare a termine una gravidanza per conto di una coppia, c.d. genitori intenzionali (intended parents, parents d’intention) o di un singolo. Il ricorso alla maternità per sostituzione è destinato ad incidere anzitutto sulle regole poste a tutela della dignità umana della madre gestante e del bambino; in secondo luogo, sugli altri diritti riconosciuti ai soggetti coinvolti, che vanno dalle norme, a carattere universale e regionale, relative alla tutela dei diritti del fanciullo (interesse superiore del minore, non discriminazione, identità personale, vita privata e familiare) e delle donne, alle norme sul rispetto della vita privata e familiare dei genitori intenzionali, sino a quelle relative al godimento di diritti di natura economica e sociale. Il contributo rileva la necessità di muoversi con estrema cautela nel valutare le singole circostanze del caso, allo scopo di tutelare la posizione del minore. L’incertezza in merito all’acquisizione di uno status da parte dei bambini nati da surrogacy richiede una rapida risposta legislativa, preferibilmente in ambito internazionale, la quale, da una parte, miri a scoraggiare l’accesso indiscriminato e abusivo a questa tecnica riproduttiva, dall’altra, renda maggiormente consapevoli gli adulti delle implicazioni che derivano dalle loro scelte di vita parentale sulla situazione giuridica dei minori, evitando trattamenti discriminatori. In secondo luogo, risulta evidente che il ricorso alla maternità surrogata commerciale eterologa, secondo modalità poco rispettose della dignità umana della madre uterina e del neonato, in assenza di un legame genetico, senza le garanzie dell’accertamento di un legame familiare seppur de facto attraverso un procedimento giurisdizionale, difficilmente potrà spiegare effetti nel nostro ordinamento, dovendosi in questi casi fare ricorso all’istituto dell’adozione.
2017
9788849533255
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