Fra Ottocento e Novecento il genere più rappresentativo della cultura italiana è il melodramma, educatore dell’immaginario borghese e popolare (Franco Cambi). L’opera lirica, che mette in campo passionalità, culto per la bellezza, sentimenti estremi quali odio, gelosia, conflitti insanabili e senso tragico di fatalità, costituisce, soprattutto nell’ottica dello straniero, un paradigma del popolo italiano e della sua meridionalità, come predilezione per un’esistenza sopra le righe e condotta al di fuori del pensiero razionale. La scrittura pirandelliana smonta dall’interno questa immagine falsamente positiva dell’italiano melodrammatico nel racconto Leonora addio! (1910), in cui la protagonista Mommina, si identifica a tal punto con l’universo finzionale dei libretti d’opera da non essere più in grado di riconoscere la realtà: imprigionata da un marito follemente sospettoso, conduce un’esistenza che è la deformazione desublimante degli stessi drammi di amore, violenza e gelosia che aveva visto sulla scena, e nel chiuso delle mura della casa/ prigione allestisce grottesche rappresentazioni operistiche. La storia di Mommina è poi trasformata in piéce teatrale dal dott. Hinkfuss (Questa sera si recita a soggetto 1928), il cui occhio critico scardina i meccanismi interni di questa ossessione spettacolare mostrando, in un sistema di infinite scatole cinesi, la sostanziale inattendibilità dell’universo operistico. Culto dell’apparenza ed esibizionismo, altri tratti caratteristici dell’italiano meridionale e del mondo della lirica, affollato da cantanti narcisisti e allestimenti sontuosi, sono messi in discussione in un altro racconto pirandelliano, Zuccarello distinto melodista (1914); il tenore protagonista, costretto ad esibirsi in uno squallido bar situato nel sottosuolo – trasparente metafora inferica –, può sopravvivere solo confinando la sua arte ad una modesta “distinzione”. Nel discorso pirandelliano quindi il mito di una meridionalità intessuta di sentimento e narcisismo mostra la sua totale inattualità di fronte alla società moderna; l’ideologia tardoromantica italiana è ormai ai margini, inadeguata a fronteggiare la perdita d’aura del prodotto artistico e la centralità dei sistemi produttivi e culturali del Nord Europa.

Pirandello e i miti dell’italianità

DANIELA BOMBARA
2016-01-01

Abstract

Fra Ottocento e Novecento il genere più rappresentativo della cultura italiana è il melodramma, educatore dell’immaginario borghese e popolare (Franco Cambi). L’opera lirica, che mette in campo passionalità, culto per la bellezza, sentimenti estremi quali odio, gelosia, conflitti insanabili e senso tragico di fatalità, costituisce, soprattutto nell’ottica dello straniero, un paradigma del popolo italiano e della sua meridionalità, come predilezione per un’esistenza sopra le righe e condotta al di fuori del pensiero razionale. La scrittura pirandelliana smonta dall’interno questa immagine falsamente positiva dell’italiano melodrammatico nel racconto Leonora addio! (1910), in cui la protagonista Mommina, si identifica a tal punto con l’universo finzionale dei libretti d’opera da non essere più in grado di riconoscere la realtà: imprigionata da un marito follemente sospettoso, conduce un’esistenza che è la deformazione desublimante degli stessi drammi di amore, violenza e gelosia che aveva visto sulla scena, e nel chiuso delle mura della casa/ prigione allestisce grottesche rappresentazioni operistiche. La storia di Mommina è poi trasformata in piéce teatrale dal dott. Hinkfuss (Questa sera si recita a soggetto 1928), il cui occhio critico scardina i meccanismi interni di questa ossessione spettacolare mostrando, in un sistema di infinite scatole cinesi, la sostanziale inattendibilità dell’universo operistico. Culto dell’apparenza ed esibizionismo, altri tratti caratteristici dell’italiano meridionale e del mondo della lirica, affollato da cantanti narcisisti e allestimenti sontuosi, sono messi in discussione in un altro racconto pirandelliano, Zuccarello distinto melodista (1914); il tenore protagonista, costretto ad esibirsi in uno squallido bar situato nel sottosuolo – trasparente metafora inferica –, può sopravvivere solo confinando la sua arte ad una modesta “distinzione”. Nel discorso pirandelliano quindi il mito di una meridionalità intessuta di sentimento e narcisismo mostra la sua totale inattualità di fronte alla società moderna; l’ideologia tardoromantica italiana è ormai ai margini, inadeguata a fronteggiare la perdita d’aura del prodotto artistico e la centralità dei sistemi produttivi e culturali del Nord Europa.
2016
978-1599541075
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