Da quasi vent’anni i termini del dibattito istituzionale su temi “eticamente sensibili” hanno determinato un vulnus di quel canone di laicità ritenuto a ragione “principio supremo” e “profilo” della nostra forma di Stato dalla nota sentenza costituzionale n. 203/1989. L’“uso pubblico della ragione” caro a Rawls si è trasformato, così, nel suo esatto contrario: nell’irragionevole prevalenza – culturale, politica e giuridica – di una comunità sull’altra, nella “dittatura della maggioranza” sui soggetti più “deboli” nel senso più ampio del termine.Sul piano del diritto penale, la crisi della laicità – che tende a produrre una deriva paternalistica delle incriminazioni caratterizzata dal ritorno di un modello “invadente” di Stato, inteso come tutore della sicurezza e della moralità pubblica – si riflette soprattutto (ma non solo) sui confini estremi del bios: la definizione dell’ambito di tutela dell’inizio della vita umana e quella della sua fine. Sul piano dell’inizio della vita umana, è noto come la l. 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita sopravviva a se stessa dopo una lenta ma inesorabile riscrittura costituzionale, che ne ha considerevolmente ridimensionato la portata . Le norme incriminatrici – peraltro severissime – in essa contenute sono rimaste a baluardo del nulla, espressione emblematica dei rischi sottesi a un uso simbolico, ideologico dello strumento penale. Sul diverso piano della fine della vita umana, la recente legge sulle direttive anticipate di trattamento ripropone il problema della necessità di quelli che Massimo Donini chiama eloquentemente i diritti infelici e del significato della dignità del morire: con tutte le ambiguità, beninteso, che tale espressione implica, posto che la dignità è vox media capace di letture diverse in rapporto al background politico e ideologico di provenienza. Ambiguità che presto potrebbero essere dipanate dalla Corte costituzionale con l'imminente decisione sulla perdurante legittimità costituzionale delle condotte di aiuto al suicidio che siano esclusiva espressione di pietas verso chi chieda di porre termine a sofferenze insopportabili.

La dignità del morire tra principi costituzionali, norme penali obsolete e legislatore renitente: una ricognizione laica dei confini artificiali della vita.

Lucia Risicato
2018-01-01

Abstract

Da quasi vent’anni i termini del dibattito istituzionale su temi “eticamente sensibili” hanno determinato un vulnus di quel canone di laicità ritenuto a ragione “principio supremo” e “profilo” della nostra forma di Stato dalla nota sentenza costituzionale n. 203/1989. L’“uso pubblico della ragione” caro a Rawls si è trasformato, così, nel suo esatto contrario: nell’irragionevole prevalenza – culturale, politica e giuridica – di una comunità sull’altra, nella “dittatura della maggioranza” sui soggetti più “deboli” nel senso più ampio del termine.Sul piano del diritto penale, la crisi della laicità – che tende a produrre una deriva paternalistica delle incriminazioni caratterizzata dal ritorno di un modello “invadente” di Stato, inteso come tutore della sicurezza e della moralità pubblica – si riflette soprattutto (ma non solo) sui confini estremi del bios: la definizione dell’ambito di tutela dell’inizio della vita umana e quella della sua fine. Sul piano dell’inizio della vita umana, è noto come la l. 40/2004 in materia di procreazione medicalmente assistita sopravviva a se stessa dopo una lenta ma inesorabile riscrittura costituzionale, che ne ha considerevolmente ridimensionato la portata . Le norme incriminatrici – peraltro severissime – in essa contenute sono rimaste a baluardo del nulla, espressione emblematica dei rischi sottesi a un uso simbolico, ideologico dello strumento penale. Sul diverso piano della fine della vita umana, la recente legge sulle direttive anticipate di trattamento ripropone il problema della necessità di quelli che Massimo Donini chiama eloquentemente i diritti infelici e del significato della dignità del morire: con tutte le ambiguità, beninteso, che tale espressione implica, posto che la dignità è vox media capace di letture diverse in rapporto al background politico e ideologico di provenienza. Ambiguità che presto potrebbero essere dipanate dalla Corte costituzionale con l'imminente decisione sulla perdurante legittimità costituzionale delle condotte di aiuto al suicidio che siano esclusiva espressione di pietas verso chi chieda di porre termine a sofferenze insopportabili.
2018
978-88-9391-341-6
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