La tutela dell’autodeterminazione responsabile è oggi espressione asimmetrica di una crisi ontologica del principio di laicità nel nostro Paese. La legge sul testamento biologico coesiste forzosamente con la trama normativa obsolescente del nostro quasi novantenne codice penale, ormai del tutto inadeguata – come affermato dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 207/2018 – a recepire nuove esigenze di protezione della persona ispirate dalla piena attuazione dell’art. 32, comma 2, Cost. Si crea così una discrasia tra i contenuti delle direttive anticipate di trattamento e la situazione di chi, malato gravemente ma cosciente, non è più in grado di decidere il se e il come di una vita divenuta pura sofferenza. Occorre, a questo proposito, chiarire preliminarmente se la portata del principio di autodeterminazione responsabile includa solo il diritto di esser lasciati morire (nelle forme previste dalla l. 219/2017) o non piuttosto quello di essere aiutati a morire, in un quadro clinico in cui per il paziente autoresponsabile le cure siano palesemente inefficaci, crudelmente dolorose e comunque inadeguate. In realtà, il dato più autenticamente pregnante dell’art. 32, comma 2, Cost. può essere colto nella prospettiva – ben diversa dalla definitiva legittimazione di un discutibile diritto al suicidio – dell’incoercibilità del vivere: un principio, questo, già dedotto a suo tempo dalla giurisprudenza parallela sullo sciopero della fame dei detenuti, e che impone il diritto di lasciare che il malato compos sui sia unico dominus del suo destino terapeutico: a lui solo spetta decidere se combattere ostinatamente la patologia da cui è affetto fino all’ultimo istante di vita o se arrendersi, in presenza di una prognosi infausta che non offra alcuna possibilità di remissione e nemmeno cure palliative dignitose. Questo profilo, in base all’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale, è meritevole di tutela e diventa uno dei cardini del futuro assetto legislativo – in verità non nitidissimo - della normazione penale sull’aiuto al suicidio. Resta il fatto, incontestabile, che l’inerzia del legislatore nel modificare la trama normativa del codice Rocco sia stata sinora intenzionale, e che nulla lascia pensare che l’ultimatum di incostituzionalità differita rivolto al Parlamento dal giudice delle leggi abbia trovato o possa trovare ascolto. Specie in tempi in cui la diversa maggioranza politica che contraddistingue le Camere minaccia di rimetter mano (in senso peggiorativo) alla legge sul testamento biologico, in un tormentone infinito di laicità bipolare che neanche la Corte costituzionale sembra in grado di arginare. Il saggio ripercorre le tappe umane e giuridiche della vicenda Cappato-Antoniani, esaminando i profili critici dell'ordinanza n. 207/2018 con cui - nell'anticipare, di fatto, l'illegittimità costituzionale di alcune forme di aiuto al suicidio - la Consulta ha "messo in mora" per un anno il legislatore, invitandolo a modificare soprattutto la legge sulle direttive anticipate di trattamento onde evitare incongrui vuoti di tutela. In conclusione, vengono vagliati gli scenari prossimi venturi de iure condito e de iure condendo.

L'incostituzionalità "differita" dell'aiuto al suicidio nell'era della laicità bipolare. Riflessioni a margine del caso Cappato.

Lucia Risicato
2019-01-01

Abstract

La tutela dell’autodeterminazione responsabile è oggi espressione asimmetrica di una crisi ontologica del principio di laicità nel nostro Paese. La legge sul testamento biologico coesiste forzosamente con la trama normativa obsolescente del nostro quasi novantenne codice penale, ormai del tutto inadeguata – come affermato dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 207/2018 – a recepire nuove esigenze di protezione della persona ispirate dalla piena attuazione dell’art. 32, comma 2, Cost. Si crea così una discrasia tra i contenuti delle direttive anticipate di trattamento e la situazione di chi, malato gravemente ma cosciente, non è più in grado di decidere il se e il come di una vita divenuta pura sofferenza. Occorre, a questo proposito, chiarire preliminarmente se la portata del principio di autodeterminazione responsabile includa solo il diritto di esser lasciati morire (nelle forme previste dalla l. 219/2017) o non piuttosto quello di essere aiutati a morire, in un quadro clinico in cui per il paziente autoresponsabile le cure siano palesemente inefficaci, crudelmente dolorose e comunque inadeguate. In realtà, il dato più autenticamente pregnante dell’art. 32, comma 2, Cost. può essere colto nella prospettiva – ben diversa dalla definitiva legittimazione di un discutibile diritto al suicidio – dell’incoercibilità del vivere: un principio, questo, già dedotto a suo tempo dalla giurisprudenza parallela sullo sciopero della fame dei detenuti, e che impone il diritto di lasciare che il malato compos sui sia unico dominus del suo destino terapeutico: a lui solo spetta decidere se combattere ostinatamente la patologia da cui è affetto fino all’ultimo istante di vita o se arrendersi, in presenza di una prognosi infausta che non offra alcuna possibilità di remissione e nemmeno cure palliative dignitose. Questo profilo, in base all’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale, è meritevole di tutela e diventa uno dei cardini del futuro assetto legislativo – in verità non nitidissimo - della normazione penale sull’aiuto al suicidio. Resta il fatto, incontestabile, che l’inerzia del legislatore nel modificare la trama normativa del codice Rocco sia stata sinora intenzionale, e che nulla lascia pensare che l’ultimatum di incostituzionalità differita rivolto al Parlamento dal giudice delle leggi abbia trovato o possa trovare ascolto. Specie in tempi in cui la diversa maggioranza politica che contraddistingue le Camere minaccia di rimetter mano (in senso peggiorativo) alla legge sul testamento biologico, in un tormentone infinito di laicità bipolare che neanche la Corte costituzionale sembra in grado di arginare. Il saggio ripercorre le tappe umane e giuridiche della vicenda Cappato-Antoniani, esaminando i profili critici dell'ordinanza n. 207/2018 con cui - nell'anticipare, di fatto, l'illegittimità costituzionale di alcune forme di aiuto al suicidio - la Consulta ha "messo in mora" per un anno il legislatore, invitandolo a modificare soprattutto la legge sulle direttive anticipate di trattamento onde evitare incongrui vuoti di tutela. In conclusione, vengono vagliati gli scenari prossimi venturi de iure condito e de iure condendo.
2019
978-88-495-3890-8
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