Con dati storico-letterari ed etnografici che dal tardo Ottocento giungono ai nostri giorni, la riflessione sull’immaginario ricorrente nella proliferante industria narrativa albanese mi ha permesso, in questi anni, di mettere a fuoco il ruolo che scrittori, opere ed editori hanno svolto e continuano a svolgere nelle politiche della transizione che interessano la definizione nazionale dell’Albania e la sua difficile collocazione europea. Soprattutto dal 1991, anno finale del ferreo regime comunista di Enver Hoxha durato mezzo secolo, il libro ha continuato a svolgere un ruolo di primo piano nei rinnovati attraversamenti politici albanesi: quelli che vorrebbero l’Albania proiettata verso l’Europa delle riforme costituzionali, giuridiche, educative, sanitarie, finanziarie, economiche e fiscali; quelli che, in una rinnovata condanna degli scrittori perseguitati dal passato regime comunista, puntano a un nuovo autoisolamento, tanto dall’Unione europea quanto dalla Turchia, dalla Russia e dalla Cina, nel mantenimento di un Paese pressoché blindato dalle recrudescenti maglie familiari, claniche, sotterranee del potere. Nel raccogliere sollecitazioni quali quelle di Homi K. Bhabha, Valentine E. Daniel e Jeffrey M. Peck a studiare gli scrittori “di confine” quali importanti snodi delle transizioni sociopolitiche contemporanee , proverò a soffermarmi sui particolari profili di Musine Kokalari, Robert Prifti, Visar Zhiti e Gazmend M. Kapllani, autori che, tra Albania, Italia, Grecia e Stati Uniti d’America hanno, per diversi aspetti, contribuito a rifunzionalizzare l’“albanismo” letterario tardoromantico in un dialogo straordinario con le più recenti dinamiche transnazionali.
Albanismi d'oltre confine. Gli universi poetici di Musine Kokalari, Robert Prifti, Visar Zhiti e Gazmend Kapllani
GERACI M.
2020-01-01
Abstract
Con dati storico-letterari ed etnografici che dal tardo Ottocento giungono ai nostri giorni, la riflessione sull’immaginario ricorrente nella proliferante industria narrativa albanese mi ha permesso, in questi anni, di mettere a fuoco il ruolo che scrittori, opere ed editori hanno svolto e continuano a svolgere nelle politiche della transizione che interessano la definizione nazionale dell’Albania e la sua difficile collocazione europea. Soprattutto dal 1991, anno finale del ferreo regime comunista di Enver Hoxha durato mezzo secolo, il libro ha continuato a svolgere un ruolo di primo piano nei rinnovati attraversamenti politici albanesi: quelli che vorrebbero l’Albania proiettata verso l’Europa delle riforme costituzionali, giuridiche, educative, sanitarie, finanziarie, economiche e fiscali; quelli che, in una rinnovata condanna degli scrittori perseguitati dal passato regime comunista, puntano a un nuovo autoisolamento, tanto dall’Unione europea quanto dalla Turchia, dalla Russia e dalla Cina, nel mantenimento di un Paese pressoché blindato dalle recrudescenti maglie familiari, claniche, sotterranee del potere. Nel raccogliere sollecitazioni quali quelle di Homi K. Bhabha, Valentine E. Daniel e Jeffrey M. Peck a studiare gli scrittori “di confine” quali importanti snodi delle transizioni sociopolitiche contemporanee , proverò a soffermarmi sui particolari profili di Musine Kokalari, Robert Prifti, Visar Zhiti e Gazmend M. Kapllani, autori che, tra Albania, Italia, Grecia e Stati Uniti d’America hanno, per diversi aspetti, contribuito a rifunzionalizzare l’“albanismo” letterario tardoromantico in un dialogo straordinario con le più recenti dinamiche transnazionali.Pubblicazioni consigliate
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