La profonda crisi che caratterizza il periodo immediatamente successivo alla fine della Prima guerra mondiale per quasi tutti i paesi belligeranti, e segnatamente per quelli usciti sconfitti dal lungo conflitto, offre ai gruppi più radicali della sinistra marxista l’occasione propizia per provare a ripetere, sull’esempio di quanto avvenuto in Russia poco tempo prima, una rivoluzione politica e sociale in grado di sovvertire gli equilibri del mondo capitalistico prebellico. Budapest e Vienna, al pari di altre importanti città mitteleuropee come Berlino e Monaco, si trovano così al centro di una vasta offensiva rivoluzionaria che, nella prima metà del 1919, vedrà l’instaurazione e l' illusoria esistenza (133 giorni) di una Repubblica dei Consigli in Ungheria e, per quanto riguarda la capitale austriaca, due velleitari tentativi di insurrezione armata. Partendo dalla valutazione della sostanziale debolezza del movimento operaio ungherese da una parte e della specificità ideologica e organizzativa del partito socialdemocratico austriaco dall'altra, il saggio ricostruisce le dinamiche che portarono alla presa del potere da parte dei comunisti di Béla Kun a Budapest e all'organizzazione e repressione dei due moti comunisti a Vienna. Nell'esaminare le cause del fallimento di questa breve stagione insurrezionale, viene altresì messo in evidenza come, a prescindere da tali insuccessi, siano degni di nota da un lato la portata, la modernità e l’originalità delle proposte di riforma complessiva della società avanzate dal governo rivoluzionario ungherese durante i poco più di tre mesi di permanenza al potere e, dall’altro, i contenuti e il significato del serrato dibattito teorico sviluppatosi sulle colonne della rivista viennese „Kommunismus“ (1920-1921), dopo la caduta della Comune ungherese e il soffocamento dei moti viennesi, a proposito dei tempi e delle modalità di possibili future iniziative rivoluzionarie, in presenza (o anche in assenza) di determinate condizioni oggettive. Lenin, come è noto, avrebbe di lì a poco bollato quelle posizioni estremistiche come una pericolosa "malattia infantile del comunismo".
“Budapest rossa”, “Vienna rossa”. Le capitali danubiane tra rivoluzione sociale e Linkskommunismus
Fornaro Pasquale
2020-01-01
Abstract
La profonda crisi che caratterizza il periodo immediatamente successivo alla fine della Prima guerra mondiale per quasi tutti i paesi belligeranti, e segnatamente per quelli usciti sconfitti dal lungo conflitto, offre ai gruppi più radicali della sinistra marxista l’occasione propizia per provare a ripetere, sull’esempio di quanto avvenuto in Russia poco tempo prima, una rivoluzione politica e sociale in grado di sovvertire gli equilibri del mondo capitalistico prebellico. Budapest e Vienna, al pari di altre importanti città mitteleuropee come Berlino e Monaco, si trovano così al centro di una vasta offensiva rivoluzionaria che, nella prima metà del 1919, vedrà l’instaurazione e l' illusoria esistenza (133 giorni) di una Repubblica dei Consigli in Ungheria e, per quanto riguarda la capitale austriaca, due velleitari tentativi di insurrezione armata. Partendo dalla valutazione della sostanziale debolezza del movimento operaio ungherese da una parte e della specificità ideologica e organizzativa del partito socialdemocratico austriaco dall'altra, il saggio ricostruisce le dinamiche che portarono alla presa del potere da parte dei comunisti di Béla Kun a Budapest e all'organizzazione e repressione dei due moti comunisti a Vienna. Nell'esaminare le cause del fallimento di questa breve stagione insurrezionale, viene altresì messo in evidenza come, a prescindere da tali insuccessi, siano degni di nota da un lato la portata, la modernità e l’originalità delle proposte di riforma complessiva della società avanzate dal governo rivoluzionario ungherese durante i poco più di tre mesi di permanenza al potere e, dall’altro, i contenuti e il significato del serrato dibattito teorico sviluppatosi sulle colonne della rivista viennese „Kommunismus“ (1920-1921), dopo la caduta della Comune ungherese e il soffocamento dei moti viennesi, a proposito dei tempi e delle modalità di possibili future iniziative rivoluzionarie, in presenza (o anche in assenza) di determinate condizioni oggettive. Lenin, come è noto, avrebbe di lì a poco bollato quelle posizioni estremistiche come una pericolosa "malattia infantile del comunismo".Pubblicazioni consigliate
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