L'identità con se stesso del finito - l'esser sé del finito - importa necessariamente il finire della cosa finita. Se si riconosce l'esistenza di qualcosa di finito (ossia di non assoluto) è inevitabile dire che esso finisce, e che dunque non può essere senza limiti. Ma essere senza limiti è proprio essere eternamente, secondo il discorso di Emanuele Severino. Dobbiamo chiederci, allora, se è davvero possibile far finta che le diverse determinazioni che appaiono siano determinazioni senza limiti, cioè appunto determinazioni illimitate o infinite. Se questo non può essere, si deve concludere che è contraddittorio attribuire il non poter non essere (cioè l'eternità) a ciò che per essere se stesso deve distinguersi da ciò che lui non è.
L’esser sé del finito. Considerazioni per Emanuele Severino
PAOLO BETTINESCHI
2014-01-01
Abstract
L'identità con se stesso del finito - l'esser sé del finito - importa necessariamente il finire della cosa finita. Se si riconosce l'esistenza di qualcosa di finito (ossia di non assoluto) è inevitabile dire che esso finisce, e che dunque non può essere senza limiti. Ma essere senza limiti è proprio essere eternamente, secondo il discorso di Emanuele Severino. Dobbiamo chiederci, allora, se è davvero possibile far finta che le diverse determinazioni che appaiono siano determinazioni senza limiti, cioè appunto determinazioni illimitate o infinite. Se questo non può essere, si deve concludere che è contraddittorio attribuire il non poter non essere (cioè l'eternità) a ciò che per essere se stesso deve distinguersi da ciò che lui non è.Pubblicazioni consigliate
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