Il lavoro, dopo aver esaminato la recente giurisprudenza costituzionale, si interroga sui confini dell’estensione delle potestà legislative delle Regioni a Statuto speciale che hanno già riconosciuta una maggiore autonomia con legge costituzionale, alla luce dell’interpretazione delle disposizioni statutarie e dei relativi decreti attuativi e di possibili future integrazioni. Tra i vari settori, quello relativo al servizio idrico integrato è da diversi anni oggetto di un ampio dibattito pubblico e confronto scientifico, dal che la disponibilità e la tutela delle acque, la gestione di tale servizio e l’accesso all’acqua, quale diritto fondamentale, universale e inviolabile della persona umana, sono tutt’ora oggetto di studio da parte della dottrina e il relativo sistema normativo multilivello ricomprende l’ordinamento internazionale, sovranazionale e nazionale, nel rispetto del principio di sussidiarietà anche regionale e locale. La logica del principio di separazione delle competenze è stata superata dal principio di integrazione nei rapporti tra legge statale e legge regionale, a difesa del valore dell’unità e coerenza dell’ordinamento complessivo e del pluralismo. Lo Stato ha promosso numerosi ricorsi in tale ambito sia per le Regioni ordinarie che con riferimento alle Regioni speciali Trentino - Alto Adige, Valle d'Aosta, Sicilia e Sardegna. La Corte costituzionale, dopo la riforma del titolo V, ha esteso i limiti delle competenze legislative a tutte le Regioni speciali, definendoli in modo oscillante; da una parte, per le Regioni speciali, l’incidenza di quelli della potestà primaria prevista negli Statuti speciali, quindi le norme fondamentali delle riforme economico-sociali, i principi generali dell’ordinamento giuridico, gli obblighi internazionali e i vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea; dall’altra parte, per le Regioni ordinarie, i limiti generali, indicati nel primo comma dell’art. 117, si sono sommati a quelli previsti nel secondo comma della stessa norma per la potestà negativo-residuale. Confrontando la sentenza della Corte costituzionale n. 93 del 2017 relativa alla Regione Sicilia con la n. 65 del 2019 relativa alla Regione Sardegna è possibile fare nuove considerazioni rispetto ai precedenti giurisprudenziali e cioè l’indicazione di un possibile percorso a favore delle autonomie speciali per accrescere la competenza legislativa in una serie di ambiti relativi alla tutela delle acque e del servizio idrico integrato, in considerazione delle norme già previste negli Statuti guarda con favore ad una forma di “regionalismo competitivo” nel rapporto con lo Stato, in linea con le argomentazioni della giurisprudenza costituzionale, quali potenziali prospettive per le istanze autonomistiche delle Regioni speciali il cui Statuto non è stato revisionato. Infatti, il riferimento espresso al “blocco statutario di costituzionalità della legge regionale sarda”, comprensivo delle norme statutarie e dei decreti di attuazione, potrebbe spianare la via in futuro per ottenere un ulteriore ampliamento della potestà legislativa, attraverso la peculiare forma di collaborazione con lo Stato, prevista a garanzia della potestà primaria negli stessi Statuti speciali. Dalla sent. n. 65 del 2019 traspare che le Regioni ad autonomia speciale potranno comunque recuperare la propria “specializzazione” mediante il percorso in Commissione paritetica e le norme di attuazione degli Statuti. La chance di poter assumere ambiti competenziali attraverso le norme di attuazione degli Statuti nell’attuale congiuntura in cui le Regioni ordinarie richiedono un maggior grado di autonomia in quasi tutte le materie costituzionalmente previste con la procedura pattizia prescritta nell’art. 116 Cost., comma 3, non precluderebbe un parziale ampliamento di autonomia in favore delle Regioni speciali. I casi giurisprudenziali concernenti la Sicilia e la Sardegna, sono del Sud, le cui norme di attuazione sono state numericamente inferiori rispetto ad altre Regioni speciali ma che, nello specifico campo del settore idrico, attraverso l’approvazione di leggi regionali avevano ritenuto possibile uno spazio di autodeterminazione, successivamente dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Le autonomie speciali: il caso paradigmatico del servizio idrico integrato

Quattrocchi
2021-01-01

Abstract

Il lavoro, dopo aver esaminato la recente giurisprudenza costituzionale, si interroga sui confini dell’estensione delle potestà legislative delle Regioni a Statuto speciale che hanno già riconosciuta una maggiore autonomia con legge costituzionale, alla luce dell’interpretazione delle disposizioni statutarie e dei relativi decreti attuativi e di possibili future integrazioni. Tra i vari settori, quello relativo al servizio idrico integrato è da diversi anni oggetto di un ampio dibattito pubblico e confronto scientifico, dal che la disponibilità e la tutela delle acque, la gestione di tale servizio e l’accesso all’acqua, quale diritto fondamentale, universale e inviolabile della persona umana, sono tutt’ora oggetto di studio da parte della dottrina e il relativo sistema normativo multilivello ricomprende l’ordinamento internazionale, sovranazionale e nazionale, nel rispetto del principio di sussidiarietà anche regionale e locale. La logica del principio di separazione delle competenze è stata superata dal principio di integrazione nei rapporti tra legge statale e legge regionale, a difesa del valore dell’unità e coerenza dell’ordinamento complessivo e del pluralismo. Lo Stato ha promosso numerosi ricorsi in tale ambito sia per le Regioni ordinarie che con riferimento alle Regioni speciali Trentino - Alto Adige, Valle d'Aosta, Sicilia e Sardegna. La Corte costituzionale, dopo la riforma del titolo V, ha esteso i limiti delle competenze legislative a tutte le Regioni speciali, definendoli in modo oscillante; da una parte, per le Regioni speciali, l’incidenza di quelli della potestà primaria prevista negli Statuti speciali, quindi le norme fondamentali delle riforme economico-sociali, i principi generali dell’ordinamento giuridico, gli obblighi internazionali e i vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea; dall’altra parte, per le Regioni ordinarie, i limiti generali, indicati nel primo comma dell’art. 117, si sono sommati a quelli previsti nel secondo comma della stessa norma per la potestà negativo-residuale. Confrontando la sentenza della Corte costituzionale n. 93 del 2017 relativa alla Regione Sicilia con la n. 65 del 2019 relativa alla Regione Sardegna è possibile fare nuove considerazioni rispetto ai precedenti giurisprudenziali e cioè l’indicazione di un possibile percorso a favore delle autonomie speciali per accrescere la competenza legislativa in una serie di ambiti relativi alla tutela delle acque e del servizio idrico integrato, in considerazione delle norme già previste negli Statuti guarda con favore ad una forma di “regionalismo competitivo” nel rapporto con lo Stato, in linea con le argomentazioni della giurisprudenza costituzionale, quali potenziali prospettive per le istanze autonomistiche delle Regioni speciali il cui Statuto non è stato revisionato. Infatti, il riferimento espresso al “blocco statutario di costituzionalità della legge regionale sarda”, comprensivo delle norme statutarie e dei decreti di attuazione, potrebbe spianare la via in futuro per ottenere un ulteriore ampliamento della potestà legislativa, attraverso la peculiare forma di collaborazione con lo Stato, prevista a garanzia della potestà primaria negli stessi Statuti speciali. Dalla sent. n. 65 del 2019 traspare che le Regioni ad autonomia speciale potranno comunque recuperare la propria “specializzazione” mediante il percorso in Commissione paritetica e le norme di attuazione degli Statuti. La chance di poter assumere ambiti competenziali attraverso le norme di attuazione degli Statuti nell’attuale congiuntura in cui le Regioni ordinarie richiedono un maggior grado di autonomia in quasi tutte le materie costituzionalmente previste con la procedura pattizia prescritta nell’art. 116 Cost., comma 3, non precluderebbe un parziale ampliamento di autonomia in favore delle Regioni speciali. I casi giurisprudenziali concernenti la Sicilia e la Sardegna, sono del Sud, le cui norme di attuazione sono state numericamente inferiori rispetto ad altre Regioni speciali ma che, nello specifico campo del settore idrico, attraverso l’approvazione di leggi regionali avevano ritenuto possibile uno spazio di autodeterminazione, successivamente dichiarato costituzionalmente illegittimo.
2021
979-12-5976-033-3
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