Il movimento di ribellione nei confronti dell’ordine dominante, nato nella seconda metà del XX secolo all’interno dei centri di riproduzione della cultura, si diffuse rapidamente nelle fabbriche e nei luoghi della produzione capitalistica divenendo un aspetto importante del processo di rottura degli equilibri che avevano caratterizzato la società italiana sino alla metà degli anni Sessanta. A partire dal 1962, in conseguenza all’istituzione della scuola media unica, l’abolizione delle scuole di avviamento al lavoro e l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 14 anni, si determinarono profondi cambiamenti nella struttura e nella organizzazione del sistema scolastico e universitario; la spinta dal basso proveniente dalla massa studentesca, si scontrò con i vincoli e le divisioni del mercato del lavoro determinando un aumento del fenomeno della disoccupazione e sottoccupazione intellettuale. La consapevolezza di questa profonda crisi strutturale dei sistemi scolastici nel far fronte alla crescente e diversificata domanda di formazione, mise in evidenza «ciò che era nascosto, latente, virtuale all’interno della società (o dell’individuo); gli antagonismi fondamentali, le rotture sismiche sotterranee, i percorsi occulti delle nuove realtà, […] mettendo in moto, non fosse che in embrione o per un attimo, tutto quello che può portare cambiamento, trasformazione, evoluzione». La necessità di un riordino della istruzione scolastica secondaria fondato sul riconoscimento della funzione formativa del lavoro e della necessaria integrazione tra formazione umanistica e formazione professionale, determinò «l’esigenza di creare un asse educativo nuovo, fondato su un ritrovato rapporto tra il sapere e il fare, che sia il fondamento di una nuova professionalità, sulla conoscenza critica e scientifica della realtà per trasformarla, su una permanente apertura della scuola al confronto con i problemi della realtà civile, economica e sociale in cui essa opera». Il complesso e controverso dibattito politico e culturale si concluse, provvisoriamente, con la pubblicazione della Legge Quadro in materia di formazione professionale del 21 dicembre 1978, n. 845 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre 1978, n. 362) che pretendeva di avviare il graduale passaggio da un sistema formativo fondato sulla separazione tra canali di istruzione improntati a insegnamenti di tipo prevalentemente teorico, finalizzati alla formazione della futura classe dirigente, e canali di istruzione rivolti a soddisfare esigenze industriali di professionalizzazione della futura classe operaia, ad un sistema unitario funzionale alla formazione integrale della persona e all’innalzamento del livello di qualificazione culturale e professionale di tutti i lavoratori.

Lavoro, Cultura e scuola. Il dibattito sul riconoscimento della funzione educativa del lavoro e sul ruolo della scuola attraverso le voci della contestazione

Silvia Annamaria Scandurra
2020-01-01

Abstract

Il movimento di ribellione nei confronti dell’ordine dominante, nato nella seconda metà del XX secolo all’interno dei centri di riproduzione della cultura, si diffuse rapidamente nelle fabbriche e nei luoghi della produzione capitalistica divenendo un aspetto importante del processo di rottura degli equilibri che avevano caratterizzato la società italiana sino alla metà degli anni Sessanta. A partire dal 1962, in conseguenza all’istituzione della scuola media unica, l’abolizione delle scuole di avviamento al lavoro e l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 14 anni, si determinarono profondi cambiamenti nella struttura e nella organizzazione del sistema scolastico e universitario; la spinta dal basso proveniente dalla massa studentesca, si scontrò con i vincoli e le divisioni del mercato del lavoro determinando un aumento del fenomeno della disoccupazione e sottoccupazione intellettuale. La consapevolezza di questa profonda crisi strutturale dei sistemi scolastici nel far fronte alla crescente e diversificata domanda di formazione, mise in evidenza «ciò che era nascosto, latente, virtuale all’interno della società (o dell’individuo); gli antagonismi fondamentali, le rotture sismiche sotterranee, i percorsi occulti delle nuove realtà, […] mettendo in moto, non fosse che in embrione o per un attimo, tutto quello che può portare cambiamento, trasformazione, evoluzione». La necessità di un riordino della istruzione scolastica secondaria fondato sul riconoscimento della funzione formativa del lavoro e della necessaria integrazione tra formazione umanistica e formazione professionale, determinò «l’esigenza di creare un asse educativo nuovo, fondato su un ritrovato rapporto tra il sapere e il fare, che sia il fondamento di una nuova professionalità, sulla conoscenza critica e scientifica della realtà per trasformarla, su una permanente apertura della scuola al confronto con i problemi della realtà civile, economica e sociale in cui essa opera». Il complesso e controverso dibattito politico e culturale si concluse, provvisoriamente, con la pubblicazione della Legge Quadro in materia di formazione professionale del 21 dicembre 1978, n. 845 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre 1978, n. 362) che pretendeva di avviare il graduale passaggio da un sistema formativo fondato sulla separazione tra canali di istruzione improntati a insegnamenti di tipo prevalentemente teorico, finalizzati alla formazione della futura classe dirigente, e canali di istruzione rivolti a soddisfare esigenze industriali di professionalizzazione della futura classe operaia, ad un sistema unitario funzionale alla formazione integrale della persona e all’innalzamento del livello di qualificazione culturale e professionale di tutti i lavoratori.
2020
978-88-255-3255-5
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