La crisi migratoria che sin dai primi anni Duemila e successivamente con sempre maggiore intensità interessa i Paesi dell’Unione Europea, in particolar modo quelli collocati a sud dell’Europa, tra i quali l’Italia, produce un impatto rilevante che non si limita al profilo giuridico e sociologico, ma si estende anche a quello terminologico. In particolare, mentre in passato le scelte lessicali, sia nella lingua comune e dei media, sia in quella più specialistica (ad esempio giuridica) erano per lo più attente all’impiego letterale, etimologico, o perlomeno monosemico delle parole, oggi sembrano prevalere nuove tendenze e diverse esigenze, tra le quali la perspicuità e la chiarezza non sono sempre le più rilevanti. Vale a dire quella coniazione di neologismi (valga per tutti il caso di extracomunitario), oppure quella della risemantizzazione di parole esistenti (come clandestino), alle quali viene spesso attribuita una carica discriminatoria e ideologica più o meno marcata. Un caso esemplare è offerto dall’edizione 2017 del Devoto-Oli, che, aggiunge e propone, accanto al lemma hot spot la recente e controversa definizione di «struttura destinata ad accogliere temporaneamente profughi e immigrati per identificarli e indirizzarli verso altre destinazioni». Da questo punto di vista, i vocabolari dell’uso, con i loro costanti aggiornamenti, si dimostrano un necessario metro linguistico che, a seconda del periodo storico e dei fenomeni, tendono ad accorciarsi o ad estendersi. Ai fini della nostra indagine, sarà utile confrontare in diacronia alcuni dei più importanti dizionari dell’uso (Devoto-Oli e Zingarelli) che permettano di individuare l’evoluzione della percezione linguistica degli ultimi anni. Per l’analisi lessicale, il contributo si avvarrà, inoltre, del Glossario sull’asilo e la migrazione a cura della Commissione Europea.

Il fenomeno migratorio attraverso la lessicografia: cambiamenti nei vocabolari dell’uso

Raphael Merida
2020-01-01

Abstract

La crisi migratoria che sin dai primi anni Duemila e successivamente con sempre maggiore intensità interessa i Paesi dell’Unione Europea, in particolar modo quelli collocati a sud dell’Europa, tra i quali l’Italia, produce un impatto rilevante che non si limita al profilo giuridico e sociologico, ma si estende anche a quello terminologico. In particolare, mentre in passato le scelte lessicali, sia nella lingua comune e dei media, sia in quella più specialistica (ad esempio giuridica) erano per lo più attente all’impiego letterale, etimologico, o perlomeno monosemico delle parole, oggi sembrano prevalere nuove tendenze e diverse esigenze, tra le quali la perspicuità e la chiarezza non sono sempre le più rilevanti. Vale a dire quella coniazione di neologismi (valga per tutti il caso di extracomunitario), oppure quella della risemantizzazione di parole esistenti (come clandestino), alle quali viene spesso attribuita una carica discriminatoria e ideologica più o meno marcata. Un caso esemplare è offerto dall’edizione 2017 del Devoto-Oli, che, aggiunge e propone, accanto al lemma hot spot la recente e controversa definizione di «struttura destinata ad accogliere temporaneamente profughi e immigrati per identificarli e indirizzarli verso altre destinazioni». Da questo punto di vista, i vocabolari dell’uso, con i loro costanti aggiornamenti, si dimostrano un necessario metro linguistico che, a seconda del periodo storico e dei fenomeni, tendono ad accorciarsi o ad estendersi. Ai fini della nostra indagine, sarà utile confrontare in diacronia alcuni dei più importanti dizionari dell’uso (Devoto-Oli e Zingarelli) che permettano di individuare l’evoluzione della percezione linguistica degli ultimi anni. Per l’analisi lessicale, il contributo si avvarrà, inoltre, del Glossario sull’asilo e la migrazione a cura della Commissione Europea.
2020
978-3-631-81289-1
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